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Rame

Non solo rame. Perché i prezzi dei metalli schizzano

Tempesta perfetta sui prezzi di alcune materie prime. Il record del rame e il commento degli analisti

Tempesta perfetta su alcune materie prime? Ecco che cosa sta succedendo al rame (e non solo al rame).

Tutti i dettagli.

Il rame ha superato la soglia dei 10.000 dollari a tonnellata per la prima volta da febbraio 2011 quando aveva toccato il massimo storico di 10.190 dollari. I prezzi, in crescita da quattro sedute consecutive, salgono più del 25% da inizio anno. Il rialzo è sostenuto dalla forte domanda cinese e dall’indebolimento del dollaro, che cede più del 2,5% da inizio aprile rispetto a un paniere delle principali valute.

Secondo gli analisti di Marex Spectron, “l’andamento del rame è sostenuto dalla debolezza del dollaro, cosa che favorisce gli acquisti di metalli denominati in valuta americana da parte di chi compra in altre valute”. Sostegno anche dall’aumento della domanda in Cina, che da sola – sottolinea Radiocor-Sole 24 Ore – catalizza la metà della produzione globale di rame (secondo le stime dell’International Copper Study Group la domanda cinese e’ salita del 13% nel 2020 e il trend è destinato a proseguire).

Non solo rame, comunque: è su molte materie prime che è in atto una sorta di tempesta perfetta. Prima, nel 2020, le chiusure degli impianti estrattivi e produttivi hanno fatto diminuire la disponibilità di materie prime e semilavorati. Poi la forte ripresa economica trainata da Cina e Usa ha causato un’impennata della domanda di commodity, in grado di mettere in ginocchio la produzione delle aziende. “Le imprese sono nel panico perché mancano i materiali, stiamo già assistendo a casi di rallentamento della produzione. Sulle materie prime si sta delineando un quadro assai preoccupante”. Lo afferma in un colloquio con l’agenzia di stampa Agi Gianclaudio Torlizzi, direttore generale della società di consulenza finanziaria T-Commodity.

“L’anno scorso tra marzo e aprile, in pieno lockdown, molti pensavano che sarebbe successo un mezzo Armageddon economico con la chiusura delle attività”, che avrebbe causato un crollo sul lungo periodo dei consumi, ragiona Torlizzi. “In realtà sul fronte dei consumi e’ successo l’opposto, perche’ prima la Cina, poi gli Usa, hanno registrato una ripresa molto forte e molto veloce”, sostenuta dalle politiche messe in piedi dai rispettivi governi nazionali.

Il risultato è che oggi tutte le commodity registrano un forte aumento della domanda, e tutte un forte aumento dei prezzi: il rame si e’ apprezzato del 47% rispetto ai livelli pre crisi, il grano del 12%, la soia del 15%, il legno del 6%, quello per pallet del 20%, il petrolio, dopo il brusco calo registrato lo scorso anno, ha recuperato velocemente e ora e’ a -3% del prezzo pre pandemia.

Ma una fotografia ancora piu’ precisa la fornisce l’acciaio. Secondo i dati dell’Ance – riporta l’Agi – i prezzi delle materie prime sono saliti anche del 117% negli ultimi mesi, come nel caso del ferro, e cio’ ha portato a un forte aumento della domanda (specie dalla Cina che da sola assorbe circa il 50% della produzione globale) e di conseguenza dei prezzi. Pechino e’ stata tra le prime a riprendersi dalla crisi causata pandemia, registrando addirittura un aumento del Pil nel 2020 del 2,3%. “Questo ha significato una forte domanda dei semilavorati a livello globale, mentre in Europa la produzione siderurgica e’ diminuita del 15% nell’ultimo anno. Questi due elementi insieme hanno caratterizzato il mega rally delle materie prime”, spiega Torlizzi, “quadro peggiorato per quanto riguarda il Vecchio Continente dal freno della produzione dell’Ilva che ha registrato un calo della produzione di acciaio del 60%, esacerbando la carenza di semilavorati in Italia”.

A questo proposito, Torlizzi evidenzia un paradosso: “Questa situazione in Europa e’ aggravata dalle misure di salvaguardia” previste dalla legislazione europea, che impongono l’applicazione di dazi del 25% quando vengono superati i limiti di import di acciaio da Paese extra Ue, “una misura che non ha senso in una situazione di emergenza come quella che vive il settore”. “C’e’ differenza tra le misure di salvaguardia che hanno il senso della temporaneità e nell’emergenza e altri strumenti in campo contro pratiche sleali, come l’ antidumping. Quindi le misure salvaguardia sono state estrema ratio di un periodo storico passato legato alle misure di Donald Trump e al rischio che surplus cinese si riversasse in Europa. la difesa dei produttori europei si fa con dazi mirati sull’ antidumping, non con misure draconiane e generaliste che vanno a svantaggio di tutto il continente”. Togliere questi dazi, spiega ancora il direttore di T-Commodity, sarebbe una misura necessaria sul breve termine, “mentre sul lungo periodo andrebbe incentivata la reindustrializzazione in Europa, accorciando le filiere delle commodity. Negli Usa si e’ gia’ dato il via a un piano di produzione di semiconduttori per affrontare il momento difficile dell’industria dei microchip, che ha interrotto la produzione di alcune aziende” e che adesso, secondo quanto riporta il Financial Times, rischia di avere effetti non solo sulla produzione automotive, ma su tutta la filiera degli elettrodomestici, dai tostapane alle lavatrici. “Per farsi trovare pronta davanti a crisi simili nell’immediato futuro, l’Europa”, conclude Torlizzi, “dovrebbe muoversi in modo analogo”.

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