“Guardando di nuovo i dati degli ultimi anni, dell’approvvigionamento [di gas naturale, ndr] degli ultimi anni, quello che trovo incredibile è che la quota di gas russo è aumentata molto negli ultimi dieci-quindici anni. Quello che è veramente straordinario è che è aumentata fortemente anche dopo l’invasione della Crimea [nel 2014, ndr]. Questo dimostra non solo ovviamente una sottovalutazione del problema energetico, ma anche una sottovalutazione di politica estera, di politica internazionale”.
Lo ha detto ieri alla Camera dei deputati il presidente del Consiglio Mario Draghi, rispondendo a un’interrogazione della parlamentare Silvia Fregolent di Italia viva.
QUANTO VALE IL GAS RUSSO PER L’ITALIA
Nel 2020 la Russia valeva il 43,3 per cento delle importazioni di gas italiane, a fronte di una produzione interna ridottissima (circa 3 miliardi di metri cubi nello stesso anno).
La situazione rende l’Italia estremamente vulnerabile a un’interruzione delle forniture di gas russo, che potrebbero limitarsi o azzerarsi o per effetto dei combattimenti in Ucraina, importante territorio di transito, o per ritorsione del Cremlino verso le sanzioni imposte dall’Unione europea, dagli Stati Uniti e dai loro alleati.
Anche l’Unione europea, nel complesso, è molto dipendente dal gas russo, che vale in media circa il 40 per cento delle importazioni: l’Italia è uno dei paesi maggiormente esposti, assieme alla Germania. Martedì la Commissione ha presentato un piano per rendersi indipendente dal gas, dal petrolio e dal carbone della Russia entro il 2030.
CHI HA GOVERNATO L’ITALIA DAL 2014 IN POI
Nel suo intervento, Mario Draghi menziona l’invasione da parte della Russia della Crimea ucraina, il 20 febbraio 2014, e la sua annessione. In quei giorni l’Italia era governata da Enrico Letta del Partito democratico, sostituito però il 22 febbraio da Matteo Renzi. Il governo Renzi – sostenuto dal Partito democratico, dal Nuovo centrodestra e dall’UdC, principalmente – rimase in carica fino al dicembre 2016.
Gli successe il governo di Paolo Gentiloni, sostenuto dal Partito democratico, da Alternativa popolare (erede del Nuovo centrodestra) e da Centristi per l’Europa, tra gli altri.
Il 1 giugno 2018 iniziò il governo Conte I di Giuseppe Conte, sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega. Il 5 settembre 2019 entrò in carica il governo Conte II, con lo stesso presidente del Consiglio ma una diversa coalizione: Movimento 5 Stelle, Partito democratico, Liberi e uguali, Italia viva.
Il governo successivo, dal 13 febbraio 2021, è quello attuale, guidato da Mario Draghi, appoggiato dalla quasi totalità dei partiti.
UN COMPITO “NON OVVIO” MA “NECESSARIO”
“Noi siamo al lavoro per ridurre la dipendenza dal gas russo e in tempi rapidi, che non è ovvio come impresa, come compito, ma è necessario farlo”, ha detto Draghi.
Il compito “non è ovvio” per via dell’alto grado di dipendenza, che rende complicata la sostituzione di volumi tanto grandi. Ed è “necessario” per i rischi alla sicurezza energetica ed economica italiana. I prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale sono peraltro già molto alti anche per via della politica di limitazione dei flussi portata avanti dalla Russia da diversi mesi, prima dell’inizio della guerra in Ucraina.
QATAR, ALGERIA, AZERBAIGIAN: COSA STA FACENDO IL GOVERNO DRAGHI
Nel suo discorso alla Camera di fine febbraio, Draghi aveva elencato i punti principali del piano del governo per ridurre la dipendenza dal gas russo. Aveva parlato di un aumento delle importazioni di gas liquefatto via nave, citando gli Stati Uniti, e di gas via tubature. Menzionò, in quest’ultimo caso, l’Azerbaigian (l’infrastruttura di riferimento è il TAP), l’Algeria (via TransMed) e la Libia (via GreenStream).
Il 14 febbraio Draghi ha incontrato a Palazzo Chigi il vice-primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed Al Thani. Ha discusso con lui di “collaborazione energetica”: il Qatar è uno dei principali esportatori al mondo di gas liquefatto, nonché un fornitore mediamente rilevante per l’Italia (vale poco più del 10 per cento del totale del gas che il nostro paese acquista dall’estero).
Il 28 febbraio il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è andato in Algeria alla ricerca di forniture aggiuntive di gas. Nel 2020 il paese è stato il secondo fornitore di gas dell’Italia, con una quota di quasi il 23 per cento sul totale importato.
Questo martedì, infine, Draghi ha avuto una conversazione telefonica con il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev. Hanno parlato del “rafforzamento della cooperazione bilaterale, in particolare nel settore energetico”: nel 2021 – il TAP è entrato in funzione a fine 2020 – l’Azerbaigian ha contributo alle importazioni italiane di gas con una quota del 10 per cento circa.
COSA (NON) STA FACENDO DRAGHI
Su Domani il direttore Stefano Feltri ha rimproverato a Draghi “l’assenza di leadership italiana nella gestione della tragedia ucraina”. Pur sottolineando le difficoltà nel bilanciare, da un lato, la necessità di “togliere a Putin l’arma di ricatto” del gas e gli obblighi con l’alleanza atlantica con, dall’altro, la tutela del fabbisogno energetico di aziende e famiglie, Feltri scrive che all’Italia manca una strategia. E che il consigliere di Draghi, l’ambasciatore Luigi Mattiolo, “non sembra avergli dato suggerimenti efficaci”.
“È in momenti come questi”, scrive, “che si avverte la mancanza di un Consiglio per la sicurezza nazionale equivalente a quello degli Stati Uniti, che ha il mandato di avere sempre una visione del mondo quando serve”. La conseguenza dell’assenza di una strategia – prosegue Feltri – è la sottomissione della politica estera agli interessi economici, che non sempre però soddisfano l’interesse nazionale o ne garantiscono la sicurezza.
Draghi lo ha detto: alimentando la dipendenza energetica dalla Russia, i governi italiani hanno dimostrato una “sottovalutazione di politica estera”.