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Draghi

Vi racconto quando Mario Draghi strangolò il Mes

Perché Draghi sul Financial Times non ha menzionato il Mes? L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

Nel suo articolo sul Financial Times, Mario Draghi non cita mai il Mes (Meccanismo europeo di stabilità), il discusso Fondo salva Stati. Per questo, alcuni analisti l’hanno criticato, giudicando incompleta la sua analisi sugli strumenti finanziari da utilizzare per fare fronte alla crisi economica provocata dal Covid-19 in Europa.

Il silenzio di Draghi sul Mes ha invece una giustificazione precisa, ma poco nota: nei sette anni in cui ha guidato la Bce, conoscendone la pericolosità sotto diversi aspetti, Draghi aveva già ridotto il Mes all’impotenza, anzi l’aveva proprio ucciso sul piano giuridico, vincendo davanti alla Corte di giustizia europea due battaglie processuali contro la Germania dei falchi, ostili al quantitative easing, strumento anti-crisi che è l’opposto del Mes.

Quel Mes che ora, uscito Draghi dalla Bce, la Germania di Angela Merkel tenta di resuscitare, con la servile sottomissione anche di alcuni politici e ministri, in testa quelli italiani del Pd.Quelle sentenze della Cge, Corte di giustizia europea, sono state, e sono tuttora, di enorme importanza. Lo ricorda con grande efficacia Lidia Undiemi, studiosa autorevole di diritto dell’economia, che ha postato sul sito l’Antidiplomatico un ampio resoconto delle battaglie legali che per anni hanno visto contrapposti Draghi e la Germania. «Quando ho iniziato nel 2012 la battaglia contro il Mes, sin da subito ho creduto che il nemico numero uno fosse l’allora presidente della Bce, Mario Draghi», premette Undiemi. «Dopo tanti anni e con un po’ di studi alle spalle, devo dire che probabilmente non solo non è così, ma che Draghi è stato il principale oppositore del Mes, e a quanto pare la sua strategia è andata a buon fine».

Undiemi fissa alcuni punti dell’azione di Draghi. Nel luglio 2012, quando pronunciò il celebre «whatever it takes to preserve euro», aggiunse che per salvare l’eurozona avrebbe lanciato il programma Omt (Outright monetary transactions), un programma di acquisti di titoli pubblici, che, in realtà, non è mai stato utilizzato dalla Bce. Allora bastò la parola di Draghi, e gli speculatori si placarono all’istante. Ma non i falchi tedeschi, che accusarono Draghi di violare, con il lancio degli Omt, i trattati fondamentali della Bce, in quanto violava il divieto di finanziamento dei bilanci degli Stati e i limiti del proprio mandato. Accusa sollevata davanti alla Corte costituzionale tedesca, che a sua volta, «con un atteggiamento non certo amichevole», lo sottopose alla Corte di giustizia europea di Strasburgo.

La sentenza della Cge sulle Omt segnò una prima vittoria per Draghi: «Non è vero che la Bce ha violato il suo mandato». Anzi, spiega la Undiemi, la Corte lasciò intendere che «la politica monetaria è di esclusiva competenza della Bce, e che la crisi dello spread rientra tra le sue competenze di intervento». Più avanti: «La Cge ricorda che l’Omt prevede sì il ricorso al Mes e alle condizionalità, ma afferma che il richiamo al Mes è per la Bce una facoltà, non un obbligo«. Un passaggio chiave, quest’ultimo, che mandò a cuccia i falchi tedeschi, ma non li domò affatto.

Infatti, due anni dopo, quando nel 2014 Draghi lanciò il Quantitative easing, acquistando sul mercato secondario dosi massicce di titoli pubblici degli Stati in crisi dell’eurozona, partì un’altra denuncia dei falchi, che la Corte costituzionale tedesca fece propria e la sottopose alla Cge di Strasburgo. Ma, anche in quel caso la sentenza legittimò l’operato della Bce, e ne rafforzò il potere.

«Il quadro così delineato è chiaro», nota Undiemi. «La Bce può intervenire, eccome, in caso di crisi, e non è vincolata a nessuna decisione di organismi esterni, a meno che non decida essa stessa di farvi riferimento. In pratica, mediante un’abile strategia difensiva, la Bce di Draghi ha lasciato ai posteri una Banca centrale assolutamente legittimata a intervenire senza Mes, anche con strumenti non convenzionali».

Di questa eredità, a quanto pare, erano all’oscuro in tanti in Europa, compresa Christine Lagarde. Tanto da affermare, con una gaffe clamorosa, che «non è compito della Bce chiudere lo spread, ci sono altri strumenti per questo», con chiara allusione al Mes. Ma poi qualcuno deve averle spiegato che non è così. E «dopo la sbandata iniziale», nota Undiemi, «Lagarde ha rilanciato il quantitative easing senza alcun riferimento al Mes».

Arriviamo così all’articolo sul Financial Times. «Alla luce di tutto ciò», scrive Undiemi, «c’era da aspettarselo che proprio quando si stava decidendo l’intervento del Mes su larga scala, Draghi abbia deciso di dire nuovamente la propria, e che abbia voluto dichiarare la necessità di non porre attenzione ai vincoli di bilancio e di attuare immediatamente politiche espansive, presupposti esattamente opposti al Mes». Insomma, il bazooka della Bce, se ben usato, può bastare per salvare l’intera Eurozona, non solo l’Italia. E vedere il governo Conte-Gualtieri inseguire ancora il Mes, ne dimostra il servilismo e la colpevole ignoranza.

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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