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BCE

Vi racconto lo stallo della Bce

Bce: quando l’ambiguità è necessaria. Il commento di Pasquale Diana, senior macro economist di AcomeA Sgr

 

In linea con le attese del mercato, la Bce ha deciso di lasciare i tassi invariati e di non annunciare nessuna nuova iniziativa.

Nel comunicato la Bce conferma che continuerà gli acquisti nel PEPP fino almeno a marzo 2022, e, in ogni caso, finché sarà necessario.

Il comunicato menziona che il PEPP non deve necessariamente essere usato per intero. Questa osservazione non è però del tutto nuova, essendo già stata fatta dalla Bce in dicembre. In ogni caso, la Banca Centrale Europea aggiunge che il PEPP può essere aumentato, se necessario.

Nel corso della conferenza stampa, la Lagarde ha parlato di continui rischi al ribasso per la crescita, nonostante la conclusione della Brexit e l’inizio del processo di vaccinazione.

In generale, gli sviluppi macroeconomici sono, tutto sommato, in linea con le aspettative di dicembre.

L’inflazione rimane “estremamente bassa”, destinata a salire per questioni statistiche nei mesi a venire ma, in sostanza, ancora molto debole.

Ricordiamo che nelle previsioni di dicembre la Bce aveva previsto un’inflazione dell’1% nel 2021, 1.1% nel 2022 e 1.4% nel 2023, in lieve flessione rispetto alle previsioni di settembre. In termini di inflazione sottostante (core), la Bce vede una risalita fino ad appena l’1.2% nel 2023. In parole povere, con i tassi allo zero e un’espansione di liquidità senza precedenti, la Bce vede l’inflazione core a poco più della metà del suo obiettivo nel medio periodo.

Nel comunicato, la Bce si riferisce alla necessità di preservare “condizioni finanziare favorevoli”, lasciando un linguaggio molto vago.

Nella conferenza stampa, alla Lagarde è stato chiesto di definire con più precisione in cosa consistano queste “condizioni finanziarie” e di esprimersi sul fatto che il PEPP aiuti a comprimere il rischio Paese anche laddove questo sia legato a questioni politiche, non pandemiche (il riferimento all’Italia era esplicito). In un capolavoro di eloquenza ambigua, la Lagarde ha risposto a queste domande dicendo che il suo approccio alle condizioni finanziarie è di tipo olistico, e include rendimenti governativi, corporativi, condizioni creditizie.

In sostanza, la Bce non guarda un singolo indicatore. Per questa ragione la Lagarde non ritiene né opportuno né necessario commentare sugli spreads di un Paese in particolare (l’Italia).

Questo set di indicatori rappresenta la “bussola” che la Bce usa per navigare.

L’”ancora” rimane, come sempre, l’inflazione. Al di là delle metafore marinare, sembrerebbe facile criticare la Bce per una possibile mancanza di trasparenza.

Quanto peso si dà a ogni componente delle condizioni finanziarie?

Ed è vero o no che la Bce sta di fatto già adottando una politica di controllo della curva dei tassi (Yield Curve Control)? Con ogni probabilità, la Lagarde non risponde perché non vuole, ma anche e soprattutto perché non può. Questo perché l’urgenza pandemica ha creato una forte unità di intenti all’interno del consiglio Bce nel corso del 2020, ma probabilmente rimangono importanti divergenze tra i vari membri sull’orizzonte temporale degli acquisti e sulle condizioni di uscita dal PEPP.

Finché l’inflazione rimane bassa e le economie deboli, questa ambiguità non rappresenta un problema.

Al contrario, offre alla Bce tempo prezioso per risolvere internamente queste tensioni, probabilmente usando la strategy review.

Nel frattempo, il controllo della curva dei rendimenti (implicito o esplicito) tramite la promessa di acquisti su scala massiccia rimane il modus operandi della Bce al fine di finanziare una politica fiscale espansiva.

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