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Congiuntura

Tutti gli indici che indicano il crollo economico

Che cosa mostrano in Italia gli indici settoriali. Se il governo rifiuta le condizioni del Mes, emetta titoli di Stato sfruttando l’ombrello della Bce e faccia affluire liquidità alle imprese. Il commento di Liturri

Fino a qualche giorno fa avevamo solo previsioni. Tra mercoledì e oggi è invece arrivata la cruda realtà.

Mercoledì è uscito l’indice del settore manifatturiero, sceso da 48,7 di febbraio a 40,3 di marzo. Negativo ma non catastrofico.

Oggi invece siamo alla catastrofe. L’indice dell’attività terziaria, quindi il settore dei servizi, è crollato a marzo a 17,4, da 52,1 di febbraio. Una contrazione che non ha precedenti da quando viene rilevato questo indice. Un crollo su tutta la linea: ordini, domanda estera, posti di lavoro.

L’indice della Produzione Composita (quindi una media ponderata di manifatturiero e servizi) crolla anch’esso da 50,7 di febbraio a 20,2 di marzo. Anche in questo caso senza precedenti dal 1998, anno di inizio della serie.

Come era prevedibile il settore terziario è stato il primo a subire il contraccolpo dello stop alle attività economiche imposto nelle prime settimane di marzo, tuttavia la misura della contrazione lascia davvero senza parole. È in atto un disastro economico senza precedenti.

Ricordo che questo indice è costruito in base ad un’indagine campionaria sui direttori degli acquisti delle imprese italiane, è quindi un indice anticipatore dell’effettivo andamento dell’economia, i cui dati usciranno non prima di fine aprile (Istat dovrebbe pubblicare un flash sul Pil del primo trimestre il 30 aprile).

Tutto questo in stridente contrasto con altri due fatti:

  1. L’evidente ritardo del governo nel varare e rendere operativi strumenti per mitigare l’impatto della crisi sugli italiani. I dati ci dicono che siamo il Paese con il più alto numero di vittime e con il probabile più alto impatto negativo sull’economia. Ad oggi, le misure varate dal governo ammontano appena al 1,5% del Pil.
  2. Quanto sta accadendo all’estero, soprattutto in Germania dove, come vi abbiamo già documentato, le misure varate sono poderose, ma sul serio. Proprio ieri, Bloomberg ci riferiva che il ministro Peter Altmaier stimava una caduta del Pil superiore al 8% per alcuni mesi del primo semestre.

Ma in Germania la macchina degli aiuti all’economia è già in moto. Grazie ad un programma di aiuti alle imprese in difficoltà finanziaria, già 2.500 società hanno richiesto accesso ad una linea di liquidità messa a disposizione dalla KFW (equivalente della nostra Cassa Depositi e Prestiti) per un importo totale di €10,6 miliardi. E ulteriori e crescenti richieste sono attese nelle prossime settimane.

Le preoccupazioni sono relative soprattutto al settore auto, in cui le difficoltà maggiori interessano le piccole e medie imprese della catena di fornitura di colossi come Volkswagen. Ma il ministro Altmaier è stato categorico: “Aiuteremo tutti ad attraversare questo difficile momento e per questo avremo bisogno di ancora maggiori risorse che saranno messe a disposizione”.

Ricordo che in Germania gli aiuti complessivamente varati sono pari a circa il 10% del Pil.

Allora, di fronte a questi dati, non è più rimandabile uno scatto di reni da parte del nostro Governo. Non è più possibile procedere a colpi di 25 miliardi alla volta, che richiedono poi settimane per arrivare nelle tasche degli italiani. C’è bisogno di un cambio di marcia.

Conte e Gualtieri dicano chiaramente cosa bisogna fare. L’attesa dei tempi lunghi di Bruxelles non è compatibile con lo stato del Paese. Se rifiutano sdegnosamente le condizioni del Mes, emettano titoli di Stato sfruttando l’ombrello della Bce e facciano affluire liquidità alle imprese. Il tempo è scaduto ieri.

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