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Generali Caltagirone

Tutti gli ultimi artifici finanziari di Caltagirone su Generali

Ecco le ultime mosse finanziarie di Caltagirone su Assicurazioni Generali. L'articolo di Emanuela Rossi

 

Redde rationem ai vertici di Assicurazioni Generali, dopo le dimissioni da vicepresidente di Francesco Gaetano Caltagirone (qui nell’articolo di Startmag i veri fini della mossa del costruttore romano).

E dopo le dimissioni di Caltagirone, lunedì 17 gennaio sono arrivate anche quelle di un altro di amministrazione chiave del cda di Generali , Romolo Bardin, espressione di Leonardo Del Vecchio. Bardin era consigliere indipendente e membro dei Comitati per le Nomine e la Remunerazione, per gli Investimenti, per le Operazioni strategiche e per le Operazioni con Parti Correlate. Il consigliere Bardin – sottolinea una nota di Generali- ha motivato le proprie dimissioni riferendosi alle modalità operative e ad alcune scelte del consiglio e dei comitati a cui, con particolare riguardo anche al processo di formazione della lista del cda. Bardin è amministratore di Delfin e delegato di Delfin del patto parasociale stipulato con alcune società del Gruppo Caltagirone e Fondazione CRT, e che detiene una quota del capitale sociale di Assicurazioni Generali pari al 6,618%.

Insomma c’è da scommettere che faranno ancora parlare di sé Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio nei prossimi mesi, quelli che separano dall’assemblea chiamata a rinnovare il consiglio d’amministrazione di Generali. Ad aprile scade il board della compagnia assicurativa che aveva deciso di candidare una propria lista, poi però la lite all’interno del cda – in cui siede lo stesso Caltagirone – e ora la maggioranza designata da Mediobanca che vuole confermare l’attuale ceo, Philippe Donnet. A sbarrare la strada però ci sono proprio l’imprenditore romano e Del Vecchio, che – insieme alla Fondazione Crt, che per questo vive subbugli interni – hanno dato vita a un patto di consultazione che al momento ha circa il 16% del Leone di Trieste e va verso il 20%.

Non solo. Secondo indiscrezioni raccolte da Startmag, tra gli entourage di Caltagirone e Del Vecchio si starebbero delineando – e vagliando – alcuni profili di capi azienda per una Generali sottratta all’egemonia di Mediobanca (primo azionista attuale della compagnia triestina). Tra questi in pole position ci sarebbero Diego De Giorgi, attuale Co-Chief Executive Officer di Pegasus Europe, e soprattutto Giulio Terzariol che è Chief Financial Office del colosso tedesco Allianz. In azione per consigliare Caltagirone e magari far parte anche della lista dei pattisti anche Fabrizio Palermo, già numero uno della Cassa depositi e prestiti (Cdp). Mentre in lizza per la presidenza – oltre ad aspirazioni non confessate di Caltagirone – oggi i quotidiani fanno i nomi di Patrizia Grieco e Paola Severino.

Ha scritto il 17 gennaio il Corriere della Sera: “In pole position per la presidenza c’è il nome di Patrizia Grieco, già numero uno dell’Enel per sei anni e ora a Mps, esperta di corporate governance e figura di garanzia che potrebbe coagulare il consenso di azionisti e investitori. Nei giorni scorsi sono circolati anche i nomi degli ex ministri del Tesoro Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco. Come capo azienda la ricerca punta a figure di alto profilo assicurativo come Giulio Terzariol (Allianz), Giacomo Campora (Allianz Italia), Sergio Balbinot (ex Generali) e top manager come Matteo Del Fante (Poste Italiane)”.

Una situazione che ha portato l’economista Salvatore Bragantini, su Domani, a dare una definizione piuttosto sferzante: “Pare di stare ancora nello Strapaese che combina ripicche personali e collusioni antiche. L’Italia che cresce non merita una finanza rattrappita in queste lotte”.

IL PATTO FRA CALTAGIRONE-DEL VECCHIO-FONDAZIONE CRT

Il patto di consultazione fra Francesco Gaetano Caltagirone, Leonardo Del Vecchio e Fondazione Crt ha durata fino all’assemblea e ha come obiettivo il ricambio dei vertici della compagnia assicurativa. Dovranno vedersela in particolare con l’attuale amministratore delegato, Philippe Donnet, che mercoledì scorso ha presentato il piano triennale candidandosi di fatto a guidare la lista del cda in preparazione.

LE ULTIME MOSSE DEL PATTO

Ma Caltagirone, Del Vecchio e Crt come sono arrivati a questo punto? E, si è domandato il settimanale Milano Finanza, in caso di showdown – con la presentazione di una lista alternativa a quella del board – quanti soldi ancora dovrebbero mettere in campo Caltagirone e Del Vecchio per avere chance di vittoria visto che la Fondazione?

Spiega il settimanale economico-finanziario in un numero di fine 2021 che dal 31 agosto scorso sono state scambiate azioni Generali pari al 24,5% circa del capitale sociale e il patto ne ha comprate circa il 3,7%. Dunque i tre azionisti hanno fatto mercato per il 17,8% dei volumi medi della seduta. Se continuassero di questo passo – e supponendo che il prezzo di Borsa rimanga quello medio di novembre, ossia circa 19 euro – il patto raggiungerebbe una quota del 20% all’inizio del prossimo aprile e a questo ritmo a fine agosto arriverebbe fino alla soglia del 25%. “Tradotto in soldi – scrive Mf – significa che per arrivare al 25% Del Vecchio dovrebbe sborsare poco più di 1 miliardo per salire al 10% e Caltagirone 0,65 miliardi. Invece Fondazione Crt per salire al 20% dovrebbe investire 1,3 miliardi e per arrivare al 25% 2,77 miliardi”.

LA TECNICA DI ACQUISTO DI CALTAGIRONE

L’attenzione dei media si è però appuntata anche su un altro aspetto. Nei giorni scorsi La Stampa ha scritto che – secondo quanto ricostruito da fonti di mercato – una parte degli acquisti più recenti effettuati dalle società del gruppo Caltagirone – pari all’1,3% del capitale di Generali – sono legati a una serie di contratti di tipo “collar” ossia derivati composti da una opzione di acquisto e da una opzione di vendita. Si tratta di contratti molto utilizzati, evidenzia il quotidiano, perché consentono di proteggere l’investitore dalle eccessive oscillazioni dei prezzi, fissando un limite sia al guadagno sia alle perdite. Secondo queste fonti però, prosegue La Stampa, l’anomalia principale sta nel fatto che mentre le opzioni di acquisto sono di tipo americano – ossia esercitabili sempre – quelle di vendita sono di tipo europeo e dunque esercitabili solo alla scadenza, ovvero a giugno 2022. Inoltre, le opzioni di vendita hanno prezzi di esercizio piuttosto bassi, tutti inferiori al prezzo attuale del titolo Generali. Si tratta comunque di operazioni non nuove per Caltagirone che finora in questa partita ha sempre aumentato la sua quota.

Un’altra analisi della questione la offre Milano Finanza secondo cui tale tecnica “non è quella tipica di un investitore di lungo periodo che si vuole solo proteggere da eventuali discese del titolo ma piuttosto simile a quella di chi ricorre a un prestito titoli”. E ancora: circa l’1,52% del 7,75% di Generali in mano a Caltagirone è impiegato così, “con una tecnica buona per chi non ha interesse all’azione dal punto di vista patrimoniale ma solo al diritto di voto di chi incorpora”. Si tratta inoltre di una tattica “simile a quella del prestito titoli usato da Mediobanca per affittare un 4,42%” della compagnia assicurativa sino a fine aprile 2022 in modo da raggiungere un 17,225% dei diritti di voto.

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