skip to Main Content

Vivendi

Tim, che cosa succede tra Vivendi ed Elliott (e che cosa si attende da governo e Cdp)

La mossa annunciata da Vivendi per una nuova assemblea per ribaltare il cda a maggioranza di Elliott. Le parole di Conti. Le attese per una posizione chiara di governo e Cdp. E il nodo rete. Fatti, nomi e indiscrezioni

Davvero Vivendi nella prossima assemblea di Tim – che oggi ha chiesto ufficialmente – può ribaltare l’attuale consiglio di amministrazione controllato da Elliott?

E’ questa la domanda delle domande che in queste ore addetti ai lavori, analisti e uomini di legge e di finanza si pongono.

Ci sono due risposte.

C’è chi ritiene – dopo aver sondato i francesi di Vivendi – che la quota in possesso di Elliott si sia ridotta per effetto di derivati e che il governo non abbia ancora deciso come schierarsi nella contesa tra i due maggiori azionisti di Tim: con Vivendi (che ha circa il 24%) o con Elliott (che ha circa il 9%).

C’è invece chi sostiene – sulla base della posizione di Elliott arrivata nei palazzi governativi – che il fondo americano non ha ridotto affatto la quota in Tim. Ha solo una parte delle azioni coperta con un collar, ma quella fetta è sempre nella piena disponibilità degli uomini di Singer.

Così lo scontro vero – dice un addetto ai lavori che segue il dossier – è tra chi vuole lo scorporo della rete (ossia Elliott) e chi non lo vuole (ossia Vivendi, che però pensa di rilanciare con una proposta alternativa: sia Tim a diventare la società della rete unica, si vedano in fondo le dichiarazioni di Franco Bernabé).

In questo schema, il governo avrebbe già deciso, visto l’emendamento di M5S-Lega approvato nel dl fiscale che riguarda l’agevolazione della rete unitaria Tim-Open Fiber con un baricentro azionario – secondo un documento tecnico governativo – nella Cdp (che controlla al 50% Open Fiber).

Eppure finora dal governo (in primis da Luigi Di Maio, vicepremier e ministro dello Sviluppo economico dunque titolare del dicastero competente sulle tlc) non sono giunte parole chiare. Così come dalla Cassa depositi e prestiti (controllata dal ministero dell’Economia all’80%), anche se il presidente Massimo Tononi si è espresso in maniera costruttiva sul progetto del governo durante la presentazione del piano triennale di Cdp.

Ecco di seguito le informazioni essenziali di giornata sul caso Tim.

CHE COSA SI LEGGE NELLA NOTA DI VIVENDI SU TIM E ELLIOTT

Vivendi “ha deciso di scrivere al consiglio” di Tim “prima della fine della settimana, per spingerlo a convocare un’Assemblea il più presto possibile per nominare i nuovi revisori, revocare cinque dei dieci membri del Consiglio riconducibili alla lista Elliott, in particolar modo coloro che sono stati coinvolti nei problemi di governance, e proporre la nomina di cinque nuovi amministratori”. E’ quanto si legge in una nota del gruppo francese, primo azionista di Tim.

LE PROSSIME MOSSE DI VIVENDI IN TIM CONTRO ELLIOTT

Vivendi ha diritto di chiedere al cda di Tim la convocazione di un’assemblea in quanto titolare di una quota di capitale superiore al 5% ed e’ in questa casistica che rientra la richiesta che il gruppo francese formalizzerà entro la settimana. “Nonostante la recente e forte raccomandazione del Collegio Sindacale, il Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia, composto in maggioranza da membri sostenuti da Elliott, ha deciso il 6 dicembre di non convocare un’Assemblea per votare per la nomina di nuovi revisori”, ricorda il comunicato del gruppo francese. “Questa decisione – spiega ancora la nota -, come molte altre prima, va contro tutte le regole di governance ed e’ fonte di disorganizzazione” e “per questo motivo” Vivendi ha deciso di rompere gli indugi e costringere il cda a convocare l’assemblea.

CHE COSA HA DETTO CONTI DI TIM

Tim è alla vigilia di una nuova proxy fight e il suo presidente Fulvio Conti rivendica la sua posizione di indipendente, slegato da Elliott e accusa Vivendi di perdere di vista l’obiettivo, la creazione di valore, per una voglia di rivincita. “Il nostro supporter (Elliott che li ha candidati, ndr) ci ha lasciato liberi, dicendo ora sta a voi. Noi siamo indipendenti , abbiamo creato una public company: non dovremmo perdere tempo a difendere noi stessi da un azionista che di fatto ha creato questa situazione” dice Conti parlando all’Italian Corporate Governance Conference del ruolo dei soci attivisti nel giorno in cui il socio di maggioranza francese ha annunciato che chiederà un’assemblea per revocare 5 dei 10 consiglieri indipendenti nominati dalla lista del fondo americano.

IL RUOLO DI GUBITOSI SECONDO CONTI

“Ogni cosa era nelle mani del ceo, il ceo era rimasto lo stesso scelto dall’azionista di maggioranza relativa, perche’ non ci siamo focalizzati su questo? – parla interpretando Vivendi – perché stavamo pensando a una vendetta , tornare ad essere i veri azionisti di maggioranza. Di nuovo – critica Conti – le azioni sono pesate più che contate, e questo è un errore”. “Siamo qui per difendere la nostra indipendenza, un nuovo piano e un nuovo management, per essere buoni cittadini sul mercato e nel Paese, creando valore per tutti nessuno escluso”.

LE VOLONTA’ DI ELLIOTT SECONDO CONTI

Elliott e’ stato un fondo attivista ‘atipico’, che non ha cambiato il management e i piani di Tim fino a quando non si e’ accorto che non funzionavano. E’ la sintesi che fa il presidente di Tim Fulvio Conti, alla vigilia di una nuova ‘proxy fight’ parlando all’Italian Corporate Governance Conference in una tavola rotonda che si chiede appunto se “L’attivismo di un azionista e’ positivo per la societa’ e gli altri azionisti”. “Un socio diventa attivista quando non solo vede che c’e’ una società addormentata ma anche quando c’è un potenziale conflitto di interesse. Il confine tra sinergie da estrarre e il conflitto di interesse che nasce dall’avvantaggiarsene e’ molto sottile, e questo e’ stato il caso (in Tim, ndr)” dell’azionista di maggioranza relativa Vivendi.

LA STOCCATA DI CONTI A VIVENDI

Quando il fondo ha rinnovato il cda “la maggioranza del board decise di mantenere il piano fatto dagli uscenti azionisti e mantenere lo stesso management uscente. Ma non ha funzionato”. “Quello che e’ successo è che gli altri (Vivendi, ndr) si lamentavano della governance e del piano e non hanno realizzato il piano stabilito da loro: è ironico e un modo miope di vedere le cose”. “Quindi ora ci siamo detti, se siamo veramente degli azionisti attivisti dobbiamo proseguire e cambiare il management e cambiare il piano: questo e’ quello che è successo”.

CHE COSA HA DETTO FRANCO BERNABE’

“La soluzione più pratica sarebbe l’acquisto di Open Fiber, o il suo conferimento in Telecom con una valutazione che riconosca i costi finora sostenuti e l’effettivo valore dei contratti acquisiti. Fatto questo, Telecom dovrebbe garantire una totale terzietà della rete. Non credo però che sarà facile per gli azionisti accordarsi sui valori”, ha detto Franco Bernabé, per due volte ceo di Telecom Italia, vicino a Vivendi: “Se non si intende vendere o conferire Open Fiber a Telecom, con la possibilità per Cdp di incrementare per questa via la quota in Telecom, una soluzione più semplice sarebbe una collaborazione tra le due reti mediante accordi che consentano a Telecom di utilizzare la rete di accesso in fibra in funzione dell’evoluzione della domanda. Questo avrebbe per Telecom il vantaggio di diminuire il fabbisogno di investimenti e per Open Fiber di aumentare i propri ricavi”.

Back To Top