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Perché l’intesa tra ministri Ue rischia di danneggiare i titoli di Stato italiani. Il commento di Giacché

Che cosa hanno deciso i ministri delle Finanze dell'Ue, gli aspetti che riguardano i progressi dell'Unione bancaria e le prime reazioni in Italia

I ministri delle Finanze dell’Unione europea hanno trovato nella notte tra lunedì e martedì un’intesa su una tabella di marcia per rafforzare l’Unione monetaria.

I Paesi membri si sono accordati sulle grandi linee di un bilancio della zona euro, ma hanno rinviato nuovamente l’assicurazione in solido dei depositi. In compenso, fanno notare alcuni osservatori, hanno deciso di facilitare eventuali ristrutturazioni dei debiti sovrani. Il pacchetto sarà ora discusso nel summit europeo di fine anno.

Un esito, come ha scritto Mf/Milano Finanza, che non dovrebbe far festeggiare l’Italia, come sottolineano peraltro anche ambienti della presidenza del Consiglio.

Su Twitter è stato l’intellettuale Vladimiro Giacché, con ruoli di spicco anche nel gruppo Sator di Matteo Arpe, a sottolineare alcuni aspetti più critici:

Il tweet di Giacché fa riferimento a un brano dell’articolo di cronaca del Sole 24 Ore di oggi che ha dato conto dei risultati della riunione dei ministri delle Finanze dell’Unione europea: “I ministri hanno deciso di dotare le obbligazioni sovrane entro il 2022 di clausole semplificate di azioni collettive in giustizia che faciliteranno eventuali ristrutturazioni. Questo aspetto (noto in inglese con l’espressione single-limb CAC) era stato criticato dal governo italiano nelle settimane scorse”.

ECCO DI SEGUITO UN ESTRATTO DELL’ARTICOLO ODIERNO DEL SOLE 24 ORE

Il presidente dell’Eurogruppo Mário Centeno ha illustrato l’intesa, spiegando che questa riguarda principalmente il Meccanismo europeo di Stabilità (Esm) il quale diventerà il paracadute del Fondo europeo di risoluzione (Srf) prima del previsto, già nel 2020, «purché vi siano state sufficienti riduzioni dei rischi nei bilanci bancari». Decisioni verrebbero prese all’unanimità salvo in casi di urgenza e a quel punto varrà una super maggioranza. Scelte operative potranno essere prese in 12-24 ore.

Quanto al calo dei rischi, si tratta di ridurre le sofferenze creditizie lorde al 5% del totale dei crediti (rispetto all’attuale 10% in Italia). «Il negoziato è durato due ore per via della combattiva posizione italiana», spiega una fonte governativa europea. «Alla fine in inglese è stata scelta piuttosto che “target” la parola aim, più morbida per garantire un margine di flessibilità».

Il secondo fronte di riforma della zona euro riguarda il ruolo dell’Esm nella gestione delle crisi finanziarie. L’Esm e la Commissione hanno siglato un accordo di collaborazione su questo specifico versante. Lo stesso Esm potrà garantire linee di credito precauzionali ai paesi membri, con regole chiare, precise così come specifiche condizioni di eligibilità ex ante (tra cui un deficit sotto al 3% del PIL e un debito sostenibile), ma senza che sia necessario con il governo in crisi negoziare un memorandum di intesa.

In compenso, i ministri hanno deciso di dotare le obbligazioni sovrane entro il 2022 di clausole semplificate di azioni collettive in giustizia che faciliteranno eventuali ristrutturazioni. Questo aspetto (noto in inglese con l’espressione single-limb CAC) era stato criticato dal governo italiano nelle settimane scorse. «In cambio abbiamo ottenuto una metodologia (…) che non inciderà particolarmente sulla collocazione del debito», ha commentato ieri il ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Infine, il terzo versante ha riguardato il bilancio della zona euro, sulla scia della recente proposta franco-tedesca del mese scorso (si veda Il Sole 24 Ore del 20 novembre). «Sulla base di un mandato del vertice della zona euro, si potrebbe iniziare a lavorare sullo schema, l’applicazione e la tempistica di uno strumento dedicato alla convergenza e alla competitività», ha riferito il presidente Centeno, lasciando intendere quanto molto sia ancora da mettere a punto.

La grande delusione riguarda l’assicurazione in solido dei depositi. Dinanzi a profonde divisioni nazionali, decisioni sono state rinviate al giugno del 2019. D’altro canto, la stessa scelta del governo Conte di aumentare il deficit pubblico non rassicura i paesi preoccupati dal sobbarcarsi i debiti nazionali di altri Stati membri. Le proposte di riforma messe a punto questa settimana dai ministri delle Finanze andranno ora fatte proprie a metà mese dai capi di Stato e di governo.

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