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Pnrr

Perché in Novartis si sbuffa sul giuridichese del decreto Sostegni-ter

Che cosa ha scritto su Linkedin una manager di Novartis Italia

 

Ci sono manager che sbraitano a porte chiuse sul giuridichese astruso e labirintico dei decreti e manager che non esitano a esporsi sui social per sostenere quello che altri colleghi dicono in privato.

E’ degno di rilievo, dunque, un post scritto su Linkedin da una manager alle prese con il decreto legge Sostegni-ter.

Di seguito il testo postato su Linkedin da Jessica Nardin, Public Affairs & Sustainability Manager presso Novartis:

Alert post-polemico: stavolta sulla qualità delle leggi

Sono esattamente 48 ore che cerco di estrarre significato dall’Art 21 del DL Sostegni-ter, un articolone che riguarda “Misure in materia di fascicolo elettronico e governo della sanità digitale”. Che per carità, non ho l’ottimismo di pensare che sia una cosa facile.

Ma il Legislatore mi incoraggia alla lettura con una iniezione di fiducia, dichiarando in premessa che l’obiettivo della norma è “garantire semplificazione maggiore efficienza e celerità d’azione”. Oh. Finalmente, dico io, non ci si capiva niente, penso.

Comincio a leggere. Alla 10 riga mi perdo. Ci sono già 16 rimandi normativi.
Ricomincio. Cerco di capire la struttura del testo per trovare la testa e la coda.

L’articolo si snoda – mi pare – in 3 commi-monstre: il primo che modifica l’art 12 del DL 179/2012 in ben 24 punti – mi pare – abrogando, integrando, modificando così profondamente che, alla fine, l’Art 12 del DL 179/2012 non lo riconoscerebbe neanche sua madre.

Gli altri due commi, più modestamente, si limitano a modificare altri articoli, di altri provvedimenti in soli 4 punti.

2585 parole.

Oltre 100 rimandi normativi – mi pare -, diretti, indiretti, evocati.

30 pagine di dossier del Servizio Studi.

18 documenti linkati.

1 box di approfondimento delle norme primarie.

Ricomincio da capo. Chiamo consulenti e colleghi. Ci investo un pomeriggio. Poi una mattina. Ma sì, questo è il mio lavoro. Mi pagano (anche) per questo.

Mi pagano per provare a capire una norma che impatterà sulla vita di ogni cittadino.

I cittadini appunto.

Che magari di lavoro fanno i panettieri, gli elettricisti, i dentisti, gli insegnanti e a loro mica li pagano se si mettono a due giorni a provare a capire una legge.

Anche se quella legge è fatta per loro.

Anche se sarebbe un loro diritto poterla comprendere.

Addirittura – pensa un po’ – sarebbe un loro diritto concorrere a formarla, quella legge.

E insomma, niente. Torno a studiare.

“Peccato che la qualità delle norme non sia all’altezza della loro quantità”.
Sabino Cassese

 

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