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Mes

Perché il nuovo Conte sul Mes è incomprensibile

Che cosa non convince della posizione attendista e aperturista del premier Giuseppe Conte sul Mes. Il commento di Giuseppe Liturri

Ieri sera dopo una giornata convulsa anche sui mercati, con lo spread che ha toccato 244 punti e il rendimento del BTP decennale che ha sfiorato il 2%, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha improvvisamente imboccato la strada della ragionevolezza sulla vicenda del prestito da 36 miliardi del MES a favore dell’Italia. Valuteremo, leggeremo i dettagli e poi porteremo la decisione davanti al Parlamento, è la sintesi del comunicato postato su Facebook.

Posizione che lascia francamente perplessi. Soprattutto all’avvocato, non dovrebbe sfuggire che il MES è permeato in ogni angolo dal concetto di “rigorose condizioni”. Cosa si attende di leggere nel “term sheet” e nel “Financial Facility Agreement”? Qualcosa che possa mai essere in palese violazione dei tanti articoli del Trattato del MES? Sa che, anche qualora accadesse, i Parlamenti olandese e tedesco, e poi la Corte di Giustizia, ne farebbero strame?

Sa che il Trattato e le linee guide applicative emanate dal MES prevedono la successiva possibilità di monitoraggio e valutazione della sostenibilità economica del debito del Paese membro beneficiario e la conseguente possibilità di inasprire le condizioni?

Sa che quindi non serve a nulla negoziare condizioni “light”, quando possono essere cambiate alla fine della crisi sanitaria, come peraltro scritto anche al punto 16 del comunicato di Mario Centeno, pubblicato il 9 aprile?

Sa che, con il debito/PIL proiettato verso il 160%, il MES ci metterà un attimo, a crisi terminata, a confezionare un bel memorandum of understanding “alla greca”, per essere sicuro che le sue ragioni di creditore siano tutelate?

Sono passati solo pochi giorni da quando, nella conferenza stampa di venerdì 10, Conte dichiarò che riteneva il MES “strumento non adeguato”, in un precario equilibrio verbale con “non lo useremo mai” del M5S. Quella sera Conte distrasse abilmente l’uditorio, lanciando la disputa su chi avesse approvato il MES, come se, nell’imminenza di un’esecuzione capitale, fosse importante capire il nome del progettista della forca.

In ogni caso, giova ricordare che il Trattato sul MES è quello ratificato dal Parlamento con legge 116 del 23/7/2012 ed approvato da Monti in Europa il 2 febbraio 2012. Il primo Trattato sul MES approvato da Gulio Tremonti all’Ecofin del 11 luglio 2011, non fu mai avviato a ratifica perché solo pochi giorni dopo subì importanti modifiche in ben 2 riunioni del Consiglio Europeo (21 luglio e 9 dicembre, con Monti).

E giova anche ricordare che la ratifica da parte del Parlamento è l’unico momento che conta per l’efficacia giuridica di un Trattato, essendo la firma dei rappresentanti del governo un atto che serve solo a confermare l’esistenza dei testi che saranno portati ai rispettivi Parlamenti nazionali.

In ogni caso, questa sterile polemica si è rivelata una manovra dilatoria di breve respiro. Tuttavia efficace e necessaria per consentire al “partito del MES” di riorganizzare le idee e partire alla carica. Appena rallentata da un appello di 101 economisti che ieri hanno invocato quanto qui ripetiamo da settimane: Il 23 aprile Conte respinga le proposte dell’Eurogruppo e chieda il finanziamento monetario di una parte rilevante delle spese necessarie da parte della BCE. Ancorché vietata dai Trattati, che però si possono sospendere per l’emergenza, è l’unica opzione sensata. Altrimenti, come ha detto lo stesso Conte, “facciamo da soli”.

Ma, per il resto, sembra il Conte di Carmagnola del Manzoni. “S’ode a destra uno squillo di tromba”, ad opera del presidente dell’Europarlamento, David Sassoli che, ospite da Fabio Fazio, fornisce una personale ed infondata interpretazione: “Due giorni fa l’Eurogruppo ha sospeso il MES e ha detto che quei soldi devono essere messi a disposizione di tutti i Paesi per l’emergenza sanitaria […] C’è una convenienza se l’Italia liberamente deciderà di usare questi 37 miliardi”. Purtroppo per Sassoli, non è sospeso un bel nulla. Il documento finale afferma chiaramente che ci sono solo delle condizioni semplificate per l’accesso ai fondi e per tutto il resto, “si applicano le norme del Trattato sul MES”. Anzi, dopo la fine della crisi, se i Paesi beneficiari non si adeguassero al solito quadro di sorveglianza macroeconomica, ora sospeso, le condizioni potrebbero essere inasprite, unilateralmente ed a maggioranza qualificata.

A sinistra risponde uno squillo”, con Romano Prodi che dichiara che “il Mes non è più condizionato, non capisco più il mio Paese. Io sarei per usarlo […] è uno strumento nato con condizionamenti, per intervenire nei Paesi in crisi, come dire ti do i soldi ma sei in libertà vigilata. Giustamente l’Italia ha detto basta, questo non lo voglio“. Ma, ha continuato l’ex premier, “nell’ultima riunione si è ottenuto il ‘discondizionamento’, cioè il fondo europeo non è più condizionato“. Anche in questo caso, il ribaltamento del tenore letterale delle raccomandazioni dell’Eurogruppo, che i leader dovranno esaminare il prossimo 23 aprile, è evidente. A Prodi andrebbe chiesto cosa ne sarà del suo “discondizionamento” quando il MES, di fronte ad un debito/PIL diretto verso il 160%, attiverà tutti gli strumenti statutariamente previsti e ci chiederà di fare un avanzo primario del 4/5% a colpi di tagli di spesa ed aumenti di imposte, come chiederebbe di fare qualsiasi accorto creditore.

Ma Prodi attinge vette altissime quando sostiene che “è un prestito, ma talmente a basso interesse per cui: primo, lo ripaghiamo a lunghissimo tempo, secondo, ci costa un miliardo e mezzo in meno all’anno. Beh insomma… a caval donato, non si guarda in bocca”. Forse dimentica che il risparmio è ancora più grande quando la BCE compra i nostri BTP e li rinnova a scadenza, poiché gli interessi pagati tornano indietro nelle casse del Tesoro sotto forma di dividendi di Bankitalia. Visto che gli piace risparmiare, perché non sostiene questa causa?

Quindi spunta per l’aria un vessillo”, portato da Federico Fubini che, sul Corriere della Sera, si accorge (mentre qui ne scriviamo da 2 settimane) che “una clausola del MES è infatti in grado — potenzialmente — di aprire al Paese il sostegno da prestatore di ultima istanza da parte della Banca centrale europea senza troppi costi politici”. Qui si riferisce al fatto che un prestito del MES, essendo naturalmente connesso a rigorose condizioni, è porta di ingresso per l’accesso al programma di acquisti OMT della BCE. Ma Fubini dimentica che il MES che dà alla BCE la facoltà di acquistare è solo quello con condizioni “rigorose ed efficaci”, quindi non quello “light” di cui si sta discutendo, ammesso e non concesso che possa mai esistere. Per intenderci, il solito bagno di sangue delle riforme, altro che “senza troppi costi politici”. Inoltre, Fubini è ancora più impreciso quando afferma che “se oggi un governo chiede al Mes l’accesso al prestito anti-pandemia, che è una Eccl, di fatto, mette la Bce legalmente in grado di decidere di comprare i suoi titoli su scadenze fra uno e tre anni senza limiti quantitativi prefissati”. Fubini dimentica che l’OMT è stato fortemente limitato dalla sentenza della Corte di Giustizia di Strasburgo e cui si è poi rifatta la Corte Costituzionale tedesca: per la Bundesbank quegli acquisti non sono affatto illimitati dal 2015. Tanta è la voglia di magnificare il MES che, per attrarci in trappola, gli attribuisce virtù che non esistono.

Ecco appare un drappello schierato”. Ed è Confindustria che “fa appello al Governo e a tutte le forze politiche affinché si utilizzino a questo fine i fondi messi a disposizione dal Mes senza condizionalità che non siano quelle della lotta al virus e alle sue conseguenze”. Vengono i brividi lungo la schiena a pensare ai quasi 3 anni di recessione che seguirono al “Fate presto” del novembre 2011, intonato dagli stessi cantori.

Ecco un altro che incontro gli vien”. Ed è Matteo Renzi secondo cui “il MES senza condizionalità va usato di corsa”.

E quando “già di mezzo è sparito il terreno” arriva il colpo finale da parte di Silvio Berlusconi che, intervenendo in serata da Giovanni Floris, avvalora la posizione già espressa da Antonio Tajani, dice di sì al MES e scatena una formidabile pressione sul M5S al cui interno “già le spade rispingon le spade” che, a questo punto affonderanno senza scrupoli per decidere cosa ne sarà della linea “non useremo mai il MES”.

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