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Pensioni

Pensioni: ecco sorprese e incognite su quota 100 e non solo. L’analisi di Cazzola

Tutte le novità su pensioni e quota 100 dopo il parere dell'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) sulla manovra del governo

L’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ha suonato ancora una volta le sue campane, replicando ai sonori squilli provenienti dai “tromboni’’ di Palazzo Chigi.

Nel documento consegnato in occasione dell’audizione del presidente Giuseppe Pisauro, presso le Commissioni Bilancio delle Camere, la manovra per il 2019 viene sezionata in tutti i suoi aspetti e meriterebbe quindi un approfondimento più completo di quello che ha interessato d’acchito i media: le pensioni e il reddito di cittadinanza, le due bandiere che garriscono al vento del Truce e del Trucidello.

Ha colpito l’opinione pubblica la sottolineatura di un aspetto collaterale che verrebbe determinato dall’adesione a quota 100: l’assegno sarebbe più basso, in una forbice compresa tra il 5% (in caso di anticipo di un solo anno) ed oltre il 30% (se l’anticipo fosse di oltre 4 anni), rispetto a quanto spetterebbe al medesimo soggetto sulla base dei requisiti vigenti.

Matteo Salvini si è precipitato subito a dichiarare che non saranno previste delle penalizzazioni, dimostrando ancora una volta di suonare ad orecchio la musica degli spartiti della previdenza.

Basterebbe avere la pazienza di leggere quanto scrive (pur senza candidarsi alle elezioni e guadagnarsi così il diritto di criticare) l’Upb: “In sostanza, una riduzione della pensione lorda rispetto a quella corrispondente alla prima uscita utile con il regime attuale non sarebbe il frutto di una punizione voluta dai ‘’burocrati di Bruxelles’’ (a cui ormai si attribuiscono tutte le colpe possibili ed immaginabili) ma di un banale calcolo secondo le normali regole – ovunque e da sempre – vigenti”.

Quanti, all’età di 62 anni, fossero in grado di far valere solo 38 anni di versamenti contributivi riceverebbero un assegno più ridotto rispetto a coloro che – fermi restando i requisiti stabiliti nel 2011 – fossero andati in quiescenza anticipata con un’anzianità contributiva pari, nel 2019, a 43 anni e 2 mesi, se uomini (un anno in meno se donne), a prescindere dall’età anagrafica.

Il documento mette, poi, in evidenza una palese contraddizione tra lo stanziamento di circa 7 miliardi di euro sia per il 2019 che per il 2020 e l’onere – praticamente pari ad doppio – derivante dall’introduzione – sic et simpliciter – di quota 100.

Tale discrepanza spiegherebbe non solo la decisione di rinviare a dopo l’approvazione della legge di bilancio le norme attuative della controriforma, ma indurrebbe pure – questa volta davvero – ad introdurre dei correttivi e delle limitazioni di cui si è a lungo parlato nei tanti corridoi dei passi perduti (ad esempio, divieto di cumulo del reddito da pensione con quello da lavoro, finestre di uscita, perdita di parte dei contributi figurativi, ricalcolo contributivo come sinora previsto per l’Opzione Donna).

Non si dimentichi, poi, che sta tuttora circolando tra le nebbie di Montecitorio (il suo esame è sospeso a causa della sessione di bilancio) il fantasma del pdl D’Uva-Molinari sulle c.d. pensioni d’oro, il quale include una penalizzazione per coloro che – percependo un trattamento superiore a 4,5mille euro mensili netti – andassero in quiescenza anticipata rispetto al requisito della vecchiaia.

Quanto al reddito di cittadinanza l’Upb è laconico. Si limita a scrivere che tale misura viene definito nel DDL di bilancio come un nuovo intervento contro la povertà, la diseguaglianza e l’esclusione sociale, tra i cui obiettivi sono indicati anche la garanzia del diritto al lavoro e la libera scelta dello stesso, il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura.

Il nuovo strumento dovrà attuare forme di sostegno economico e inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione dalla società e dal mondo del lavoro. Poiché il disegno dei nuovi programmi è rinviato ad appositi provvedimenti normativi, nel frattempo continuerà a essere garantito il Rei. Al dunque, sarà il vecchio sistema (da cambiare) a tenere occupato il posto di quello nuovo (del cambiamento).

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