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Le concessioni ottenute da Conte e Gualtieri sul Mes? Aria fritta. L’articolo di Capezzone

Perché la narrazione del premier Conte e del ministro dell’Economia, Gualtieri, scricchiola davanti ai fatti. L’approfondimento di Daniele Capezzone (estratto di un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità) Povero Roberto Gualtieri! Tanto sforzo per costruire una narrazione, con giornalisti al seguito all’Eurogruppo, interviste televisive, racconti di negoziati estenuanti e trattative furibonde, conferenze stampa assertive, battute…

(estratto di un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità)

Povero Roberto Gualtieri! Tanto sforzo per costruire una narrazione, con giornalisti al seguito all’Eurogruppo, interviste televisive, racconti di negoziati estenuanti e trattative furibonde, conferenze stampa assertive, battute sferzanti sul ‘conto del Papeete’, e poi – zac! – basta un piccolo clic sul sito del Mes per far afflosciare il soufflé.

Il presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno, con insolita durezza, era stato impietoso verso il governo di Roma, ribadendo ossessivamente tre messaggi. Primo: non c’è nessun rinvio della riforma del Mes, e la firma finale avverrà (esattamente come preventivato) nel primo trimestre del 2020. Secondo: rispetto alla riforma del Fondo, non si tocca una virgola dell’accordo politico raggiunto a giugno 2019 (quello avallato da Giovanni Tria il 13 giugno, senza una risoluzione parlamentare, e successivamente da Giuseppe Conte, contro la risoluzione parlamentare che nel frattempo era stata approvata il giorno 19 di quel mese). Terzo: rimane solo un piccolo margine (se ne discuterà ancora a gennaio) per qualche modifica di dettaglio alla legislazione sussidiaria.

Vistosi perso su tutto il resto, il ministro Gualtieri si era tuffato su questo terzo punto. E, fino a trentasei ore fa, aveva veicolato sui media amici una versione dignitosa: quella di essere riuscito a strappare una modifica significativa di una di queste norme di dettaglio, quella relativa alle famigerate Cacs, le clausole di azione collettiva. Per carità: comunque niente per cui esaltarsi. Stiamo parlando di ciò che accadrebbe se l’Italia fosse costretta a ristrutturare il suo debito: insomma, giusto gli strumenti capire a quale girone infernale saremmo destinati. Il solo fatto di discutere su questo piano, per un paese fondatore dell’Ue, è una sconfitta incredibile: bisognerebbe rovesciare il tavolo ponendo il veto, non certo dare la sensazione (anche ai mercati) di predisporre gli addobbi per i nostri stessi funerali. Ma tant’è.

Sta di fatto – tornando a Gualtieri – che però il titolare del Mef aveva accreditato la seguente versione. Mentre oggi, per ristrutturare, occorre sia un voto dei detentori di ogni serie di titoli emessi sia un voto complessivo (double limb), con la riforma basterebbe un unico voto complessivo (single limb), aggirando più facilmente eventuali minoranze di blocco. Dinanzi a questa prospettiva poco simpatica, cos’aveva escogitato Gualtieri? Raccontare di aver per lo meno ottenuto la possibilità di una subaggregazione dei titoli simili, con ciò esplorando la possibilità di coinvolgere nell’eventuale voto soltanto i relativi detentori. Insomma, nel disastro, almeno un modo per provare a limitare i danni.

Ma che hanno fatto quei cattivoni del Mes? Hanno pubblicato nell’ambito delle FAQ del sito (la sequenza di domande e risposte con cui il Fondo chiarisce il proprio funzionamento) che “the introduction of the single-limb Cacs does not change the current possibility for countries to use so-called sub-aggregation”. Traduzione: l’introduzione delle clausole single limb non cambia la possibilità esistente per i paesi di usare la cosiddetta subaggregazione. Avete capito bene: il Mes comunica che quello che Gualtieri racconta come l’esito di un braccio di ferro negoziale già esiste, e non cambia.

Va peraltro segnalato che, per tutta la serata dell’altro ieri, il sito del Mes ha visto alcune pagine – proprio quelle relative alle Cacs – prima tolte (e rese per qualche tempo non accessibili) e poi ripubblicate.

Naturalmente non mancherà chi tenterà di alimentare ulteriori leggende metropolitane (ad esempio, presunte richieste italiane di aggiornamento del materiale informativo a seguito delle fantomatiche “conquiste” di Gualtieri). Sembra tuttavia ben più probabile che, per dissipare ogni dubbio ed equivoco, il Mes stesso abbia voluto chiarire che all’Italia non è stata fatta alcuna concessione. Rendendo evidente a tutti che – per il Mes – ciò che Gualtieri andava veicolando come novità era in realtà un’ipotesi già esistente e invariata.

Tra i primi ad accorgersene e a lanciare la doppia notizia (sia il gran movimento sulle pagine Internet del Mes sia la figuraccia di Gualtieri), il Presidente della Commissione Bilancio della Camera, il leghista Claudio Borghi, che ha commentato su Twitter:

Dunque, al di là delle narrazioni di comodo, è il caso di concentrarsi sul punto di fondo, senza distrazioni e divagazioni. Con il vecchio Mes la ristrutturazione del debito era considerata una circostanza eccezionale; con la riforma del Mes, invece, essa diventa un evento più probabile e ordinario, con tutte le devastanti conseguenze del caso. Per quale misteriosa ragione un paese ad alto debito come l’Italia dovrebbe esporsi a questo rischio? Basterebbe mettere il veto. Operazione senza conseguenze, tra l’altro: perché resterebbe operativo l’attuale Mes, con le vecchie regole.

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QUI L’ARTICOLO INTEGRALE DI CAPEZZONE SUL QUOTIDIANO LA VERITA’ FONDATO E DIRETTO DA BELPIETRO

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