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Il mio ricordo di Carlo Dell’Aringa, economista del lavoro e riformista. L’articolo di Cazzola

L'articolo di Giuliano Cazzola

L’improvvisa scomparsa di Carlo Dell’Aringa priva la cultura italiana di uno dei più importanti economisti del lavoro proprio nel momento in cui le politiche riformiste, faticosamente attuate negli ultimi anni, sono sottoposte a violenti attacchi da parte del populismo vittorioso e all’incerta difesa di quelle forze che le attuarono e che ora attribuiscono ad esse la loro sconfitta.

Già docente all’Università Cattolica di Milano ed autore di numerose pubblicazioni in materia (ricordo in particolare la collana dell’Arel curata insieme a Tiziano Treu) Dell’Aringa partecipò ai lavori della Commissione presieduta da Marco Biagi che varò il Libro Bianco. Coordinava, inoltre, per conto del Cnel – fino a quando l’istituto è stato in grado di adempiere alle sue funzioni prima che venisse abolito in via di fatto nell’attesa, data per scontata, che la riforma Boschi lo abrogasse anche sul piano legislativo – la redazione e la pubblicazione dei rapporti annuali sul mercato del lavoro che rappresentavano un momento importante di conoscenza ed approfondimento delle dinamiche dell’occupazione.

Eletto deputato nella XVII legislatura, fu nominato sottosegretario al Lavoro nel governo Letta. Anche a Carlo capitò l’ingrato destino delle persone competenti che scendono in politica: non essere valorizzate per il contributo che sarebbero in grado di dare. A vederlo, Dell’Aringa aveva l’aria severa di un signore d’altri tempi, parlava con un tono di voce uniforme, privo di alterazioni, ma con quella chiarezza che i Maestri apprendono con l’esperienza e sanno usare attraverso una lunga comunanza con gli studenti che sono chiamati a formare.

Rifuggiva dalle mode che esistono anche quando si affrontano temi di lavoro. Spesso, con la complicità dei media, succede che una proposta viene fatta circolare senza essere posta veramente in discussione, ma ugualmente accolta come la soluzione facile di un problema complesso.

Ricordo che ci fu un tempo in cui la risposta ai problemi dell’occupazione – e alle tutele da adottare – poggiava sull’introduzione del c.d. contratto unico, che avrebbe consentito, secondo la vulgata, di superare il dualismo del mercato del lavoro e la tagliola dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Rammento che in occasione della presentazione del Rapporto del Cnel, Carlo definì la proposta del contratto unico una “soluzione facilona’’, in quanto non in grado di regolare situazioni specifiche che richiedevano (nel contesto di una maggiore flessibilità) discipline anch’esse specifiche.

Che altro dire? Dell’Aringa e chi scrive si conoscevano da decenni. Non sarei corretto, tuttavia, se vantassi rapporti di amicizia con lui, come con tanti altri studiosi. Dell’Aringa era una persona riservata e schiva, sempre corretta e rispettosa degli altri.

Penso che mancherà: non solo a quelli, come il sottoscritto, che gli sono coetanei e che, con serenità, vedono nella sua dipartita un avviso anche per la loro. Mancherà al Paese una voce autorevole capace di farsi sentire in mezzo allo starnazzare delle oche che, a differenza di quelle del Campidoglio della leggenda, non danno l’allarme per l’arrivo dei nemici, ma li festeggiano a gran voce.

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