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Germania

Lo sapete che Merkel non ha strattonato Conte sul Mes?

Che cosa ha detto davvero il cancelliere Angela Merkel su Recovery Fund, Mes e sentenza della Corte tedesca. L'approfondimento di Musso per Atlantico quotidiano

 

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha rilasciato una lunga intervista.

Gli obiettivi di Merkel – La frase centrale, attorno al quale tutto ruota, è la seguente:

“È in grande misura nell’interesse di tutti gli Stati membri mantenere un forte mercato interno europeo e presentarsi compatti sulla scena internazionale. [Pur] In una situazione così eccezionale, conto sul fatto che gli Stati membri abbiano un grande interesse nelle cose che ci uniscono”.

Laddove si apprende che le cose che uniscono gli Stati europei sarebbero due: il mercato unico e la politica estera. Ma, siccome la politica estera invero non esiste, resta che ciò che unisce gli Stati europei è il mercato unico. E basta.

Merkel è preoccupata dal protezionismo mondiale, perciò “oggi, dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per impedirci dal cadere nel protezionismo. Se l’Europa vuole essere ascoltata, allora deve dare un buon esempio. Io faccio affidamento su questo”. Cioè, fa affidamento sul fatto che l’Europa conservi il mercato unico. Asseritamente, al fine di dare il buon esempio. Ma, siccome parliamo di commercio e non di morale, invero al fine di usare il peso dell’intero mercato europeo per tutelare meglio gli interessi tedeschi, nei negoziati con Usa e Cina.

Il mercato unico unisce gli Stati europei, nel senso che reca loro vantaggio. Alla Germania senz’altro, Merkel non ha remore a sottolinearlo: “È nell’interesse della Germania che il mercato unico sia forte e che l’Unione europea cresca insieme, che non si disgreghi”. Merkel ammette l’esistenza di “una disoccupazione molto elevata” in taluni Stati membri, talmente elevata che “può diventare politicamente esplosiva” ed addirittura “aumentare così i rischi per la democrazia” in quegli Stati membri, con la seguente chiosa, “perché l’Europa sopravviva, la sua economia deve sopravvivere”. Ma, siccome non ha manco menzionato l’Euro e, invece, ha appena detto che l’Europa è il mercato unico, la frase di Merkel non può che significare: ‘perché il mercato unico sopravviva, pure l’economia degli altri Stati membri deve sopravvivere’… sennò se ne usciranno dal mercato unico, con gran danno della Germania.

Per questo motivo, la cancelliera ha proposto il cosiddetto Recovery Fund: “Le risorse del fondo servono ad aiutare Paesi investiti dalla pandemia con intensità diverse” nonostante le obiezioni dei Paesi dell’Est; più specificatamente, “per i Paesi che hanno già un livello di indebitamento molto elevato ha più senso ricevere sovvenzioni anziché ulteriori prestiti” nonostante le obiezioni dei Paesi del Nord; ancor più specificamente, “per Italia e Spagna, ad esempio, la pandemia del coronavirus significa un carico enorme, in termini economici, medici e, ovviamente per via delle numerose vittime, pure emotivo”. Ma, siccome ‘carico economico’ significa ‘disoccupazione molto elevata’, a sua volta presupposto perché la situazione diventi ‘politicamente esplosiva’ e metta a rischio il mercato unico, ne segue che la Germania ha proposto il Recovery Fund, al fine espresso di tutelare il mercato unico. Ciò che, infatti, i politici degli Stati membri e brussellesi da mesi non fanno altro che ripetere.

I limiti posti da Merkel – Detto ciò, comincia a piantare paletti.

(1) Primo paletto, le circostanze sono straordinarie ed il contributo è “straordinario”: Il fondo è “una risposta eccezionale ad una situazione eccezionale”. Straordinario-eccezionale significa irripetibile: che accade solo una volta, che non sarà ripetuto. Con tanti saluti agli Enrico Letta che descrivono l’ipotetico Recovery Fund come “l’Europa sociale di Delors e poi Prodi… una nuova Europa”. Nein vuol dire Nein.

(2) Secondo paletto, “se volessimo dare alla Ue il diritto di prelevare tasse, allora dovremmo modificare i Trattati”, ma “per noi è molto importante che il programma resti nel quadro dei Trattati europei”, sicché “sono certa che se ne discuterà nei prossimi anni, ma lo si dovrà fare con cautela”. Con tanti saluti a Sergio Fabbrini con la sua “tassazione dell’Unione per finanziare il Recovery Fund”. Nein vuol dire Nein.

(3) Terzo paletto, i soldi del Recovery Fund sono pochi: “Pure se stanziamo, ad esempio, l’1 per cento del Pil dell’Ue, si tratta sempre solo di un 1 per cento… Pertanto, la chiave per il successo consiste nell’amministrare bene in tutti i nostri Paesi e parallelamente incrementare la convergenza nell’Ue”. Laddove si apprende che i soldi dobbiamo trovarceli da soli, come fa la Germania… sul cui esempio siamo appunto invitati a ‘convergere’. Lo ripetiamo: l’espressione tedesca ‘convergere’, in italiano significa ‘arrangiarsi da soli’. Nein vuol dire Nein.

(4) Quarto paletto, il Mes, cioè la Troika, non è un modo per ottenere più soldi dalla Germania: Merkel fa un riferimento distratto al solo Mes-Sanitario e solo su domanda espressa della corrispondente de La Stampa, con una espressione, “questa è una decisione che deve assumere l’Italia”, che tutto può essere tranne che un incoraggiamento.

Il Mes

Quest’ultima risposta sul Mes ha acceso in Italia una curiosa discussione. È accaduto questo: l’intervista veniva rilasciata ad una serie di giornali nazionali; fra di essi La Stampa che la pubblicava sabato, facendola precedere da una sintesi pubblicata venerdì, stravagante, nella quale si suggeriva che Merkel avesse suggerito all’Italia di sopperire alla limitatezza del Recovery Fund rivolgendosi al Mes. Il che, come abbiamo appena visto, non è. Al punto che la stessa La Stampa cercava di chiudere l’incidente con un diverso articolo, nel quale derubricava le parole di Merkel a “battuta”.

Della battuta, però, si era nel frattempo impossessato il primo ministro pro-tempore Giuseppe Conte, rispondendo immediatamente venerdì e ponendo cura nel mostrarsi piccato: “Sul Mes non è cambiato nulla. Rispetto l’opinione di Merkel, ma a far di conto per l’Italia è il sottoscritto”. A prima vista per insipienza (come se credesse di rispondere a Merkel mentre invero rispondeva a La Stampa), al punto da indurre i supporter a trovargli un alibi: lo avrebbe fatto per tattica negoziale, scrive La Repubblica. Più plausibilmente per farsi bello come improbabile oppositore al Mes: ergersi ad oppositore di una pretesa tedesca che la Germania non ha avanzato è un guadagno propagandistico a costo zero. Operazione riuscita, visto la grancassa con la quale praticamente tutti i giornali hanno ripreso e ripetuto la stravagante interpretazione contenuta nella anticipazione de La Stampa, pur con la protesta solitaria de Il Fatto QuotidianoEx-multis, citeremo il Corriere della Sera (“la cancelliera ha provato a spingere il governo giallorosso verso il sì ai 37 miliardi del fondo salva-Stati… l’offensiva tedesca”), che si è fatto attrarre dal proprio sostegno appassionato per il Mes (vedi Fubini, Ultimo Giapponese ad honorem) nel tranello della propaganda di Conte.

Da domenica, infatti, gli stessi giornali hanno finalmente cominciato a scrivere come appaia improbabile che Merkel abbia voluto mettere in difficoltà l’altrimenti docile Conte, il quale, per far votare dal Parlamento il Mes, sarebbe costretto ad un ardito cambio di maggioranza, sostituendo i voti dei più coraggiosi fra i grillini con quelli di Forza Italia, dunque rischierebbe una crisi di governo. Essi giungono finalmente alla conclusione che di Mes-Sanitario non si parlerà nella risoluzione a breve in Parlamento e di seguito almeno fino a settembre, cioè nel giorno del mai perché successivo alla prossima conclusione della vicenda di Karlsruhe.

Merkel per Karlsruhe

Perché la vera bomba della intervista di Merkel, è la risposta sulla sentenza di Karlsruhe. Risposta talmente esplosiva, da essere stata espunta (censurata) dal testo pubblicato nella edizione cartacea, non sono de La Stampa (!) … ma persino di Le Monde (!!). Vale, perciò, la pena di riportarla per intero:

“Non è che questo tema non sia mai stato discusso prima che la Corte Costituzionale Federale emettesse la propria sentenza sulla Bce. Senza alcun dubbio, la legge europea ha precedenza sulla legge nazionale – ma ciò non ci dice dove la giurisdizione del diritto europeo inizi e finisca. L’essenza della Ue risiede nelle competenze trasferite dagli Stati membri. Nelle zone di confine tra la sfera di giurisdizione della legge nazionale ed europea, possono crearsi degli attriti se il livello europeo definisce i propri limiti più generosamente che, ad esempio, il Parlamento tedesco. Questo è ciò che stiamo vedendo nel caso della Bce. Se la Corte Costituzionale giudica che un confine sia stato superato, si rivolge alla Corte di Giustizia dell’Ue e richiede una verifica. Sino ad ora, ogni disaccordo è stato ricomposto. Ora abbiamo un conflitto. Ciò è nella natura della bestia, poiché uno Stato nazionale sarà sempre in grado di rivendicare particolari competenze, a meno che tutti i poteri non siano trasferiti alle istituzioni europee, il che sicuramente non accadrà”.

Abbiamo preferito ritradurre la versione pubblicata da The Guardian, in quanto la versione pubblicata (solo sul sito internet) da La Stampa sembra aver accorciato la domanda e traduce ‘sfera di giurisdizione del diritto europeo’ con ‘zona di regolamentazione del diritto europeo’, il che pare inesatto.

La competenza trasferita alla Ue è la politica monetaria, la competenza non trasferita alla Ue è la politica fiscale, la zona di confine sono gli effetti asseritamente fiscali della politica monetaria, il livello europeo che definisce generosamente i propri limiti è Bce, l’attore nazionale che ha il potere di fermarla è il Parlamento tedesco, il conflitto è quello che ben conosciamo, la soluzione del conflitto non sarà una resa tedesca (“sicuramente non accadrà”). In una parola, Merkel ha fatto sua e per intero la sentenza… ne recita la sintesi a memoria, addirittura. A chi ne fosse scosso, dedicheremo il detto del presidente Barra Caracciolo: “Siamo nel pieno di un’estate in cui, in un modo che pare molto diverso da quanto è accaduto in quella del 2011, i nodi stanno venendo al pettine”.

(Estratto di un articolo pubblicato su Atlantico quotidiano, qui la versione integrale)

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