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Decreto Ristoro? Gioco delle 3 carte: non un euro in più, soldi già stanziati in decreti passati

Per il decreto Ristoro, il governo ha previsto 5,5 miliardi ma sono stati presi dai 100 miliardi già stanziati con i decreti di marzo, maggio e agosto. L'approfondimento di Giuseppe Liturri

 

Mussolini aveva pochi carri armati e pure malconci ed aveva necessità di fare parate militari dappertutto. Allora faceva di necessità virtù e li spostava di città in città, facendo credere agli italiani di disporre di una ingente massa di blindati. Ma erano sempre quelli, erano solo spostati molto rapidamente.

Mutatis mutandis, la storia dell’ultimo decreto legge (n. 137, cosiddetto “Ristoro”) – con cui il governo ha voluto rispondere alle difficoltà che affronteranno i settori (ristorazione e tempo libero) soggetti alle misure restrittive decise il 24/10 – ripropone lo stesso metodo: si tratta sempre di una quota degli stessi 100 miliardi stanziati a più riprese con i decreti di marzo, maggio ed agosto, dirottati verso nuove finalità.

Non c’è un centesimo in più. Anzi, poiché c’è ormai la ragionevole certezza che una quota rilevante di quella somma rischia di non essere più spesa, il governo mette già le mani avanti portando 3,6 miliardi direttamente al 2021. Oltre a fare questo, si recupera la non trascurabile somma di 5,5 miliardi (a tanto ammontano gli oneri collegati alle diverse misure) pescando a piene mani nelle diverse norme che sono rimaste parzialmente inutilizzate nel 2020 ed utilizzando un molto discutibile meccanismo di vasi comunicanti tra i vari provvedimenti. In altre parole, il ministero dell’Economia può, scavalcando la potestà legislativa del Parlamento, con proprio decreto (norma di rango secondario), spostare fondi da una misura all’altra.

La copertura dei vari provvedimenti di spesa e di agevolazione fiscale che esamineremo di seguito è una lunga sequenza di “mediante corrispondente autorizzazione alla riduzione di spesa del…”, con l’indicazione della norma di uno dei decreti di primavera/estate che vengono decurtati.

Questo ci preoccupa sotto due aspetti:

  1. Conferma che i 100 miliardi stanziati nei tre decreti sono frutto di stime affrettate ed errate e la farraginosità delle norme non ha consentito un tempestivo flusso di aiuti ai beneficiari finali. Gli errori di valutazione sono sotto gli occhi di tutti e, come anzidetto, proprio per questo motivo il ministro Roberto Gualtieri si era riservato, contra legem, libertà di manovra.
  2. Conferma inoltre che al momento Gualtieri non intende mettere mano ai cordoni della borsa per il 2021 e rovista solo sul fondo in cerca degli spiccioli rimasti. E questo, in prospettiva, è davvero preoccupante, poiché il rimbalzo del PIL nel 3° trimestre rischia di rimanere un fenomeno isolato ed abbiamo davanti un nuovo rallentamento certo dell’economia, la cui misura sarà data dall’entità delle restrizioni imposte per la seconda ondata della pandemia da Covid.

Nel merito, esaminiamo le misure più rilevanti:

  1. Il contributo a fondo perduto per i settori sottoposti a misure restrittive, ripete lo stesso meccanismo previsto dall’articolo 25 del Decreto “Rilancio”: chi ha subito ad aprile 2020 un calo del fatturato superiore ad un terzo rispetto ad aprile 2019, ha diritto ad un contributo pari al 20/15/10% di tale riduzione. Sappiamo che la somma stanziata a maggio è andata rapidamente esaurita (a conferma della erraticità delle stime del Mef) e che molti richiedenti sono rimasti fuori a bocca asciutta. Allora, anziché rincarare la dose, il Governo decide di ripetere l’errore, solo in parte mitigato dal fatto di corrispondere il contributo misura pari al 100/150/200/400% (in relazione ai settori di appartenenza dei beneficiari) della somma già corrisposta col decreto “Rilancio”. È sempre pari a zero il risultato di qualsiasi numero moltiplicato per zero (perché dividere 2.400 milioni su circa 466.000 beneficiari restituisce un contributo medio di circa €5.000, pressoché zero). Inoltre non si capisce perché, disponendo in tempo reale dei dati di fatturazione elettronica, non si sia abbandonato il dato ormai vecchio del calo di fatturato di aprile scorso e non si sia deciso di corrispondere una quota consistente del fatturato conseguito nel quarto trimestre 2019, che rappresenta un parametro molto più fedele del risarcimento spettante agli esercenti costretti alla riduzione o chiusura di attività. Ma sappiamo che, per farlo, sarebbe stato necessario mettere mano alla borsa e Gualtieri è sempre quello che a marzo riteneva la caduta del PIL “grave ma gestibile” e pensava di cavarsela con pochi miliardi di maggior deficit.
  2. I 2,1 miliardi stanziati per ulteriori 6 settimane di cassa integrazione, da fruirsi da parte di chi ha già completamente esaurito le 18 settimane già concesse, rivengono per intero da somme stanziate e non utilizzate nel 2020 per lo stesso fine. Anche qui, nessuno sforzo aggiuntivo ma solo artificio contabile.
  3. Non si capisce quale senso abbia spostare i versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali di competenza di novembre e quindi in scadenza il 16/12, al prossimo 16/03. Per quella data è elevata la probabilità di ritrovarsi in condizioni di liquidità anche peggiori. Continua l’errore delle scelte di corto respiro che non consentono alcuna pianificazione e concreto beneficio.
  4. Pregevole è invece la scelta di rifinanziare le misure di sostegno all’export, aggiungendo altri 200 milioni a favore del contributo a fondo perduto erogato da Sace/Simest. Come si vede, quando una misura è efficace, le imprese accorrono e, spesso, si ritrovano con i fondi esauriti.
  5. Il contributo una-tantum di € 1.000 ai lavoratori del turismo, della cultura e dello spettacolo è la riproposizione di un pannicello caldo su cui l’INPS già ad aprile scorso non ha brillato per tempestività. Anche in questo caso, somme poco più che irrilevanti rispetto alla distruzione totale che ha investito questi comparti nelle ultime settimane, ancora prima dei limiti posti dal DPCM del 24/10.
  6. Infine, un dettaglio che potrebbe sembrare irrilevante ma che è invece piuttosto clamoroso. Ci sono circa 68 milioni a disposizione per le forze di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Locale per straordinari e servizi di ordine pubblico nei prossimi 40 giorni. Forse si prevede uno sforzo straordinario per domare le piazze affollate da cittadini affamati ed arrabbiati?

In conclusione, dobbiamo ripetere quanto già affermato in occasione della pubblicazione dei dati della Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef): il ministro Gualtieri continua ad agire con troppa prudenza sul fronte dello sforzo di bilancio. L’ha fatto una prima volta a marzo, rincorrendo sempre l’aggravarsi degli eventi, e rischia di farlo oggi. Con l’aggravante di non fare tesoro dell’esperienza fatta e di avere di fronte un Paese già prostrato che non reggerebbe l’urto di una nuova recessione senza un adeguato intervento delle finanze pubbliche.

Per il bene del Paese, Gualtieri riscriva la Nadef ed il documento programmatico di bilancio già inviato a Bruxelles e presenti alle Camere una bozza di bilancio che contenga maggiori risorse per affrontare l’inverno molto complicato in cui stiamo per entrare. Non è il momento di preoccuparsi di un debito pubblico che viene acquistato integralmente dalla Bce e che promette di restare sui suoi libri molto a lungo, con un impatto di fatto sterilizzato.

Se non ora, quando?

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