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Ecco bufale e rischi del ricorso al Mes. L’analisi di Liturri

Tutti i rischi di un ricorso al Mes. L'analisi di Giuseppe Liturri che critica le tesi tra gli altri del banchiere Bini Smaghi già nel board della Bce

Viviamo difficoltà mai sperimentate dalla nostra generazione. “Siamo in guerra”, si sente spesso dire. Ma rispetto a chi ha vissuto la tragedia delle guerre del secolo scorso abbiamo uno svantaggio: non conosciamo il nemico. E non sto parlando del subdolo virus che è annidato ovunque.

Mi riferisco all’ostinata gara a spingerci verso la definitiva spoliazione della nostra sovranità economica, almeno quella che non ci è stata già surrettiziamente sottratta.

In questa assurda gara, conquista un posto di assoluto rilievo l’intervento di Lorenzo Bini Smaghi, già membro del comitato esecutivo della BCE, sul Foglio del 25 marzo e ripresa anche sul Financial Times oggi.

Il banchiere sostiene che “le condizioni per realizzare gli Eurobond sono difficilmente praticabili dal punto di vista politico, almeno nel breve periodo”. Per renderli quindi fattibili, ci vorrebbero delle garanzie che dovrebbero essere fornite dalla nascita di un bilancio europeo dotato di una propria autonoma capacità impositiva, da un lato, ed una autonoma capacità di spesa, dall’altra. Un “trasferimento di sovranità molto rilevante”, da applicarsi ad alcuni settori come ad esempio la sanità. Ma la motivazione addotta lascia perplessi. Non può essere un problema di garanzie. Non è accettabile che, nei giorni in cui da tutti gli angoli del pianeta, tanti economisti (da ultimo l’ex governatore della Banca Centrale Svizzera, Philipp Hildebrand) invocano un cambio di ruolo della Bce, si continui anche solo a pensare che si possa affrontare l’eccezionalità di questa crisi, con la stessa logica che l’ufficio fidi della banca applica all’artigiano che deve acquistare un macchinario. Nel momento in cui autorevoli studiosi invocano l’”Hamilton moment” rievocando la messa in comune dei debiti di guerra tra gli Stati americani, e sostengono che la Bce debba comprare e tenere sui propri libri a lungo i titoli del debito pubblico italiano, noi siamo ancora qui a discutere di garanzie. Quando c’è il prestatore e garante di ultima istanza che renderebbe inutile qualsiasi Mes o astruseria simile.

Da più parti autorevolmente si afferma che l’indipendenza della banca centrale non sarebbe intaccata dalla scelta di finanziare con emissione di moneta il deficit dei paesi dell’eurozona, che il rischio di inflazione è inesistente, e noi dobbiamo ancora leggere che la Bce non può acquistare titoli pubblici all’emissione per “evitare che la moneta venga usata come strumento fiscale…Rappresenterebbe di fatto un esproprio del capitale dell’istituto di emissione”. Peccato che la banca centrale sia l’unico soggetto al mondo che può operare con patrimonio netto negativo.

Secondo Bini Smaghi la soluzione è il ricorso al Mes, di cui invoca l’approvazione della riforma, sostenendo che potrebbe erogare fino a 70 miliardi all’Italia; ma dimentica che proprio martedì 24 l’Eurogruppo abbia parlato di soli 35 miliardi. Dimentica pure di aggiungere che i Trattati non prevedono una condizionalità “à la carte” e che la Corte Costituzionale tedesca ha già in sospeso un giudizio sul Qe di Draghi. Inoltre oggi il Mes non serve. Gli ultimi dati della Bce nell’ambito del programma lanciato il 18 marzo scorso (Pepp) mostrano acquisti in due settimane per 40 miliardi, di cui ben 33 di titoli di Stato, contro i 6 delle settimana pre crisi Covid-19. C’è ancora bisogno di altri dati per capire chi può assorbire il fabbisogno finanziario degli Stati?

E se il Mes avesse bisogno di altri fondi? Facile, si aumenta il capitale; ma perché Bini Smaghi non aggiunge che l’Italia deve contribuire per il 18%? Ancora una volta, chi ha mezzi infiniti è solo la Bce.

Quando parla di “linee di credito precauzionali con condizionalità leggera” , prevista dal riformando Mes, omette di aggiungere che proprio con la riforma l’Italia viene spedita in automatico nell’inferno della linea a condizioni rafforzate (Eccl). Ma soprattutto deve mettersi d’accordo con i professori Francesco Giavazzi e Guido Tabellini, che propongono l’emissione congiunta a livello di eurozona di titoli a lunghissima scadenza, preferibili ai prestiti del Mes, tra le altre cose, proprio per evitare la gravosa condizionalità ex- post, obbligatoriamente prevista per il Mes. Forse i professori citati sanno bene cosa significa sottostare ad un protocollo di intesa del Mes? Tra l’altro modificabile sempre ex-post a maggioranza qualificata in modo unilaterale dal creditore?

Davvero triste vedere il nostro Paese spinto, in un momento drammatico, nelle mani di un creditore senza scrupoli che pratica condizioni da incubo. Proprio quando la Bce, obtorto collo, ha deciso di fare il suo mestiere di banca centrale.

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