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Generali Cattolica

Cattolica Assicurazioni, che cosa succederà dopo la scossa Ivass

Ecco perché volano polizze su Cattolica Assicurazioni tra intervento Ivass, dossier titoli di Stato, aumento di capitale in cantiere e report negativo di Mediobanca

 

Un aumento di capitale da 500 milioni per ripristinare il livello patrimoniale che si è fortemente indebolito negli ultimi tempi. A chiederlo al gruppo Cattolica Assicurazioni è l’Ivass, l’istituto di Vigilanza sulle assicurazioni, che detta pure i tempi: entro inizio autunno ricapitalizzazione ed entro fine luglio un piano con le misure che si intendono intraprendere. Nel frattempo i vertici ufficialmente gettano acqua sul fuoco ma nei corridoi mettono sotto accusa la forte esposizione nei confronti dei titoli di Stato italiani. Che Cattolica sia solo la prima a “pagare”? Nel frattempo

COS’HA CHIESTO L’IVASS

Nella lettera inviata nei giorni scorsi dall’Istituto di Vigilanza vengono presi in esame i monitoraggi settimanali sul Solvency Ratio del gruppo e delle singole società a partire dalla metà dello scorso marzo e si citano gli esiti dell’8 e 15 maggio. Si evidenzia, come riporta una nota di Cattolica, “la situazione di solvibilità indebolita del Gruppo, della Capogruppo e di talune controllate a seguito del deterioramento dei mercati finanziari conseguente alla diffusione della pandemia da COVID-19 che ha causato, come noto, l’allargamento degli spread (in particolare sui titoli italiani), l’ulteriore calo dei tassi risk free e un marcato calo dei mercati azionari”.

L’attenzione dell’Ivass si appunta soprattutto su due controllate Vita, BCC Vita e Vera Vita, che hanno presentato una stima di Solvency Ratio inferiore al minimo regolamentare e sul fatto che i Solvency Ratio del Gruppo, della Capogruppo e di altre due società controllate Danni, pur rimanendo sempre sopra i minimi regolamentari, hanno riportato dei valori al di sotto delle soglie interne di Risk Appetite Framework. Per questo la Vigilanza chiede interventi di patrimonializzazione per 500 milioni entro l’inizio di autunno da ottenere tramite l’uso integrale della delega proposta alla prossima assemblea dei soci convocata per il 26-27 giugno ed entro fine luglio la presentazione di un piano “che descriva le azioni intraprese con riferimento anche alle controllate, riguardanti in particolare il monitoraggio della posizione di solvibilità, di liquidità, oltre ad un’analisi della scelta dei limiti di Risk Appetite Framework”. Dulcis in fundo, dalll’Ivass arriva la richiesta di sospendere la corresponsione della componente variabile della remunerazione a favore degli esponenti aziendali.

La lettera è arrivata il 27 maggio e la sera del 31 maggio si è riunito il consiglio d’amministrazione che ha pure preso atto delle dimissioni, arrivate due giorni prima, di Alberto Minali, l’amministratore delegato cui erano state revocate le deleghe il 31 ottobre scorso. Minali ha peraltro notificato un atto di citazione con cui chiede 9,6 milioni di risarcimento, “pretese economiche – secondo il board – da ritenersi infondate e che saranno oggetto di adeguata risposta in sede difensiva”.

LE PAROLE DEL DG FERRARESI

In una missiva inviata ai dipendenti e riportata da Radiocor il direttore generale Carlo Ferraresi ha voluto rassicurare gli animi. “Il gruppo Cattolica è in grado di creare valore in modo sano e profittevole, mantiene dei robusti fondamentali, non ha mai avuto problemi di liquidità e lo stato attuale della Solvency non pregiudica la nostra capacità industriale”. E ancora: “Cattolica ha sempre perseguito la solidità patrimoniale della capogruppo e delle Società controllate: lo faremo anche nella circostanza attuale, intraprendendo con consapevolezza e serenità tutte le azioni che dovremo compiere per preservare il grande patrimonio che è la nostra azienda” la quale “ha mantenuto anche nei confronti del mercato il target al 2020 di un reddito operativo compreso tra i 350 e i 375 milioni di euro”. Peraltro, rileva il dg, il management “fin dall’inizio della crisi generata dal Covid-19 ha tenuto attentamente monitorato il tema della solvibilità e della liquidità del gruppo” e ha avuto “una interlocuzione costante e costruttiva con Ivass nell’interesse del mercato e dei nostri clienti”.

Per quanto riguarda la volatilità dei mercati, Ferraresi rileva che “la particolare esposizione del nostro gruppo nel ramo Vita e la mancata adozione del Modello di valutazione interno sulla Solvency, frutto di decisioni strategiche del passato, accrescono gli effetti negativi” e comunque “l’evoluzione della pandemia con il progressivo allentamento delle misure di lockdown e il contestuale esito favorevole delle negoziazioni a livello europeo, fino alla recente proposta sul Recovery Fund, hanno comportato un miglioramento delle variabili finanziarie più importanti, tanto che il nostro Solvency II ratio in questo momento si posiziona intorno al 130%” dopo essere scesa il 15 maggio intorno al 103%.

LA DEFENESTRAZIONE DELL’AD MINALI E IL CAOS AL VERTICE

Ricorda il Sole 24 Ore che nel 2014 Cattolica, costretta a un aumento di capitale, era stata aiutata da molti investitori istituzionali che avevano coperto circa il 75% dell’intervento: parliamo di Popolare di Vicenza, di alcune fondazioni e di “investitori di peso dell’area del Nord Est”.

Negli ultimi mesi però il contesto è cambiato e ai vertici del gruppo si è registrato un gran caos. Parliamo del ritiro delle deleghe all’ad Minali a causa probabilmente di un legame mal riuscito con il dominus di Cattolica, il presidente Paolo Bedoni, cui è seguito il deterioramento dei rapporti con Fondazione CariVerona, scesa all’1% del capitale, e con un altro azionista forte, la Berkshire Hathaway di Warren Buffett che aveva investito in Cattolica proprio grazie alla presenza di Minali il quale premeva, sembra, per una riforma della governance che portasse alla trasformazione da cooperativa a spa.

Al momento, secondo indiscrezioni riportate da Radiocor, Cattolica sarebbe pronta a procedere con un aumento di capitale da 50 milioni e se necessario a emettere subordinati per altri 50 milioni. Altri temi su cui il cda è chiamato a lavorare la partnership con Banco Bpm e l’intesa di bancassurance con Ubi Banca su cui entro fine giugno deve dire cosa intenda fare.

COSA SI DICE IN CATTOLICA

Intanto dagli ambienti del gruppo assicurativo trapela anche qualcosa di ufficioso. Secondo fonti vicine alla società sentite dall’Ansa in realtà Cattolica paga “un portafoglio vita molto importante, con una consistente presenza di titoli di Stato italiani, che risente del calo dei tassi risk free e il rialzo dello spread a cui ha contribuito un fattore esogeno come la pandemia di Covid-19”. Per il resto “va bene da un punto di vista operativo, è redditizia, sa creare valore per gli azionisti, come dimostrano gli obiettivi del piano industriale di un utile operativo di 350-375 milioni, confermati anche lo scorso 15 maggio in occasione della trimestrale, e gli 80 milioni di dividendo che aveva in programma di pagare quest’anno, prima di congelarli su invito dell’Ivass”. Allo stesso modo, sempre secondo le fonti riportate dall’Ansa, dal punto di vista patrimoniale “la compagnia non è diversa da quella che era lo scorso 31 dicembre scorso, quando poteva esibire un rassicurante solvency ratio di gruppo del 175%”.

Un elemento su cui riflettere, insistono, è la solvency penalizza tutte le assicurazioni italiane che, proprio come Cattolica, hanno come unica criticità quella di aver investito tanto in Btp”. Dunque “da questa vicenda potrebbe arrivare una lezione molto pericolosa” ovvero che “l’aver investito nei titoli di Stato del proprio Paese ha portato un regolatore a chiedere di fare un aumento di capitale molto ragguardevole, disincentivando, di fatto, le assicurazioni ad acquistare Btp”.

IL REPORT DI MEDIOBANCA

Mediobanca – che ha deciso di portare il giudizio ad underperform e di abbassare il prezzo obiettivo ben al di sotto dei corsi di Borsa – in un report diffuso ieri mette in fila quelli che, a parere della banca, dovrebbero essere gli interventi da compiere per ripristinare un adeguato livello di patrimonializzazione. Per Mediobanca l’intervento dovrà essere di almeno 350 milioni sul fronte dei mezzi freschi. Ai quali aggiungere però «bond Additional Tier 1». In che misura? Circa 200 milioni. In questo modo la Solvency salirebbe al 170%, ha sottolineato. Certo, sulla scelta finale peserà «l’andamento dei mercati nelle prossime settimane». In quest’ottica, gli analisti di Mediobanca sottolineano come la trasformazione in spa della compagnia veronese potrebbe agevolare il percorso di ricapitalizzazione, aggiunge oggi il Sole 24 Ore.

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