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Banca D'Italia

Sorpresona, Bankitalia denuncia la bomba dei titoli tossici nelle banche francesi e tedesche

Che cosa dice ora la Banca d'Italia sui titoli potenzialmente tossici nei portafogli delle banche francesi e tedesche. L'articolo di Fernando Soto e l'approfondimento del Sole 24 Ore 

Nei bilanci delle banche europee c’è una montagna di attivi e di passivi, pari a 6.800 miliardi di euro, con una caratteristica che non può non inquietare almeno un po’: l’opacità. A tanto ammontano infatti i cosiddetti titoli illiquidi, quelli nel gergo tecnico chiamati di «Livello 2 e 3» e nel linguaggio più popolare «titoli tossici». E sono presenti nelle banche francesi e tedesche.

E’ quanto scrive il Sole 24 Ore citando parole e report emersi nel corso di un convegno organizzato ieri dall’Università Cattolica con Crif e Credit Risk Club.

Titoli tossici, o potenzialmente tossici, secondo il dizionario diplomatico della Banca d’Italia, è la stessa Banca centrale governata da Ignazio Visco.

“Sebbene questo appellativo sia sbagliato per molti aspetti, nei bilanci delle banche europee c’è un gigantesco rischio potenziale e imponderabile: gli attivi e passivi illiquidi hanno un ammontare 12 volte superiore a quello dei crediti deteriorati e per il 75% sono concentrati in due soli Paesi. Cioè Germania e Francia”, ha scritto Morya Longo del quotidiano Il Sole 24 Ore dando conto del convegno: “Basterebbe che subissero una svalutazione del 5% per erodere mediamente il capitale delle banche più esposte di 330 punti base. Con punte di 1.500. Insomma: se accadesse, buona parte del cataclisma patrimoniale colpirebbe gli istituti di due soli Paesi. Quelli ritenuti più solidi…”.

Banca d’Italia, nel corso del convegno, ricordando questi dati emersi in un suo studio, ha sottolineato il peso degli attivi e passivi illiquidi: perché rappresentano un potenziale problema sul quale la Vigilanza europea deve alzare la guardia. “Possono non essere tossici – ha commenta Fabio Panetta, cicedirettore generale della Banca d’Italia e componente del Consiglio della Vigilanza Bce – ma producono potenzialmente rischi materiali”.

«La pericolosità è sconosciuta – gli ha fatto eco Rosario Roca, ispettore senior di Bankitalia, rimarca Il Sole  – ma verosimilmente non è distante da quella dei crediti in sofferenza».

Questo perché gli attivi di «Livello 2 e 3» sono tutti gli strumenti (spesso complessi e opachi) per i quali non esiste un mercato di riferimento che stabilisca un prezzo: non avendo un valore certo, dunque, le banche li iscrivono nel bilancio a un prezzo ricavato o dal confronto con titoli simili (nel caso del «Livello 2») oppure da complessi calcoli matematici (nel caso del «Livello 3»). Insomma: una montagna da 6.800 miliardi di euro è iscritta nei bilanci a valori opinabili. E non verificabili da parte della Vigilanza.

È stato Rosario Roca ad elencare i potenziali rischi, nell’approfondimento di Longo. Uno: il processo di valutazione da parte delle banche è discrezionale. «Gli istituti creditizi sono incentivati a usare la discrezione nel valutare questi attivi a proprio vantaggio». Due: «Le banche hanno l’interesse a classificare il più possibile gli strumenti al Livello 2 piuttosto che al Livello 3, per evitare una stigmatizzazione sul mercato». Questo perché quelli di Livello 3 sono ritenuti da mercato e agenzie di rating più “tossici”. Tre: per le banche è difficile fare corrette coperture dei rischi (hedging).

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