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Vi spiego meriti ed errori di Trump sul commercio internazionale. Parola dell’economista “papale” Sachs

L’articolo di Cristoforo Lascio Esperto mondiale di sviluppo sostenibile, economista alla Columbia University di New York, senior advisor alle Nazioni Unite, editorialista per il New York Times, Jeffrey Sachs ha tanti cappelli ma nel suo tour italiano di questa settimana ha vestito soprattutto i panni del “consigliere ombra” di Papa Francesco, con il quale ha…

Esperto mondiale di sviluppo sostenibile, economista alla Columbia University di New York, senior advisor alle Nazioni Unite, editorialista per il New York Times, Jeffrey Sachs ha tanti cappelli ma nel suo tour italiano di questa settimana ha vestito soprattutto i panni del “consigliere ombra” di Papa Francesco, con il quale ha collaborato alla stesura dell’enciclica Laudato si’ del maggio 2015. Non senza ricevere calorose attenzioni dagli industriali italiani. Per accorgersene, è sufficiente dare uno sguardo alla sua agenda di questi giorni.

Alla Pontificia Accademia delle Scienze della Santa Sede, infatti, Sachs ha presentato il World Happiness Report 2018 sponsorizzato fra l’altro dalla Fondazione Ernesto Illy del patron Riccardo Illy che in passato si disse pronto anche a correre per la presidenza di Viale dell’Astronomia. A poche ore di distanza, Sachs è stato poi la guest star del Cortile dei Gentili – il foro che riunisce credenti e non credenti fin dai tempi di Benedetto XVI – nel corso di un evento organizzato in collaborazione con la LUISS, l’ateneo vicino alla Confindustria, e con la partecipazione del cardinale Gianfranco Ravasi. Con l’occasione, l’economista americano, già in lizza per guidare la Banca mondiale, ha presentato anche il suo ultimo libro, “America 2030. Sviluppo, sostenibilità e la nuova economia dopo Trump”, pubblicato proprio dalla LUISS University Press, e di cui il confindustriale Sole 24 Ore ha pubblicato un’anticipazione.

LA TERZA VIA “SOCIALDEMOCRATICA” TRA USA E URSS

Come si intuisce anche dalle sue frequentazioni, Sachs è un personaggio eclettico: oscilla dall’aiuto allo sviluppo alla filosofia, dalla riflessione sull’etica alla consulenza, dalla politica economica alla politique politicienne. I suoi interventi di questi giorni hanno confermato una certa spregiudicatezza. Difficile definire altrimenti l’idea di Sachs di lodare – di fronte agli studenti LUISS e all’ex socialista Giuliano Amato – l’opzione “socialdemocratica”, unica terza via auspicabile fra quelli che l’economista americano ha definito i due modelli “estremi”: da una parte “il capitalismo puro, cui gli Stati Uniti si avvicinano”, dall’altra parte “la pianificazione totale che fu tentata nel suo massimo grado in Unione sovietica”. Come pure non esattamente istituzionali sono state le “scuse personali” che Sachs ha voluto portare al pubblico italiano per il semplice fatto che alla Casa Bianca sieda un presidente come Donald Trump.

LA TERZA VIA TRA GLOBALIZZAZIONE E DAZI

Snobismi intellettualistici a parte, cosa pensa davvero Sachs di Trump? Sicuramente osteggia le sue politiche. Eppure, a leggere il suo ultimo libro “America 2030”, si capisce che lo stesso Sachs condivide molte delle preoccupazioni trumpiane per gli effetti (negativi) del commercio internazionale sulla società americana. “La vittoria elettorale di Trump – scrive Sachs – è dovuta in parte all’aver intercettato i sentimenti anti-commercio, soprattutto nella Rust Belt del Midwest americano”. Sentimenti che l’economista della Columbia non si sente di condannare in toto: “Venticinque anni fa, ho sostenuto il NAFTA (l’accordo di libero scambio nordamericano, ndr) perché credevo che il Congresso e il presidente avrebbero fornito la compensazione necessaria ai lavoratori lasciati indietro. Il mio recente ripensamento sugli accordi commerciali – che ha condotto alla mia opposizione a TPP e TTIP – scaturisce dalla triste consapevolezza che né il Congresso guidato dai repubblicani né i leader del Partito democratico (Bill Clinton e Barack Obama) hanno fatto granché per garantire che i benefici degli scambi commerciali siano condivisi all’interno degli Stati Uniti. La politica americana tende a non compensare i perdenti, ma prova piuttosto a ignorarli”. Insomma, sui “forgotten men” americani, l’economista papale condivide la diagnosi trumpiana. È dalla prognosi dell’attuale Presidente che Sachs prende le distanze, dicendosi contrario alla politica dei dazi sulle importazioni, e proponendo invece una sorta di schema “assicurativo” per addolcire gli effetti del commercio internazionale. Simulazioni macroeconomiche alla mano, Sachs propone essenzialmente di utilizzare la leva fiscale del governo federale per togliere (un po’) ai vincitori americani degli scambi globali e per dare (un po’) ai perdenti dello stesso processo. Si può fare “principalmente tassando i profitti aziendali e redistribuendo i ricavi ai lavoratori attraverso trasferimenti sociali (come la Earned Income Tax Credit), programmi di formazione e altri programmi di supporto sociale”, conclude Sachs, sfoggiando stavolta un discreto pragmatismo.

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