skip to Main Content

Siria

Siria, tutti gli errori di Usa e Russia

Ieri un attacco aereo con armi chimiche ha colpito, in Siria, una zona controllata dai ribelli. Una guerra atroce e disumana che l’Occidente ha ignorato   In Siria c’è stato un attacco aereo con armi chimiche, che ha colpito una zona controllata dai ribelli ostili al regime di Bashar al Assad. Secondo le ultime cifre…

Ieri un attacco aereo con armi chimiche ha colpito, in Siria, una zona controllata dai ribelli. Una guerra atroce e disumana che l’Occidente ha ignorato

 

In Siria c’è stato un attacco aereo con armi chimiche, che ha colpito una zona controllata dai ribelli ostili al regime di Bashar al Assad. Secondo le ultime cifre ci sono un centinaio di morti e tra i 400 e i 500 feriti, alcuni molto gravi.

Non ci sono prove che dimostrino che a perpetrare questo crimine di guerra sia stato il regime siriano, ma nei fatti nessuna fazione ribelle possiede un solo aereo. L’esercito di Assad, dal canto suo, però si affanna a smentire e a protestare.

Quello chimico è solo una delle ultime atrocità che sta subendo il territorio siriano, oramai in ginocchio e con un futuro incerto. Ci sarà nuovamente un futuro per la Siria? Ci sarà mai una ricostruzione? Difficile rispondere ora a queste domande, quel che è certo è che in 6 anni, l’economia è distrutta. E che in tutto questo sono pesati gli errori di Occidente e Russia. Ma partiamo dall’inizio.

La guerra in Siria. Tutte le forze in gioco

Sono oramai sei anni che la Siria è teatro di guerra e atrocità. Difficile (impossibile, direi) trovare un accordo di pace, tanti sono gli interessi in gioco. Meglio, tanti sono gli attori del conflitto siriano.

A darsi battaglia sono le milizie filo governative del presidente Bashar al Assad, che vuole continuare a controllare il paese, contro un esercito di ribelli, un piccolo esercito prima raccolto sotto la sigla ‘Fsa’, Free Sirian Army, ma che oggi è variegato e poco organizzato. Obiettivo dei ribelli è quello di rovesciare il Presidente, Assad appunto. Non solo: ad entrare in gioco in questo difficile conflitto ci sono anche i curdi-siriani, che operano al confine con la Turchia e che chiedono la nascita di un loro stato autonomo.

Ci sono, poi, i gruppi jihadisti, ovvero i fondamentalisti islamici: il gruppo al-Nusra, attivo in Siria dal 2012 con l’obiettivo della creazione di uno Stato islamico, e l’Isis, che nasce dalle ceneri di Al-Qaeda in Iraq e che il 29 giugno 2014, ha proclamato la creazione di un Califfato, cioè di un suo ‘stato’ dove regna la legge islamica, che ha la sua base nella città siriana di Raqqa, in Siria.

I primi segnali di una guerra civili arrivarono il 26 gennaio 2011, quando alcuni gruppi di manifestanti con intenzioni pacifiche vennero bloccati a Damasco dal regime di Assad. Le manifestazioni si moltiplicarono e con loro anche le repressioni da parte del governo Siriano. In una di queste repressioni, però, perse la vita Hamza Ali al Khateeb, un ragazzo di soli 13 anni. Era stato torturato e mutilato dai militari siriani.

Nonostante il regime di Assad si diceva estraneo all’accaduto (con l’intento di tenere buoni anche i diversi fronti internazionali, America per prima), i ribelli continuarono a manifestare. Continuavano anche le violenze. E le morti.

Assad sosteneva che tutto questo era causato non dall’esercito di regime, ma dai jihadisti di al Qaeda. La guerra interna, però, mieteva ancora vittime: si trattava di una guerra civile tra i ribelli e le forze del presidente.

SiriaIl clima teso della guerra civile favorisce la crescita e il consolidarsi dell’Isis, che porterà nuovo orrore in Siria. Prima dell’apparizione del califfato a combattere contro Assad era anche il gruppo jihadista al-Nusra, affiliato ad al-Qaeda.

L’Isis in Siria, nasce invece dalle ceneri di al-Qaeda in Iraq, quando Abu Bakr al-Baghdadi, leader di al-Qaeda in Iraq, manda Muhammad al Julani in Siria per organizzare le cellule jihadiste esistenti (il fronte al-Nusra). Nasce un esercito che aveva armi e denaro e che realmente avrebbe potuto dar filo da torcere al governo di Damasco.

Baghdadi, però, non si accontenta di organizzare e finanziare il gruppo jihadista. Vuole di più: vuol esser riconosciuto come capo supremo dei movimenti jihadisti. Ne nasce una lotta interna che porta alla nascita, a giugno 2014, di un nuovo Califatto (l’Isis). I piani di Baghdadi, nonostante le guerre interne (violenti) con il fronte al-Nusra, non cambiavano: costruire uno stato islamico e mandare via Assad.

L’attacco chimico

Gli atti della guerra civile in corso in Siria sono davvero numerosi. L‘ultima atrocità di questa grande e confusa guerra interna è l’attacco chimico contro Khan Sheikhun, città nella provincia nord-occidentale di Idlib, sotto il controllo dei ribelli. L’atroce attacco, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ha fatto almeno 72 morti, tra i quali almeno venti bambini e diciassette donne.

Le posizioni internazionali. E gli errori

Barack Obama ha sempre voluto la rimozione di Assad, ma non ha mai fatto nulla per portare avanti alcuna strategia che potesse metter fine a tutto questo.

obamaLa domanda sul cosa fare ha certamente scosso il Presidente americano e molti membri dell’amministrazione Usa. L’invasione, (forse) unica mossa che avrebbe riportato un ordine nel Paese, non era un’idea che Obama avrebbe mai preso in considerazione.

A favorire questo atteggiamento di “non intervento” è anche la posizione della Russia, il cui confine meridionale dista solo cinquecento miglia dalla Siria, alleata da decenni di Damasco, per ragioni geopolitiche (come lo sbocco al porto di Tartus nel mar Mediterraneo per la flotta russa) ed economiche. La Siria, ricordiamo, è da sempre uno dei clienti migliori della Russia in tema di equipaggiamenti militari.

Anche l’Iran ha fatto la sua parte di in questa guerra. L’Iran e la Siria hanno stabilito un rapporto amichevole poco dopo la rivoluzione iraniana. Negli ultimi 15 anni Teheran è stato fornitore di equipaggiamenti militari e sostenitore finanziario. È grazie all’Iran che Assad ha sempre trovato il denaro per comprare armi dalla Russia.

Un’economia distrutta

I sei anni di guerra hanno distrutto tutto quello che il Paese, con fatica, aveva costruito. Nonostante un clima arido poco favorevole e la povertà del sottosuolo, la Siria vantava comunque una buona economia, in cui estrazioni, agricoltura e industria manufatturiera hanno sempre giocato un ruolo di primo piano.

Il settore primario, in cui operava i 30% della popolazione attiva, produceva il 23% del Pil, ma era il petrolio a farla da padrone.

Scoperto negli anni ’50, il greggio ha iniziato a contribuire in modo importante all’economia del Paese solo a parire dal 1968. La produzione è poi aumentata negli anni ’80, anche se si tratta di numeri piccoli rispetto ai grandi produttori mediorientali.

Prima della guerra il greggio e i prodotti petroliferi rappresentavano più del 70% delle esportazioni. Ad oggi, alcuni pozzi, sono chiusi.

Ma la Siria poteva anche contare su un discreto turismo. Prima delle atrocità era un’attività in fase di espansione (per avere un’idea, nel 2003 si contavano 2,8 milioni di visitatori), grazie a attrattive paesaggistiche ed ad un patrimonio archeologico e culturale di tutto rispetto.

Back To Top