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Che cosa cambierà per Popolare Sondrio e Popolare Bari dopo la sentenza della Consulta

Tutti i dettagli sulla sentenza della Corte costituzionale sul decreto Banche Popolari del governo Renzi e gli effetti per i due istituti interessati ancora alla trasformazione in spa ossia Banca Popolare di Bari e Popolare di Sondrio. La riforma delle banche popolari voluta dal governo Renzi-Boschi passa indenne dalla Corte Costituzionale, che rispedisce al mittente…

La riforma delle banche popolari voluta dal governo Renzi-Boschi passa indenne dalla Corte Costituzionale, che rispedisce al mittente come “infondate” le questioni sollevate dai ricorrenti e, soprattutto, lascia intatta la facoltà degli istituti di credito di limitare il rimborso ai soci che decidano di restituire le azioni: nessuna lesione al diritto di proprietà, ha stabilito la Consulta. Vediamo fatti, commenti, reazioni e scenari della sentenza dei giudici costituzionali sulla controversa riforma renziana.

IL COMMENTO DI CAPEZZONE

Pochissime le reazioni politiche. Spicca quella dell’ex presidente della Commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone: ‪”Decisione della Consulta sulle banche popolari è incredibile. Dire che c’era necessità e urgenza, rigettare le questioni, mostra che la CorteCostituzionale giudica secondo politica e opportunità politica, altro che diritto…‬”, ha scritto Capezzone su Facebook.

L’ITER

Alla Corte costituzionale la questione era arrivata attraverso il Consiglio di Stato, che ora, dopo che sarà depositata la sentenza, dovrà riaprire il procedimento che aveva sospeso in attesa di questa decisione. Le banche che nel frattempo avevano bloccato la trasformazione in spa (società per azioni), Popolare Sondrio e Popolare di Bari, ora potranno indire le assemblee e aprire l’iter.

LA RIFORMA

Un iter previsto proprio dalla riforma varata nel 2015, con un decreto legge che ha imposto alle banche popolari con attivo sopra gli 8 miliardi di trasformarsi in Spa. I ricorsi alla base della causa finita di fronte ai giudici costituzionali sono stati promossi da gruppi di soci, appoggiati anche da alcune associazioni di consumatori, che ipotizzavano una serie di violazioni. Innanzitutto l’assenza dei requisiti di necessità e urgenza da parte del governo per procedere con decreto legge.

OK GOVERNO E BANKITALIA

I magistrati martedì hanno stabilito che governo e Banca d’Italia non hanno travalicato le loro facoltà normative: anche a dispetto del Consiglio di Stato, che aveva accolto parzialmente alcune istanze dei soci popolari. “Le questioni di costituzionalità sollevate dal Consiglio di Stato sono state ritenute infondate”, riporta una nota, che preannuncia la sentenza nei tempi tecnici di 45-60 giorni -. La Corte ha anzitutto confermato che sussistevano i presupposti di necessità e urgenza per il decreto legge. Inoltre, la normativa impugnata – che in attuazione di quella europea sui requisiti prudenziali prevede la possibilità di introdurre limitazioni al rimborso in caso di recesso del socio – non lede il diritto di proprietà. “Quanto ai poteri normativi affidati alla Banca d’Italia, essi rientrano nei limiti di quanto consentito dalla Costituzione”.

QUESTIONE DECRETAZIONE DI URGENZA

Le critiche alla decretazione urgente, per aggirare un Parlamento sempre infido per i governi che da 30 anni cercavano di riformare il credito mutualistico retto dal principio “ una testa, un voto”, erano già state respinte dalla Consulta a fine 2016, nel ricorso della Regione Lombardia. Quanto alle limitazioni del recesso, i giudici sembrano aver preso atto che le chiedono ormai le direttive europee Crd4 e Crr, a tutela del patrimonio degli istituti e di quanti vi depositano il risparmio. Riabilitata anche Via Nazionale, che due anni fa inviò alle vigilate disposizioni attuative apodittiche: al punto che il Consiglio di Stato ha parlato di “delegificazione in bianco”.

IL NODO DEL DIRITTO DI RECESSO

Il vero nodo, però, stava nel diritto di recesso. I soci sostenevano che il diritto a vedersi rimborsata la quota societaria in caso di uscita dall’azionariato non può essere compresso e procrastinato dalla banca fino ad azzerarlo. Per questo avevano impugnato sia alcune norme della riforma sia alcune disposizioni della circolare applicativa della Banca d’Italia, ritenendo illegittimo che su questo fronte si potesse agire «in deroga a norme di legge». Anche qui, però, la Consulta ha ritenuto “solida” la normativa che, in attuazione di quella europea sui requisiti prudenziali, consente alle banche di introdurre limitazioni al rimborso in caso di recesso del socio: la disposizione, affermano i giudici costituzionali, non lede il diritto di proprietà. E anche i poteri normativi affidati alla Banca d’Italia, rientrano nei limiti consentiti da Costituzione.

GLI EFFETTI DELLA SENTENZA

La sentenza della Corte riapre di fatto la porta alla trasformazione in Spa delle ultime due banche che ancora mancavano all’appello, ovvero Banca Popolare di Sondrio e Banca Popolare di Bari. I due istituti di credito ora dovranno adeguarsi in tempi stretti alle indicazioni della Corte, non appena saranno recepite dal Consiglio di Stato. Per Sondrio e Bari si riparte da dove ci si era fermate, ovvero da quel 27 dicembre 2016, data a partire dalla quale erano state congelate le assemblee di trasformazione previste entro la fine 2016. Stop che era arrivato per decisione del Consiglio di Stato, che aveva rimandato la decisione alla Consulta.

LA SITUAZIONE ALLA POPOLARE DI BARI

Vediamo ora nel dettaglio gli scenari per i due istituti di credito. La Popolare di Bari concentrava le attenzioni in particolare sul tema del diritto di recesso. “La banca è infatti alle prese con le richieste pressanti di diversi soci desiderosi di uscire dal capitale, ed è chiaro che un ok in tal senso avrebbe messo a repentaglio la solidità dell’istituto”, scrive il Sole 24 Ore. La banca pugliese ha accolto «con favore» la decisione della Consulta che «consente di programmare con serenità e consapevolezza il futuro percorso di allineamento» alle altre ex popolari. Gli osservatori ora si attendono che si ripartano le procedure anche formali per macchina trasformazione. Il passaggio alla società per azioni peraltro sarebbe funzionale all’ingresso di nuovi azionisti nel capitale, fa notare il Sole 24 Ore.

LO SCENARIO PER LA POPOLARE DI SONDRIO

Per Sondrio, invece, il tema di rilievo era quello della trasformazione in Spa “tout court”, che renderebbe la banca più contendibile: “Sondrio mastica amaro – ha commentato Repubblica – la conversione rischia di consegnare la popolare più solida d’Italia in mano al fondo anglosassone Amber, ormai primo peso col 6%. Ma i soci storici e il management, poco inclini a tale ipotesi, potrebbero attendere il CdS per puntare su una holding locale”. Non a caso la banca ha lavorato in questi mesi a una soluzione di compromesso che prevedeva lo scorporo delle attività bancarie in una Spa e, a monte, il mantenimento di una holding a forma cooperativa così da garantire il radicamento della banca sul territorio. “Lo schema holding era stato bocciato espressamente da Bankitalia. Ma, d’altra parte, aveva trovato il placet del Consiglio di Stato, sulla base del ricorso sollevato dal socio delle popolari Piero Lonardi, difeso dall’avvocato Maurizio Allegro Pontani”, scrive il Sole. Sul tema la Corte non si è espressa in maniera formale, e dunque servirà attendere la sentenza definitiva del Consiglio di Stato. Certo è che il sentiero verso la holding per Sondrio è particolarmente stretto, anche perchè nel caso ci sarebbe da convincere la Bce.

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