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Covid Germania

Chi sbuffa tra manager e imprenditori in Germania per la linea più filo-Spd del futuro governo Merkel

Come procede in Germania la formazione del nuovo governo di Grande coalizione fra tensioni nella Cdu, interrogativi del mondo imprenditoriale per la linea più socialdemocratica del futuro esecutivo e le mosse di Merkel. L’approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino Le turbolenze che accompagnano la faticosa nascita del nuovo governo tedesco non scuotono solo la leadership…

Le turbolenze che accompagnano la faticosa nascita del nuovo governo tedesco non scuotono solo la leadership dell’Spd ma fanno sobbalzare anche Angela Merkel. Se tra i socialdemocratici regna il caos, con Martin Schulz ormai giubilato da tutto e la successione di Andrea Nahles contrastata da molti, nel partito della cancelliera si moltiplicano le voci critiche e c’è chi apre il dibattito sul suo futuro politico. Non è ancora un ammutinamento, dalla pancia della Cdu non le arrivano richieste a farsi subito da parte, ma la discussione sul partito dopo Merkel è ormai avviata. Fino a qualche mese fa, sarebbe stato impensabile.

Non è un caso che gli attacchi più espliciti le siano arrivati dalla componente del partito più legata al mondo imprenditoriale, la cosiddetta ala economica. Lo spunto per l’eruzione del malcontento è il risultato delle trattative per la nuova Grosse Koalition: il programma di governo, nel quale i critici della Cdu vedono una prevalenza delle tesi socialdemocratiche, e la divisione dei ministeri, anche questa sbilanciata a favore dell’Spd. A far male è in particolare il passaggio del fondamentale dicastero delle Finanze dalla Cdu all’Spd, che farebbe presagire l’archiviazione dell’era Schäuble e il ritorno a gestioni meno rigorose e poco attente agli equilibri di bilancio. Con tutto quel che ne consegue anche sul piano delle politiche europee.

La prima bordata è arrivata venerdì scorso da Friedrich Merz che, dopo la caduta di Helmut Kohl, rappresentò a lungo il contraltare liberal-conservatore ad Angela Merkel prima di prendersi una pausa dalla politica per divergenze con la cancelliera. Riferendosi alla perdita del ministero delle Finanze, Merz ha detto alla Bild: “Se la Cdu accetta anche questa umiliazione, allora ha mollato da sola”. La sua voce trova sempre un’eco attenta nell’ala economica del partito, specie da quando nel 2014 ha riassunto un ruolo, seppur di secondo piano, all’interno della Cdu. Il secondo attacco è arrivato sabato, il giorno dopo. Jeans Spahn, l’astro nascente della componente conservatrice e sottosegretario uscente proprio alle Finanze, ha definito in un’intervista all’austriaca Die Presse “un colpo duro e doloroso” la perdita del ministero, aggiungendo che “il prezzo pagato per far nascere il nuovo governo è stato molto alto”. Riferendosi ai riflessi che la gestione socialdemocratica delle Finanze potrà avere sulle politiche in Europa, Spahn ha toccato un tasto sensibile per l’elettorato conservatore deluso da Merkel: “Non vorrei che dalle parti di Alexis Tsipras si stappasse lo spumante nella convinzione che con un ministro dell’Spd si faranno di nuovo più debiti e meno riforme”. E riguardo alla successione alla guida del partito è stato esplicito: “quando sarà il momento” ci sarà una competizione, “non siamo in una monarchia, nella quale il leader decide anche il suo successore”.

La protesta degli esponenti conservatori riflette lo scetticismo del mondo imprenditoriale che, dopo aver sperato in un governo che coinvolgesse i liberali, teme ora di non trovare rappresentanza in un esecutivo a trazione socialdemocratica. Lo testimoniano le posizioni assunte dai giornali economici, Handelsblatt e WirtschaftsWoche in particolare, estremamente critiche nei confronti del programma della Grosse Koalition e per nulla appagate dalle promesse di investimenti nell’infrastruttura digitale e nell’innovazione. Il quotidiano di Düsseldorf arriva oggi ad auspicare un governo di minoranza di Merkel, piuttosto che una grande alleanza con l’Spd di Nahles, mentre gli unici giudizi positivi sul programma economico della Grosse Koalition siano giunti da un’economista come Marcel Fratzscher, il presidente dell’istituto economico berlinese Diw, da tempo critico con le politiche di austerity di Wolfgang Schäuble.

Il tentativo della cancelliera poi di contrabbandare come una vittoria la riconquista del meno pesante ministero dell’Economia è giudicata con disincanto dagli stessi industriali. “Purtroppo questo ministero ha ceduto competenze importanti, perdendo influenza e riducendosi spesso a un dicastero di pura rappresentanza”, ha dichiarato Jürgen Heraeus, Ceo dell’omonima impresa tecnologica che è anche la più grande impresa familiare tedesca e che co-organizzò per la cancelliera l’incontro dei rappresentanti mondiali dell’economia per il G20. Qualche speranza in più la esprime il neo presidente della Federazione per il commercio estero (Bga) Holger Bingmann, che auspica “una Cdu che usi il ministero come una leva normativa per fissare le condizioni entro cui gli imprenditori possano agire con successo”. Mentre il presidente delle imprese familiari (tradizionale bacino elettorale della Cdu), sprona il futuro ministro cristiano-democratico all’Economia “a varare le tanto annunciate e mai applicate misure liberali nel campo delle energie rinnovabili, smantellando le sovvenzioni pubbliche e alleviando i costi per i consumatori”.

La cancelliera non può sottovalutare i risentimenti del mondo imprenditoriale, tanto più che essi arrivano in una fase economica ancora positiva, con il Pil stimato in crescita al 2,2% sia per l’anno appena concluso che per il 2018, con un mercato del lavoro sempre stabile e la fiducia delle imprese registrata dall’indice Ifo a livelli record (a gennaio 117,6 punti, +0,4 rispetto a dicembre). E sul piano politico, la vera sfida alla sua leadership arriverà dal fianco liberal-conservatore del suo partito.

Per disinnescare gli attacchi Merkel ha da un lato ribadito la volontà di portare a termine i quattro anni alla guida del paese mantenendo anche la leadership della Cdu, due cariche che a suo avviso non vanno disgiunte, dall’altro ha annunciato un ringiovanimento della squadra dei ministri cristiano-democratici nel prossimo governo e dello staff che l’affiancherà alla guida del partito. Ha mostrato comprensione per l’amarezza dovuta alla perdita delle Finanze ma ha ribadito che l’alternativa sarebbe stata il fallimento dei negoziati, opzione irresponsabile per un partito serio come la Cdu. Insomma Merkel ha ancora una volta motivato le sue scelte politiche con la constatazione di essersi trovata su una strada obbligata, priva di alternative. Alternativlos, un marchio di fabbrica.

La svolta giovanile della Cdu è demandata al congresso fra due settimane. E sulla stampa già si sprecano i nomi di chi sarà chiamato a simboleggiare il rinnovamento del partito: oltre al quotato Jens Spahn (37 anni) c’è la fedelissima della cancelliera Julia Klöckner (45, che però ha perduto due elezioni consecutive in Renania-Palatinato), il presidente dello Schleswig-Holstein Daniel Günther (44), l’attuale sottosegretaria alla cancelleria Helge Braun (45), i conservatori dei Länder orientali Michael Kretschmer (42) e Mike Mohring (46), il rappresentante dei piccoli e medi imprenditori della Cdu Carsten Linnemann (40) e naturalmente il leader dei giovani Paul Ziemiak (32). A questi va aggiunto un nome non più giovanissimo, Annegret Kramp-Karrenbauer (55), la presidente del piccolo Saarland, su cui la stessa Merkel punterebbe per una futura candidatura alla cancelleria.

Nel frattempo si susseguono le riunioni locali nelle sezioni dell’Spd, dove si dibatte fra gli iscritti in vista del referendum che deciderà le sorti della prossima Grosse Koalition. Il confronto avviene nel bel mezzo del terremoto politico che sta rivoluzionando il vertice del partito. Martin Schulz ha concluso la sua rapida parabola nella politica interna rinunciando sia alla guida dell’Spd che al ministero degli Esteri. Ma il passaggio di testimone ad Andrea Nahles potrebbe essere a tempo.

L’instabilità apertasi in Germania con il voto dello scorso settembre non si concluderà dunque con la nascita del nuovo governo, sempre ammesso che gli iscritti Spd votino a favore: i sondaggi sono al momento ottimistici. Quelli sulle intenzioni di voto, invece, segnalano un ulteriore calo di consensi per la Grosse Koalition. L’ultimo, realizzato dall’Insa per la Bild, indica Cdu-Csu al 29,5%, sotto la soglia psicologica del 30, e l’Spd al 16,5, appena un punto e mezzo sopra la destra di Afd. E crescono tutti altri partiti minori: Verdi 13%, Linke 11,5, Fdp 10,5. La Germania scivola verso un sistema sempre più frastagliato, con un solo partito di massa (in calo) e tanti partiti di media stazza. Motivo in più per la cancelliera di riprendere le redini del governo e mettersi al lavoro.

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