skip to Main Content

Corte Ue Apple Irlanda

Paradise Paper: cosa si sa sul caso Apple

Anche Apple coinvolta nello scandalo Paradise Paper, ma l’azienda sostiene di essere il più grande contribuente al mondo   Anche Apple coinvolta nello scandalo Paradise Paper. Gli oltre 13 milioni i document sottratti a due società finanziarie e finiti nelle mani dei giornalisti della testata tedesca Süddeutsche Zeitung, che li ha a sua volta messi…

Anche Apple coinvolta nello scandalo Paradise Paper, ma l’azienda sostiene di essere il più grande contribuente al mondo

 

Anche Apple coinvolta nello scandalo Paradise Paper. Gli oltre 13 milioni i document sottratti a due società finanziarie e finiti nelle mani dei giornalisti della testata tedesca Süddeutsche Zeitung, che li ha a sua volta messi a disposizione dell’International Consortium of Investigative Journalists (Icij), e che descrivono le attività off-shore di, persone famose come la regina Elisabetta II e Bono Vox, incrimano anche Cupertino.

La Mela Morsicata, secondo quanto si apprende dai Paradise Paper, “avrebbe creato una struttura segreta per evadere miliardi in tasse cercando un nuovo paradiso fiscale”, dopo l’avvio delle indagini della Commissione Europea sull’evasione fiscale nel Vecchio Continente. Il baricentro fiscale di Apple, a partire dal 2013, si sarebbe spostato (gradualmente) a Jersey, la piccola isola del Canale della Manica, dove l’imposta sui profitti delle società è zero. In particolare, Apple avrebbe accumulato più di 128 miliardi di dollari di profitti offshore, che non sono tassati dagli Stati Uniti o da altri Paesi. Secondo il New York Times, uno dei quotidiani che starebbe spulciando e comunicando il contenuto dei Paradise Paper, strategie come quella scelta da Apple costano ai governi a livello mondiale circa 240 miliardi di dollari di entrate perse ogni anno, in base ai dati dell’Ocse.

Nelle scorse ore è arrivata l’ammissione anche da parte della società di Cupertino, che in una nota, ha spiegato che la struttura di Jersey sarebbe nata con l’unico obiettivo “di assicurare che gli obblighi e i pagamenti fiscali negli Stati Uniti non venissero ridotti”.

Apple, come viene spiegato nella nota, per politica interna darebbe priorità al principio secondo il quale “i profitti di un’azienda sono tassati in base a dove il valore è creato”. “La maggior parte del valore dei prodotti Apple viene creata negli Stati Uniti, dove vengono realizzati progetti, sviluppo, ingegneria”, dunque, la maggior parte dei tributi dovrebbe andare agli Usa. Cupertino ci tiene a ricordare anche che, dopo il trasferimento a Jersey, avrebbe comunque versato “miliardi di dollari di imposta statunitense sui redditi da investimento di questa controllata” e che “non c’è stato alcun beneficio fiscale per Apple da questa modifica e, soprattutto, questo non ha ridotto i pagamenti fiscali o le imposte di Apple in nessun Paese”.

Il dibattito sulle tasse di Apple non si riferisce a quanto dobbiamo pagare, ma dove dobbiamo farlo”, ha poi continuato l’azienda, che sostiene di essere “il più grande contribuente al mondo”. “Abbiamo pagato più di 35 miliardi di dollari di imposte sul reddito aziendale negli ultimi tre anni, oltre a miliardi di dollari in più di tassa immobiliare, imposta sul reddito, imposta sul reddito e iva”, si legge nella nota.

Dichiarazioni a parte, certo è che questa rivelazione stupisce. Proprio nel 2013, infatti, Tim Cook, affermava: “Noi paghiamo tutte le tasse, ogni singolo dollaro. Non dipendiamo da marchingegni fiscali, non accumuliamo denaro in qualche isola del Caraibi”. La contraddizione porterà ad un danno di immagine? Difficile dirlo ora, ma lo scandalo non dovrebbe influenzare così tanto le vendite.

Back To Top