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Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Carige. Ecco l’impatto dell’addendum Bce sugli Npl

Potranno costare fino a 4,5 miliardi di euro alle maggiori banche italiane le nuove regole della Bce sugli Npl. E’ la stima che arriva dal centro studi Prometeia dopo la decisione della Vigilanza Bce ufficializzata ieri. Vediamo ora che cosa è stato stabilito, la tempistica della nuova regolamentazione e l’impatto per i principali istituti di…

Potranno costare fino a 4,5 miliardi di euro alle maggiori banche italiane le nuove regole della Bce sugli Npl. E’ la stima che arriva dal centro studi Prometeia dopo la decisione della Vigilanza Bce ufficializzata ieri. Vediamo ora che cosa è stato stabilito, la tempistica della nuova regolamentazione e l’impatto per i principali istituti di credito italiani.

LA DECISIONE

Dopo mesi di braccio di ferro con banche e Stati, per l’Istituto centrale con sede Francoforte il dado è tratto. Nel suo Addendum alle Linee guida sugli Npl la Vigilanza si aspetta che le banche svalutino integralmente i crediti deteriorati entro due anni se non garantiti, entro sette se con garanzie. Tempi più stretti di quelli della Commissione europea (due e 8 anni) anche se non vincolanti. All’Italia viene riconosciuto lo sforzo più importante (-25%) fra i membri dell’Eurozona l’anno scorso di calo dei crediti deteriorati.

I DETTAGLI

Francoforte ha chiarito che l’addendum è “non vincolante”, che stabilisce “aspettative” e che la Vigilanza decidera’ “caso per caso” se gli accantonamenti prudenziali saranno adeguati. E la decisione arriverà solo nel 2021, fra tre anni, con il Supervisory Review and Evaluation Process (Srep). Le banche strappano inoltre più gradualità: hanno tre anni (da quando un prestito è classificato come Npl) per arrivare al 40% di copertura minima degli Npl non garantiti.

LE NOVITA’

Francoforte terrà conto, poi, di situazioni specifiche: per le “inadempienze probabili”, uno dei timori principali dell’Italia, guarderà alla capacità della banca di ottenere rimborsi regolari di una parte significativa dell’esposizione. Anche per questo diversi report (da Credit Suisse ad Abn Amro fino a Fidentis), parlano di misure più morbide del previsto per le banche, specie quelle del nostro paese che in Borsa non hanno avuto grandi movimenti.

IL PROBLEMA ITALIANO

Resta, per le banche italiane, il problema dei tempi della giustizia per il recupero dei crediti: in assenza di procedure più veloci, avvertono gli analisti, le nuove regole incideranno sia sulla disponibilità dei prestiti alle imprese che sui tassi praticati. Si spera che da qui al 2010, quando il meccanismo andrà a regime, i tribunali abbiano ridotto i loro tempi allineandoli maggiormente a quelli europei. La Bce – come era chiaro dagli inizi – non rinuncia alla sua prerogativa di dare agli accantonamenti prudenziali delle banche ‘significative’ (quelle da lei vigilate) una stretta che va ad aggiungersi a quella annunciata ieri dalla Commissione Ue: valida, quest’ultima, per tutte le banche dell’Unione, ma applicata ai soli nuovi prestiti (non a quelli esistenti) che diverranno Npl.

LA STIMA DI PROMETEIA

Secondo le simulazioni sviluppate da Prometeia per il Sole 24Ore, le prime nove banche commerciali italiane – quelle interessate dalla misura Bce come in primis Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Ubi ecc -, dovranno prevedere nel complesso coperture aggiuntive sui crediti comprese tra i 3 e 4,5 miliardi. Solo lo scorso ottobre, alla luce della prima bozza dell’addendum, la stima di extra-coperture rispetto a quelle che di norma le banche farebbero si aggirava a poco più del doppio. Il dato delle maggiori coperture va inteso a regime, cioè al termine dei sette anni previsti come orizzonte per la svalutazione totale dei crediti garantiti, oltre ai due anni per quelli non garantiti. Una forchetta, questa, che è frutto delle ipotesi sui tempi massimi di chiusura delle pratiche di recupero dei crediti garantiti (ovvero 8 anni nel caso più favorevole e 10 anni in quello peggiore), specifica il Sole 24 Ore. Tradotto in termini di assorbimento di capitale, significa che le stime dell’impatto del calendar provisioning si dovrebbero attestare tra i 15 e 30 punti base in termini di Cet 1 ratio, ovvero il rapporto tra il patrimonio di migliore qualità e gli attivi ponderati per il rischio. “L’impatto si prospetta dunque più che gestibile da parte degli istituti italiani, il cui Cet1 ratio a fine settembre si attestava al 13,6%, in rialzo dal 12,6% rispetto a un anno prima.
Da allora tuttavia le banche hanno fatto diversi passi in avanti”, scrive il Sole.

IL COMMENTO

«Se l’impatto è più basso del precedente, è perché i tassi di copertura sui crediti nel frattempo sono cresciuti e le banche hanno fatto di più per pulire i bilanci, anche sulla spinta dell’introduzione del nuovo principio contabile Ifrs9 – ha detto al Sole Giuseppe Lusignani, vicepresidente della società di consulenza – Il generale consolidamento dello scenario economico riduce la possibilità di generare nuovo credito deteriorato». Secondo i dati Bankitalia, il flusso di nuovi Npl, in calo dal 2014, è al 2% del totale dei prestiti, sotto la media pre-crisi. E con meno prestiti che rischiano di passare a deteriorati, di fatto, si riduce anche la necessità di extra-accantonamenti. Ancora più trascurabile poi l’effetto delle misure proposte dalla Commissione Ue, che prevedono svalutazioni complete dopo 8 anni sugli Npl garantiti nati da futuri erogazioni, e dopo due anni per quelli garantiti. Le stime di Prometeia, in questo caso, prevedono rettifiche aggiuntive e complessive, a regime, tra i 300 e i 600 milioni.

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