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Svizzera Fintech

Fintech, come la Svizzera agevola la tecnofinanza

Dal primo agosto entreranno in vigore le modifiche al testo bancario volute dal governo elvetico per facilitare il Fintech. Previste agevolazioni per la tecnofinanza   Un’altro pezzo di Europa, seppur solo continentale e non politica, abbraccia la causa del Fintech. Della sua regolamentazione soprattutto. Succede nella Svizzera dei conti offshore e dell’ormai ex segreto bancario.…

Dal primo agosto entreranno in vigore le modifiche al testo bancario volute dal governo elvetico per facilitare il Fintech. Previste agevolazioni per la tecnofinanza

 

Un’altro pezzo di Europa, seppur solo continentale e non politica, abbraccia la causa del Fintech. Della sua regolamentazione soprattutto. Succede nella Svizzera dei conti offshore e dell’ormai ex segreto bancario. Il segnale che arriva da Berna è piuttosto chiaro. Per il Fintech è l’ora delle regole.

La mossa Svizzera

Il Consiglio federale elvetico ha infatti deciso che a partire dal prossimo mese di agosto verrà modificata l’Ordinanza sulle banche (Obcr), il testo unico bancario svizzero. Le modifiche entreranno in vigore il prossimo primo agosto.  Gli adeguamenti previsti dal governo Svizzero mirano a disciplinare in modo appropriato le imprese attive nel Fintech che offrono servizi al di fuori dell’attività bancaria tipica. Tra le agevolazioni previste nella modifica, vi è la creazione di uno spazio per l’innovazione, l’accettazione di depositi del pubblico fino a un milione di franchi che dovrà essere considerata a titolo non professionale e quindi resa possibile senza autorizzazione. La novità permette inoltre alle imprese di sperimentare un modello aziendale prima di dover chiedere un’autorizzazione.

Obiettivo (sana) concorrenza

La finalità del provvedimento sta nel garantire una concorrenza il più regolamentata possibile tra sistema bancario tradizionale e Fintech. Per esempio, “la deroga contenuta nell’Obcr concernente l’accettazione di fondi che servono per operazioni di clienti sarà applicata espressamente a un’esecuzione entro 60 giorni, invece dei sette giorni previsti dalla prassi vigente”, si legge. Le agevolazioni normative si applicano non solo alle imprese tecnofinanziarie, ma anche alle banche. “In questo modo si evita una distorsione della concorrenza”, spiega l’esecutivo. Oltre a ciò, le modifiche in questione non influiscono sull’applicabilità della legge sul riciclaggio di denaro. Inoltre, nei prossimi mesi, il Consiglio federale seguirà da vicino gli sviluppi futuri della digitalizzazione e della tecnofinanza e valuterà quali ulteriori misure normative adottare.

Il precedente americano

Anche in America è stato capito il problema delle regole.  Lo scorso 15 marzo (qui la notizia riportata da Start Mag) l’Occ, l’organismo di vigilanza bancaria statunitense, ha diffuso una bozza di regolamento per consentire alle società del Fintech di richiedere una licenza bancaria valida in tutto il Paese. La differenza con la concessione di una normale licenza è sostanziale, perchè da questo momento in poi non sarà più necessario avviare un’apposita procedura per ogni Stato in cui la società è operativa. In pratica, se un cittadino del Missouri vuole utilizzare i servizi di quella società nel Kansas, potrà farlo liberamente. Una decisione che al di là dell’importante valore pratico ha un grande rilievo simbolico ed è coerente con un atteggiamento dell’amministrazione Trump tutto sommato ben disposta verso questa nuove realtà del mondo finanziario.

L’Italia, secondo Blackrock

L’Italia invece le sue regole le aspetta ancora. Peccato, visto che secondo un recente studio di Blackrock, fondo tra i più grandi al mondo, agli italiani il Fintech piace eccome. Se il 29% degli italiani si rivolge a un consulente in carne ed ossa – dato tra i più alti in Europa – il 64% monitora i propri investimenti online, dato inferiore solo a Cina e Giappone, secondo la ricerca Investor Pulse di Blackrock. La ricerca online risulta la fonte più utilizzata e di cui ci si fida di più, dal momento che il 43% degli italiani si affida a fonti online per affrontare decisioni d’investimento di lungo termine e il 29% le ritiene importanti. La ragione risiede nella trasparenza del canale online, che risulta molto più apprezzata quando si tratta di controllare i propri investimenti rispetto, ad esempio, alla consultazione di un consulente.

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