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Di Maio

Tutti i dubbi sul reddito di cittadinanza a 5 stelle

Il commento di Gianfranco Polillo sulla misura annunciata e promessa in campagna elettorale dal Movimento 5 Stelle capeggiato da Luigi Di Maio: numeri e analisi a latere delle polemiche sulla richiesta massiccia di informazioni pervenute ai centri di assistenza fiscale nelle ultime ore Nel manifesto elettorale dei 5 stelle era presente un piccolo giallo. Il…

Nel manifesto elettorale dei 5 stelle era presente un piccolo giallo. Il “reddito di cittadinanza”, cavallo di battaglia della propaganda grillina, all’improvviso, era sparito. Non più una parola su un argomento controverso. Non un’indicazione quantitativa, dopo gli sforzi profusi a piena mani per dimostrare, nei mesi passati, l’irrilevanza delle critiche avanzate da economisti di rito diverso. Nei 20 punti sottoposti agli elettori, come summa maxima di un pensiero controcorrente, l’argomento è stato derubricato. Ecco il testo relativo: (Punto 3) “REDDITO DI CITTADINANZA: RIMETTIAMO L’ITALIA AL LAVORO (maiuscole e grassetto nel teso) : Oltre 2 miliardi di euro per la riforma dei centri per l’Impiego: facciamo incontrare davvero domanda e offerta di lavoro e garantiamo formazione continua a chi perde l’occupazione”.

Che fine hanno fatto allora le cifre profuse a piene mani: oltre 5 mila euro all’anno per i single al di sotto dei 35 anni, in una scalettatura che riduce il relativo importo pro-capite al crescere del numero dei figli per poi risalire al suo massimo, nel caso di donne sposate sempre al di sotto dei 35 anni? E se fosse il marito ad essere nell’identica condizione? Piccola furbizia o semplice ripensamento? In attesa di avere risposta al dilemma, è facile constatare come quella propaganda martellante, che costituisca o meno un reale impegno programmatico, qualche effetto l’abbia ottenuto. La risposta del Mezzogiorno è stata massiccia, fino a colorare di giallo la cartina dell’Italia.

Al di là delle promesse, rimosse dal tableau, l’effetto prodotto rischia ora di produrre una drammatica rottura nel comune sentire degli italiani. La proposta ha alimentato la percezione che possano essere estesi i diritti di cittadinanza senza pagare dazio. Il massimo di una società opulenta, che tale, purtroppo, non è. Al contrario essa è alle prese con una produttività che ristagna, nonostante qualche progresso nei settori collegati con l’export, con un debito pubblico che, al più, si riesce a stabilizzare, ma non a ridurre secondo le aspettative europee, con squilibri macroeconomici ancora persistenti. Ed un arretrato di mancate riforme che condanna all’inedia. Il monito dell’ultimo rapporto di Bruxelles – European Semester 2018 – appena diffuso.
Danni, quindi, rilevanti. Che determinano una frattura tra una parte e l’altra del Paese. Tra chi, nel centro nord, ritiene che la sfida per un maggiore sviluppo, per ridurre il gap con il resto dell’Eurozona, sia ancora da affrontare. E chi, specialmente al Sud, pensa di poter cancellare tutto questo con il semplice gesto di un voto favorevole al “richiamo – non richiamo” del programma elettorale. Ma del resto a questi scioglilingua ci siamo abituati. Il Movimento ha “uno statuto – non statuto”. Regole di ingaggio che mutano ad ogni stormir di foglie. E via dicendo. E’ “l’immaginazione al potere”, come recitava una vecchio slogan del ’68, sulla scorta dei saggi di Herbert Marcuse. Si provi ad immaginare l’effetto prodotto sui freddi ragionieri di Bruxelles.

Resta alla fine l’interrogativo. Ma questo benedetto “reddito di cittadinanza” esiste o non esiste? Destinare 2 miliardi ai centri per l’impiego è cosa buona e giusta. A condizione di non creare altri carrozzoni burocratici, ma questo c’entra poco con la generalizzazione di un compenso legato alla semplice esistenza ed al connotato generazionale. Siamo quindi in presenza di una giravolta, di una metamorfosi dovuta al cambiamento di direzione politica? All’uscita di Beppe Grillo dalla scena ed allo incoronamento di Luigi Di Maio a capo del Movimento? E, allora, che dicono gli ortodossi? Forse nulla. L’operazione, comunque, è brillantemente riuscita. Gli elettori hanno votato. I 5 stelle sono il primo partito. Per il resto si vedrà.

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