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Vi racconto la grana del Def. Chi e quando lo scriverà?

L’intervento di Emanuele Canegrati Secondo la legge di contabilità e di bilancio, entro il prossimo aprile, il ministero dell’Economia e delle Finanze sarà tenuto a presentare al Parlamento il Documento di Economia e Finanze (DEF) ed a inviarlo alla Commissione Europea per la sua approvazione. Il DEF è il principale documento programmatico di finanza pubblica, nonché la base sulla…

Secondo la legge di contabilità e di bilancio, entro il prossimo aprile, il ministero dell’Economia e delle Finanze sarà tenuto a presentare al Parlamento il Documento di Economia e Finanze (DEF) ed a inviarlo alla Commissione Europea per la sua approvazione. Il DEF è il principale documento programmatico di finanza pubblica, nonché la base sulla quale dovrà essere scritta la prossima legge di bilancio. In questo documento, infatti, il Tesoro è tenuto ad indicare il quadro macroeconomico di riferimento e il quadro di finanza pubblica a legislazione vigente e quello programmatico, che incorpora le scelte di politica economica del Governo per il prossimo triennio.

Proprio sulla redazione del quadro programmatico si apre un problema procedurale e politico non da poco. Il governo attuale, guidato da Paolo Gentiloni e che vede come ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, è infatti rimasto in carica, come da prassi, per il disbrigo degli affari correnti ma non è legittimato a fare politica economica, in quanto questa non rispecchierebbe più quella della nuova composizione del Parlamento emersa dal voto. Di conseguenza, il ministro Padoan non può inserire nel DEF i suoi obiettivi di finanza pubblica, che sono quelli del Partito Democratico, mentre può sempre formulare le stime macroeconomiche che risultano dal contesto economico e dal quadro legislativo vigente. In sintesi, il quadro programmatico potrà essere scritto solo dal nuovo ministro dell’Economia. Che però non arriverà, presumibilmente, prima di aprile, se va bene.

La domanda, quindi, sorge spontanea: chi e quando scriverà il prossimo DEF? La questione non è, evidentemente, solo procedurale, ma, prima di tutto, politica. Facciamo un esempio concreto. La legislazione vigente prevede l’aumento dell’aliquota IVA, come eredità delle famose clausole di salvaguardia per la copertura del bilancio pubblico inaugurate dal governo Monti. Se nel quadro programmatico del DEF non verranno indicate misure alternative, l’aumento scatterà automaticamente dal prossimo 1 gennaio. Chi può trovare le coperture necessarie per disinnescare tale aumento? Solamente il nuovo ministro del Tesoro. Che ancora non c’è.

Ecco, allora, che la formazione di un nuovo Governo il prima possibile, diventa per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella una necessità dalla quale egli non può prescindere. Il semestre europeo di bilancio, infatti, non aspetta certamente i tempi della politica italiana, neppure se, per una sfortunata coincidenza, la formazione del nuovo governo deve essere fatta esattamente in prossimità delle scadenze economiche.

Esiste poi un’altra questione delicata che soltanto un ministro dell’economia in pectore può affrontare, quella relativa alla manovra correttiva da 3,5 miliardi di euro che l’Italia deve fare se vuole evitare l’apertura formale di una procedura di infrazione per deficit eccessivo che Bruxelles ha minacciato lo scorso novembre e finora congelata causa elezioni. I funzionari europei hanno fatto capire chiaramente che altri sconti per l’Italia non ci saranno e che il rientro dal deficit e dal debito dovrà essere fatto in ogni caso. E’ chiaro che il ministro Padoan ha le mani legate su questa manovra, dal momento che il nuovo governo potrebbe avere, sul tema, una visione nettamente antitetica alla sua. Poniamo, infatti, che il Movimento 5 Stelle entri in qualche modo nel Governo. Il suo leader, Luigi di Maio, ha sempre detto che non rispetterà il parametro europeo del 3% nel rapporto deficit/Pil. Quindi, nel caso ci fosse un nuovo ministro del Tesoro a 5 Stelle, è probabile che egli si opporrebbe alla manovra. Può, il ministro Padoan, forzare la mano e scriverla, vincolando così il futuro Governo a scelte che quest’ultimo non vuole prendere?

Questa è la domanda alla quale anche i costituzionalisti non sanno trovare risposta, per il semplice motivo che è una situazione senza precedenti. Certamente la logica politica sembra suggerire che una mossa del genere esorbiterebbe dal perimetro dei poteri di un ministro “zoppo”, come dicono gli anglosassoni. Una questione, questa, che mette pressione sul presidente della Repubblica, che tutto vuole tranne uno scontro con l’Unione Europea. Ad oggi, tuttavia, una soluzione chiara sembra non esserci, dato l’intricato quadro politico venutosi a creare a seguito dell’esito elettorale. Eppure, una soluzione dovrà essere trovata alla svelta.

Emanuele Canegrati, Ph.D.

 
Fellow, Liechtenstein Academy Foundation
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