Speronamenti tra colossi della crocieristica in aspra competizione sulla Via della Seta.
Mentre Msc sbuffa per le sintonie in cantiere sempre più strette fra Italia e Cina (che avranno un appuntamento clou con la visita nella seconda metà di marzo di Xi Jinping a Roma), Costa crociere loda ed enfatizza la bontà di relazioni sempre più strette con Pechino a partire proprio dalla Via della Seta, apprezzando chi nel governo sta lavorando a questo fine, come in particolare il Movimento 5 Stelle.
Il calore verso la Cina è stato chiaro ieri all’evento di Costa crociere, come testimoniano anche alcuni tweet:
Michael Thamm del #GruppoCosta: i crocieristi cinesi sono meno del 2% dei turisti cinesi outbound. #CostaVenezia, nuova nave disegnata per il mercato cinese, e la partnership sottoscritta con CSSC ci aiuteranno a sviluppare questo potenziale. #ChinaItalyBusinessRelationship
— Costa Press Office (@Costa_Press) February 26, 2019
Michael Thamm, a.d. del #GruppoCosta: la crescita del mercato delle crociere in Cina creerà valore per #CostaCrociere e per i suoi partner italiani #ChinaItalyBusinessRelationship pic.twitter.com/ASuBSmTqZ1
— Costa Press Office (@Costa_Press) February 26, 2019
Manlio Di Stefano, Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri: la Cina è una grande opportunità per le imprese italiane. Stiamo dando il massimo sostegno allo sviluppo ulteriore delle relazioni tra i due Paesi. #ChinaItalyBusinessRelationship #Trieste pic.twitter.com/8qpIZqF5Oq
— Costa Press Office (@Costa_Press) February 26, 2019
L’occasione per parlare dei rapporti tra Italia e Cina è stato il convegno «The China-Italy business relationship – partnerships building the future», organizzato da Fondazione Italia-Cina e Gruppo Costa Crociere, con PwC Italia.
Tra il 2000 e il 2017 la Cina ha investito in Italia 13,7 miliardi euro. Il nostro Paese è al terzo posto in Europa per destinazione delle risorse cinesi, dopo Gran Bretagna e Germania. Sono i dati della Fondazione Italia-Cina per la quale sono oltre 600 le aziende italiane a capitale cinese – principalmente nei settori chiave Made in Italy – che fatturano 18 miliardi euro e impiegano più di 30 mila persone.
Oltre duemila sono le aziende cinesi a capitale italiano per 160 mila dipendenti in Cina e giro d’affari di 25 miliardi di euro, secondo un rapporto della società di consulenza PwC. L’interscambio commerciale tra i due Paesi ha superato i 50 miliardi di dollari annui e vanta un trend in crescita.
L’interscambio commerciale tra i due Paesi è contraddistinto da un trend di crescita delle esportazioni italiane, maggiore rispetto all’aumento delle importazioni dalla Cina. Secondo Vincenzo Petrone, dg Fondazione Italia Cina e in passato presidente di Fincantieri, il Dragone è per l’Italia «la migliore opportunità nei prossimi 30 anni». La Cina «sarà il 20% dell’economia globale a 30 anni da oggi, è il nostro mercato».
L’imprenditoria italiana sembra che «finalmente si sia organizzata per affrontare un mercato così complesso come la Cina ma ha un limite: è un mercato molto grande per le Pmi, perché è molto complesso e ha elementi di rischio».
Ad esempio, «la Germania esporta 5 volte quello che esportiamo noi». Elemento «dirompente» sarà la Via della Seta perché sarà la Cina a venire in Europa e l’Italia ha «tutto da guadagnare, perché sarà al centro di questa rete». Tra i settori a maggiore crescita in Cina, infatti, c’è il turismo e in particolare il mercato crocieristico, in crescita velocissima.
Ma perché Msc e Costa si speronano sulla Cina? Perché Pechino ha puntato sull’Adriatico e Gianluigi Aponte di Msc sul Tirreno.
Di seguito un approfondimento sul tema
ARTICOLO DI THE MEDIA TELEGRAPH DEL 18 FEBBRAIO
La divisione è quasi netta, se non fosse per quelle due enclave in cui i colossi dello shipping hanno comunque deciso di mantenere una bandierina, nemmeno troppo piccola, quasi una fortezza mentre tutto intorno il concorrente conquista spazi. Msc e i cinesi si stanno dividendo equamente le zone di influenza dei mari che bagnano l’Italia, e non solo. Difficile ipotizzare un accordo a tavolino tra i due colossi dello shipping, anche perchè i rapporti commerciali sono tesi, ma la mappa è chiara. Pechino ha puntato l’Adriatico, Gianluigi Aponte il Tirreno.
A Est: la via della Seta
La Cina cerca di entrare in Europa attraverso i Balcani. La trappola del debito funziona con il Montenegro che vuole un’autostrada da più di 800 milioni e Pechino è felice di aprire il portafogli. Sul mare però la situazione è diversa: il Pireo è stato acquistato in saldo dalla Grecia pressata dalla troika, ma in Italia i passi devono essere più misurati. A Ravenna è sbarcato il colosso dell’ingegneria navale Cmg e ha preso sede nel palazzo che fu di Raul Gardini. A Venezia pochi giorni fa il presidente del porto Pino Musolino ha firmato un accordo «per rafforzare i traffici lungo la Via della Seta» sulla rotta che collega l’hub greco – vero quartier generale dello shipping cinese nel Mediterraneo – e lo scalo del Nord Est. Nel mirino c’è anche Trieste, anche se Pechino punta più alla logistica: sul mare c’è il fuoco di sbarramento del concorrente. Msc infatti ha blindato il molo Settimo e non ha intenzione di cedere proprio a Pechino le banchine. Così la Cina punta a Capodistria: il porto sloveno, società per azioni a controllo pubblico, sarebbe un perfetto punto di sbarco per Cosco o per altri operatori statali, soprattutto dopo i risultati positivi di traffico, ormai sopra il milione di teu. Più a Sud, Pechino valuta positivamente anche il mercato albanese e, nonostante i problemi politici che potrebbero aver arenato la trattativa, il porto statale di Durazzo dovrebbe passare agli investitori cinesi.
A Ovest: La rotta di Ginevra
Msc sta puntando Gioia Tauro da tempo: lo scalo di transhipment italiano è in crisi di volumi e ad un passo dalla rivolta sociale. I portuali vengono licenziati e poi reintegrati dal tribunale, mentre l’agenzia di lavoro che li avrebbe dovuti salvare non funziona come ci si aspettava. Il colosso di Aponte è il primo cliente del terminal e lo gestisce con il socio Contship. I rapporti tra i due sono ai minimi da tempo e sembrava qualche giorno fa che Msc avesse liquidato il compagno di viaggio poco gradito, ma tutto è precipitato con l’ennesimo scontro sindacale, dopo l’annuncio di altri tagli . «Noi siamo sempre stati disponibili ad investire nel terminal» ha ribadito la compagnia e ora l’operazione potrebbe accelerare. A Napoli e Livorno la presenza di Msc è fortissima: Conateco nello scalo partenopeo è di proprietà e in Toscana c’è il rapporto molto stretto con Lorenzini. Alla Spezia, Aponte è il primo cliente del porto e socio del terminal container, mentre a Genova presto avrà a disposizione Bettolo, oltre alle partnership con Spinelli e Messina. Aponte preferisce questo schema, gestire i terminal in società con un imprenditore locale. In questo mare blu di Msc, c’è però Vado: la nuova piattaforma dove i cinesi vogliono portare 1 milione di teu entro l’anno prossimo. La linea che divide le zone di influenza nei due mari è tracciata: non è detto però che sarà sempre così netta.