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Ethiopian Airlines e Boeing 737, si può morire quando la sicurezza è un optional?

C’è chi comincia a prendersela con la Boeing. Qualcuno punta il dito contro le compagnie aeree. Qualcun altro guarda con sospetto il ridotto vigore delle Autorità preposte ai controlli nel settore. Il commento di Umberto Rapetto

Siamo abituati ai “modello base”, le versioni con un allestimento striminzito che però non pregiudica la funzionalità del veicolo che scegliamo avendo ben presenti le disponibilità economiche su cui far conto.

Stavolta non parliamo di tettuccio apribile, telecamera posteriore o di sedili in pelle riscaldabili o addirittura interventilati. Non stiamo a disquisire su accessori superflui o a dissertare dello spendere inutilmente.

Dopo aver appreso di possibili problemi software e di malfunzionamenti della sensoristica di bordo, si è stati costretti a prendere atto dell’impreparazione del pilota. Privo di specifico addestramento e delle relative abilitazioni, la buonanima di Yared Getachew era stato scelto come comandante di quel dannato volo ET302 della Ethiopian Airlines seguendo la regola del democratico “uno vale uno”.

Per stroncare le malelingue pronte a tacciarmi di esser dispotico e per onestà intellettuale, devo ammettere che il poveretto – analogamente a tanti altri che anche nel nostro Paese assurgono misteriosamente a ruoli un pochino fuori dalla loro portata – per capire come funzionava il 737 aveva seguito (certamente con profitto) un corso in autoistruzione di ben 50 minuti sul proprio iPad. Requiescat in pace.

Chi ama rimanere sbalordito deve sapere che la Boeing – costantemente sollecitata a fare sconti particolarmente significativi – è costretta ad allestire i propri velivoli in maniera modulare.

Quelli che recentemente hanno ordinato una vettura, conoscono bene le dinamiche di personalizzazione dell’esemplare da acquistare. L’auto – quando si avvia il “configuratore” che online ha preso il posto dell’esperto della concessionaria – costa pochissimo e si profila subito irresistibile. Peccato che il “compreso nel prezzo” sia davvero “essenziale”, nel senso minimalista del termine.

In pratica il veicolo “iniziale” somiglia più a quello dei Flintstone (con tanto di trazione basata sulla spinta dei piedi di chi è a bordo) che al sogno immaginato dal cliente. Ogni singolo ulteriore elemento indispensabile comporta un costo addizionale e il potenziale acquirente sgrana gli occhi nel dover constatare che anche componenti “normali” sono considerati un lusso da pagare a parte.

A quanto pare (non a me, ma a chi ne sa certamente di più) la “morfologia” del 737 Max segue le regole appena descritte. Sembrerebbe che le compagnie aeree possono comprarne un modello base e – in assenza di coscienza o di semplici scrupoli – ottenerlo con le dotazioni minime che non includono determinati dispositivi di sicurezza.

Le dichiarazioni rilasciate alla stampa da Dennis Tajer, comandante di 737 nella flotta di American Airlines e portavoce di un sindacato di piloti di linea, evidenziano un certo stupore nell’immaginare ad esempio l’assenza di sensori “integrativi” che – misurando la velocità e non solo l’inclinazione – permettano di riconoscere l’effettiva sussistenza di un pericolo di stallo.

Questi bestioni del cielo sarebbero – in poche parole – corredati di strumenti e apparati più adatti ad un Piper che ad un aeromobile di quella stazza e con quel numero di vite umane a bordo. Ma se un pilota degno di tale qualifica può fare a meno di tanti gadget, un “pinguino” (in possesso di ali ma non in grado di volare, così come sono goliardicamente chiamati i giovani allievi al primo anno dell’Accademia Aeronautica e come di rimbalzo si potrebbe etichettare qualunque neofita dell’aria) non può supplire alle tecnologie mancanti con una esperienza che non ha.

L’ideale – ma non vorrei sembrare emulo dell’indimenticabile Max Catalano, divo delle ovvietà – sarebbe avere un grande comandante e un allestimento completo: siccome non tutti hanno visto “Quelli della notte” di Renzo Arbore & C. non mi dilungo in ulteriori paradossi che potrebbero caratterizzare a puntino quel che si è drammaticamente verificato.

La lista dei colpevoli potrebbe dilatarsi a piacere. C’è chi comincia a prendersela con la Boeing che dovrebbe evitare la commercializzazione di velivoli con controindicazioni tecnologiche legate a problemi software o a pericolose carenze di dotazioni. Qualcuno punta il dito contro le compagnie aeree che per ottimizzare i propri profitti risparmiano sui mezzi di trasporto (dal momento dell’acquisto alle diverse fasi di gestione e manutenzione) e sul personale di volo (accettando una ridotta preparazione, tollerando una poco significativa “anzianità” pregressa, imponendo turni di lavoro massacranti e non rispettosi delle regole). Qualcun altro guarda con sospetto il ridotto vigore delle Autorità preposte ai controlli nel settore che non rilevano anzitempo i lampanti presupposti di futuri incidenti.

I famigliari e gli amici delle centinaia di vittime aspettano una risposta. Tutti vogliono sapere cosa e successo. E magari cosa succederà in futuro.

@Umberto_Rapetto

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