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Alitalia, tutti gli occhiolini fra governo, Fs, Cdp, Poste e Atlantia

Che cosa succede sul dossier Alitalia? Fatti, nomi, indiscrezioni e scenari

 

Entro giugno chiudere la pratica Alitalia con il coinvolgimento nel capitale di Delta, del Mef, del fondo QuattroR partecipato da Cdp e pure di Atlantia, il gruppo dei Benetton che controlla la concessionaria Autostrade per l’Italia.

E’ questa la road map che cerca di seguire il governo sul complicato e delicato dossier Alitalia.

Come svelato nei giorni scorsi da Start Magazine, la moral suasion del governo e di Ferrovie si va indirizzando verso il fondo QuattroR, partecipato anche dalla Cassa depositi e prestiti, oltre che da Poste Vita e Inail.

Emissari del gruppo Fs e dell’esecutivo hanno sondato i più alti vertici delle fondazioni bancarie azioniste di Cdp – tra cui il presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti – e pure il presidente di Cassa depositi e prestiti, Massimo Tononi, indicato dalle fondazioni creditizie.

In entrambe i casi non sarebbe venuto un diniego all’ipotesi.

C’è poi lo scoglio del Tesoro. Per garantire l’ingresso del Mef nel capitale della newco di Alitalia, nel decreto crescita oggi all’ordine del giorno del consiglio dei ministri dovrebbe essere cancellato il termine del 30 giugno per la restituzione del prestito da 900 milioni concesso dal Tesoro dopo il commissariamento. Una parte del prestito (gli interessi) sarà quindi convertita in azioni.

Per comporre il mosaico governativo manca il tassello del partner industriale italiano, oltre a quello estero rappresentato dall’americana Delta. La quale, secondo alcuni addetti ai lavori, si fa viva forse solo per far restare fuori dall’operazione la tedesca Lufthansa. Si vedrà.

Non trovano smentite i rumors secondo cui il gruppo Benetton – seppure mazzolato almeno mediaticamente dal governo e in particolare dal Movimento 5 Stelle dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova con l’annuncio di una revoca della concessione autostradale per Aspi – è disposto a far parte della cordata per la nuova Alitalia su sollecitazione di Ferrovie e di fatto anche dell’esecutivo M5S-Lega.

“C’è da dire che in queste ore l’ostilità dei 5Stelle all’ingresso del gruppo privato si è molto affievolita. Una mossa dettata da un sano realismo perché ormai è evidente che senza Atlantia (in grado di rilevare una quota del 35% della newco, la stessa che avrebbe in mano Fs), il piano industriale messo a punto dall’ad del gruppo ferroviario Gianfranco Battisti è destinato a naufragare”, ha scritto oggi il Messaggero.

E’ in vista un do ut des, in sostanza: “Atlantia non può infatti entrare nella newco in una situazione di guerra. Il clima va quindi rasserenato, partendo proprio dalla procedura di revoca della concessione che, tra l’altro, si è fortemente indebolita visto che le cause del crollo non sono ancora state individuate e che i monitoraggi del Ponte erano condivisi con il Mit. Del resto una eventuale revoca peserebbe fortemente sul bilancio dello Stato per circa 20 miliardi”, aggiunge il Messaggero.

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