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Alitalia

Alitalia, serve un altro prestito statale?

Tutte le ultime turbolenze su Alitalia e la nuova compagine azionaria in fieri tra Tesoro, Ferrovie, Atlantia e Delta

 

Su Alitalia continuano le turbolenze. Con lo Stato sempre pronto a intervenire con un altro prestito? Nel frattempo è stata pure prorogata la cassa integrazione straordinaria. Partiamo proprio da qui.

COME SFRECCIA LA CASSA INTEGRAZIONE IN ALITALIA

Alitalia e sindacati hanno raggiunto il 23 settembre l’accordo sulla proroga della cassa integrazione straordinaria che scade oggi. La richiesta iniziale dell’azienda di nuova cassa per 1.180 lavoratori è stata ridotta di 105 unità a 1.075 (75 comandanti, 320 assistenti, 680 personale di terra).

I NUMERI DELLA CASSA IN ALITALIA

La nuova cassa è prorogata fino al 31 dicembre perché alimentata dal fondo straordinario del trasporto aereo che scade a fine anno. I sindacati, chiedono al governo che si faccia da garante per rifinanziarlo. Nello stesso periodo dello scorso anno i lavoratori in cigs furono 1.360.

CHE COSA SUCCEDE AD ALITALIA?

Ma sono i conti a preoccupare ancora gli addetti ai lavori. Come mostrato dall’analista Gaetano Intrieri su Start, la situazione finanziaria della compagnia traballa. Intrieri ha sottolineato alcune discrepanze fra numeri e realtà delineata dai commissari. E ieri il Corriere della Sera ha aggiunto altre informazioni sulla cassa del vettore, prefigurando la necessità di un’altra iniezione ad opera o con la garanzia dello Stato.

I NODI IRRISOLTI SUL FUTURO DI ALITALIA

Due nodi più rilevanti: la quota di Delta e le rotte Italia-Usa, il principale bacino dei ricavi della compagnia tricolore in amministrazione straordinaria dal 2 maggio 2017. Due questioni – ha aggiunto il Corriere della Sera – che dovranno essere risolte in pochi giorni, «al massimo entro la prima settimana di ottobre altrimenti si fa troppo tardi e potrebbe diventare necessario chiedere un ulteriore prestito di 200 milioni di euro per affrontare l’inverno», hanno sostenuto due fonti al Corriere che chiedono l’anonimato perché non autorizzate a discuterne con la stampa.

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