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Titanio

737 Max, tutti i guai di Boeing (e gli effetti per il Pil Usa)

Lo stop alla produzione del 737 Max di Boeing, la difficoltà dei fornitori e le conseguenze per l'economia americana

Boeing interrompe la produzione del 737 Max, il velivolo a stelle e strisce che nell’ultimo anno è stato coinvolto in due gravi incidenti in Indonesia ed Etiopia, in cui sono morte in tutto 346 persone.

Lo stop alla produzione partirà da gennaio e non è dato ancora sapere se e quando riprenderà. Intanto, la crisi contagia anche le aziende dei fornitori, tra cui Spirit e TransDigm Group Inc. Andiamo per gradi.

LO STOP ALLA PRODUZIONE

Partiamo dall’annuncio. A partire da gennaio 2020, Boeing ha deciso di sospendere la produzione del 737 Max, la famiglia degli aerei di linea lanciata sul mercato nel 2016 e che, grazie al corridoio singolo, hanno permesso di risparmiare il 20% del carburante. I velivoli pesano anche meno.

“Riteniamo che questa decisione sia la meno dannosa per il mantenimento del sistema di produzione a lungo termine e della salute della catena di approvvigionamento. Questa decisione è guidata da una serie di fattori, tra cui la mancata certificazione fino al 2020, l’incertezza sui tempi e le condizioni di ritorno al servizio, le approvazioni globali per l’addestramento e l’importanza delle garanzie per il ritorno al volo. Continueremo a valutare i nostri progressi verso il raggiungimento delle pietre miliari del servizio e prenderemo le decisioni sulla ripresa della produzione e delle consegne di conseguenza”, ha detto Boeing.

LA MESSA A TERRA

Lo stop alla produzione è stato deciso dopo lunghi mesi di messa a terra degli aeromobili. Dallo scorso marzo tutti i Boeing 737 MAX  del mondo sono bloccati a terra, dopo due incidenti mortali dovuti ad un problema a un sistema antistallo tipico di quel nuovo modello di aereo.

La società americana sperava che i 737 MAX potessero tornare a volare per la fine del 2019, ma la Federal Aviation Administration (FAA), l’agenzia federale statunitense per l’aviazione civile, non ha ancora dato un parere positivo a riguardo.

RIDISTRIBUZIONE LAVORATORI

Nonostante la produzione si fermi, Boeing ridistribuirà in altri settori i lavoratori che si occupavano del 737 MAX. “Durante questo periodo, è nostra intenzione che i dipendenti interessati continuino il lavoro relativo al 737 o vengano temporaneamente assegnati ad altri team in Puget Sound.”

IL NODO DEI COSTI

Resta in piedi il nodo dei costi. Secondo JP Morgan, infatti, il gruppo “continuerà ora a bruciare, a causa del 737, un miliardo di dollari al mese, anche se la cifra è dimezzata rispetto al passivo causato dalla produzione di velivoli invenduti e parcheggiati (circa 40 al mese da massimi di 52, 400 da marzo)” riporta il Sole 24 Ore.

Per Jefferies, invece, le perdite su base trimestrale legate alla crisi potrebbero superare i due miliardi da 4,4 miliardi precedenti. Parte dei costi sono dovuti proprio alla scelta della gestione del personale che lavora al 737 Max.

LA CRISI CONTAGIA LE ALTRE AZIENDE

Intanto la crisi del colosso americano contagia anche le altre aziende. A risentire della decisione di Boeing c’è Spirit (8 miliardi di dollari di vendite annue), che produce componenti aeronautici per aerei sia da Boeing che da Airbus, tra gli altri, e ha costruito parti per la famiglia dei 737 per diversi anni. Spirit ricava circa il 50% delle sue entrate dal Boeing 737, secondo i calcoli degli analisti di Canaccord Genuity.

Un portavoce di Spirit ha dichiarato che la società “sta lavorando a stretto contatto” con Boeing per valutare cosa significherà lo stop alla produzione per Spirit. “Man mano che vengono prese le decisioni su come mitigare al meglio questo impatto aggiuntivo, comunicheremo qualsiasi nuova informazione ai dipendenti e ad altre parti interessate”, ha detto il portavoce.

A risentire di tutto questo saranno anche TransDigm Group Inc, un’altra società che ha tratto parte dei suoi ricavi da Boeing, e gli altri fornitori come Crane Co, Hexcel Corp. e Triumph Group Inc.

BOEING PAGHERA’ UGUALMENTE I FORNITORI?

Intanto, la promessa di Boeing di proteggere la sua catena di approvvigionamento “potrebbe suggerire che Boeing continuerà a pagare i propri fornitori per produrre”, hanno detto gli analisti di Credit Suisse.

COLPITA ANCHE L’ECONOMIA AMERICANA

Il difficile momento per Boeing avrà ripercussioni anche per l’economia americana, nel primo trimestre (se la pausa durerà solo i primi tre mesi dell’anno).

DECISIONE DIFFICILE

Gli analisti di UBS hanno definito l’arresto probabilmente “una delle decisioni più difficili che Boeing ha dovuto prendere da molto tempo”.

IL REPORT DI JP MORGAN

La decisione del gigante statunitense Boeing di fermare la produzione dell’aereo 737 Max peserà sulla crescita del Pil statunitense nel primo trimestre del 2020 di circa 0,5 punti percentuali. La stima è della banca d’affari americana JP Morgan. La banca d’investimento ipotizza che la riduzione da aprile del tasso di produzione del 737 Max non ha avuto alcun impatto significativo sulla crescita del Pil perchè la riduzione delle consegne alle compagnie aeree – sia nazionali che estere, è stata compensata da un accumulo di scorte. Di conseguenza, la resistenza prevista su sviluppo di Pil nel primo trimestre dovrebbe essere “concentrata nell’accumulazione ridotta di inventario”, spiega il rapporto, sottolineando che l’arresto di produzione potrebbe ripercuotersi sull’occupazione dei fornitori delle parti del velivolo.

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