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Iva e Irpef. Che cosa ha combinato il governo Conte 2. L’analisi di Polillo

Sullo scambio Iva-Irpef proposto dal ministro dell'Economia è calata la mannaia di Di Maio e Renzi e il premier Conte ha annuito. Una scelta azzeccata? L'analisi di Gianfranco Polillo

 

Ogni persona è più o meno prigioniera del proprio passato, dal quale difficilmente può emanciparsi. Per le forze politiche, che sono costituite da un insieme di persone, vale la stessa regola. Ed ogni volta si ripropone lo stesso problema: il morto che afferra il vivo, per riprendere la bella espressione di Marx, e gli toglie speranza di futuro. Nella pantomima dell’Iva si è riprodotto questo logoro canovaccio. Il ministro Gualtieri studia le carte e si accorge che, con una “rimodulazione selettiva”, come da lui stesso detto durante l’intervista con Lucia Annunziata, si potevano impostare alcune linee di politica economica, avendo come prospettiva un’orizzonte triennale.

Nessun dettaglio per carità, ma nemmeno il tempo di una pur limitata riflessione. Terminata l’intervista si scatena la bagarre. Luigi Di Maio, telefona a Giuseppe Conte, intimandogli di arrestare questa pericolosa deriva. Matteo Renzi manda a dire che, in quel caso, non voterà la manovra. Il Presidente del consiglio convoca un vertice estemporaneo, per calmare le acque nell’unico modo in cui poteva intervenire, per poi comunicare (ma sarà così?) il contrordine che smentisce il Ministro dell’economia. L’Iva non aumenterà per nessuna ragione. Sorprendente la spiegazione del capovolgimento di fronte. Una maggioranza, nata per evitare l’aumento dell’Iva, non poteva smentirsi alla prima occasione.

Nessuna valutazione di merito, quindi, delle proposte del Ministro che, in dettaglio, i comuni mortali non conoscono. Ma che si spera siano state ampiamente illustrati nel summit di Palazzo Chigi. Il peso di un vecchio peccato originale (le mancate elezioni) ha impedito ogni possibile discussione e valutazione. Eppure, nella proposta del Ministro dell’economia, per quello che si può intuire, c’era qualcosa su cui meditare. Sempre che la “rimodulazione selettiva” fosse stata inserita in una proposta forte di ripresa dello sviluppo. Quindi solo il tassello di una politica economica ben più ampia. A partire dal taglio delle imposte dirette. Innanzitutto dell’Irpef.

C’era soprattutto una piccola furbizia, da parte di un personaggio che conosce bene i ragionamenti europei: da sempre a favore di uno scambio, più imposte indirette e meno imposte dirette. Gli avrebbe consentito di affrontare meglio le forche caudine del voto sulla manovra. Quando si tratterà di ottenere quella decina di miliardi di extra deficit, che servono, nel nome della “flessibilità”. Al momento, almeno fin quando non si conosceranno le cifre nel dettaglio, tutte ipotesi da verificare.

La conseguenza di questa scelta sarà una manovra che si limita a tamponare. Che rinuncia a compiere i primi passi verso quel cambiamento da troppo tempo annunciato, ma mai effettivamente perseguito. A Roberto Gualtieri, stando almeno alle sue anticipazioni, il merito di averci pensato, per poi essere stato costretto a ritornare sui suoi passi, sotto la mannaia del gioco politico. Un’occasione mancata (lo scambio meno Iva e più Irpef), che avrà effetti persistenti sulla situazione italiana. Allungando almeno di un anno il tempo di una riscossa, che tarda sempre più a manifestarsi.

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