skip to Main Content

Sanzioni

Def: la spinta alla crescita, le misure elettoralistiche e la reazione europea

Il commento dell'editorialista Gianfranco Polillo sulla Nota di aggiornamento al Def

Nello spazio di qualche giorno il deficit di bilancio, previsto dal governo, è passato dal 2,4, per l’intero triennio, al 2,4 per il 2019, al 2,1 per l’anno successivo e all’1,8 per il 2021. Al tempo stesso, il tasso di crescita ipotizzato è sceso dall’1,6 per cento del 2019 e dell’1,7 per cento l’anno successivo, indicato dal ministro dell’Economia a il Sole 24 ore nella sua intervista di domenica scorsa, rispettivamente all’1,5 e all’1,4 per cento.

IL DEF E IL RUOLO DI TRIA

Troppo facile sarebbe attribuire le colpe di questi continui ripensamenti a Giovanni Tria. Purtroppo essi non sono che le spie più evidenti delle contraddizioni sotterranee di questa strana maggioranza. Che definire strabica, dal punto di vista programmatico, è dire poco. Le varie incertezze che si sono concretizzate nei continui ripensamenti, se non in vere e proprie testa – coda, altro non sono che il tentativo di far quadrare i conti partendo da un “a priori”. A sua volta costituito dalla mediazione tra le due opposte esigenze – lo sviluppo da un lato, l’assistenza dall’altro – che hanno caratterizzato, fin dall’inizio, il programma di governo.

IL BIVIO DEL TESORO

Il ministro dell’Economia, con i suoi tecnici, si è trovato all’interno di questa tenaglia. Costretto ad operare tra l’incudine – le insistenze dei politici – e il martello – la Commissione europea – decisa a far rispettare se non tutte, almeno qualche regola comune. La Nota d’aggiornamento al Def risente di tutti questi condizionamenti che, in qualche modo, ne hanno snaturato la funzione originaria. Le relative procedure, in passato, erano strumento di garanzia non solo per il Parlamento, ma per l’intera comunità nazionale. Oggi sono poco più di una barocca finzione, da cui, almeno per ora, non è possibile prevedere quali possibili danni potrebbero ancora derivare.

IL MALE MINORE

Tria sarà ingiustamente considerato il principale colpevole. Poteva resistere: dirà qualcuno. Doveva dimettersi: aggiungerà qualcun altro. Dov’è finita la dignità di un accademico! Si rammaricherà più di un benpensante. Ma, come nella canzone di De André, se si guarda in faccia alla realtà, sarà Bocca di rosa, ancora una volta, a dare la risposta al tempo stesso meno convenzionale e più sensata. La caduta del ministro dell’Economia, su un terreno così scivoloso quale la manovra di finanza pubblica, avrebbe aperto la strada a qualsiasi avventura. Tra i due possibili mali, era, quindi, meglio puntare sul minore, con lo scopo di limitare il danno.

EFFETTO 4 MARZO

Non si dimentichi che le elezioni del 4 marzo hanno segnato un passaggio di fase, più nel segno dell’alternativa che non della semplice alternanza del potere. Qualcosa di simile a quanto accadde dopo il 1993. Si è quindi di fronte ad un nuovo ciclo politico dalle caratteristiche non solo inedite ma ancora indefinite. Con le due forze principali – Lega e 5 stelle – che non sono in grado di separarsi, puntando su nuovi alleati per formare maggioranze alternative di destra o di sinistra. Non avendo i numeri in Parlamento. Ma costrette a convivere in una fase di transizione, tutta da definire.

LA TRINITA’ ECONOMICA

Quali gli elementi essenziali? Almeno tre, tra loro strettamente intrecciati. Il “primum vivere” coincide con la stabilità politica, senza la quale il Paese rischia di entrare in una crisi profonda e dagli esiti imprevedibili. Quel presupposto va tuttavia coniugato con una reale capacità di governo, che faccia dello sviluppo il suo perno centrale. Altrimenti che nuova fase sarebbe? Sviluppo – ecco il terzo elemento – che può dischiudere il dialogo con l’Europa. La verità è che si è davanti a una sorta di “trinità” (concetto già usato nella letteratura economica) che richiede una grande coerenza complessiva. Quella che oggi manca. Senza la quale il rischio di un possibile corto circuito aumenta in modo esponenziale.

LE MISURE ELETTORALISTICHE

Da questo punto di vista, ogni soddisfazione sarebbe fuori luogo. La stabilità è stata garantita, ma non certo il buon governo. Nella manovra domina una logica che più che “assistenziale” è prevalentemente elettoralistica. Dire che con 10 miliardi si combatte il malessere sociale di 6,5 milioni di persone (salario e pensioni di cittadinanza) è solo un bluff. Basta una semplice divisione per avere contezza della sproporzione tra bisogni e risorse messe in campo. Rimborsare anche coloro che avevano acquistato le azioni delle banche, poi fallite, è negare i fondamentali che regolano la logica dei mercati finanziari. In entrambi i casi: scelte che l’Europa non può capire.

IL TEMA PIU’ SPINOSO

Ed ecco allora il tema più spinoso. Un conto è avere manovre che danno una spinta vera alla produzione di ricchezza, un conto è presentare ipotesi fantasiose, come quelle contenute nella Nota d’aggiornamento. Nel primo caso ci sarà anche materia di discussione con la Commissione europea. Ma alla fine la quadratura del cerchio è facile da trovare. La stessa Europa è interessata alla maggior crescita possibile della sua terza potenza economica. E non solo per ragioni di prestigio a livello internazionale. Le interdipendenze del mercato unico determinano spillover anche sul fronte della crescita degli altri partner, grazie al maggior sviluppo commercio intercomunitario. La stessa moneta unica acquista forza sui mercati finanziari. Tutti elementi che consentono forti momenti di condivisione. Nel secondo caso, invece, (quello del quasi raggiro) ci si può appellare solo alla clemenza della Corte.

LA STATURA DEI LEADER EUROPEI

Esiste una relazione evidente tra i successi conseguiti da ogni governo, sul fronte interno, ed il suo prestigio internazionale. Basti guardare alla statura effettiva dei vari leader europei. Se quel presupposto manca è perfettamente inutile alzare la voce. Sarebbe il ruggito del topo. Bisogna allora arrendersi o, peggio ancora, subire le provocazioni, come avvenuto anche di recente? Tra questi due estremi, esiste la possibilità di mostrare una “forza tranquilla”, come diceva François Mitterrand. Che non è gonfiate i muscoli, ma fare appello alla razionalità. Facendo valere, in altri termini, le ragioni più profonde che spingono l’Italia a respingere una politica di semplice austerità.

LA BILANCIA DEI PAGAMENTI

Esistono? Difficile non vederle. Basti pensare al forte attivo delle partite correnti della sua bilancia dei pagamenti. Che il FMI, e non quel “barbaro’”di Matteo Salvini, invita a ridurre, facendo crescere la domanda interna. Oppure allo stesso “Fiscal Compact”: giunto al capolinea al termine dei 5 anni di non felice sperimentazione. Ben due mozioni, approvate nella passata legislatura dalla Camera e dal Senato, impegnavano il governo a votare contro il suo semplice inserimento nell’ordinamento europeo. Ed allora governava Paolo Gentiloni, non Giuseppe Conte. A dimostrazione di come un certo risentimento nei confronti di Bruxelles sia molto più antico di quanto si possa immaginare. Si potrebbe ancora continuare, ma non è necessario.

LO SCENARIO EUROPEO

Sfidare inutilmente l’Europa, invece di esporre con la fermezza, ma anche la duttilità necessaria, il proprio punto di vista serve a nulla. È una battaglia che non consente vincitori. Non perché ci siano truppe pronte ad invadere il Bel Paese. Ma perché queste polemiche fanno solo il gioco della grande speculazione internazionale. Che non lavora per la stabilità politica del Paese. Bensì per terremotarlo, al fine accaparrarsi maggiori profitti. Un gioco che richiede, appunto, quella fibrillazione costante e continua che traspare dai più recenti tracciati della borsa o dello spread. E che qualcuno con le proprie intemperanze, forse anche consapevoli, finisce per favorire.

GLI APPROFONDIMENTI DI START MAGAZINE SUL DEF

ECCO IL TESTO DELLA NOTA DI AGGIORNAMENTO AL DEF

I PRINCIPALI CAPITOLI ECONOMICI DEL PNR-DEF:

COME CAMBIERA’ IL FISCO

TUTTE I PIANI DEL GOVERNO SULLE CONCESSIONI PUBBLICHE

COME MODIFICARE L’UNIONE BANCARIA EUROPEA

I PROSSIMI PASSI DI ENERGIA E AMBIENTE

COSA PREVEDE IL PNR-DEF SU SICUREZZA E DIFESA

Back To Top