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Imprese Covid

Debito pubblico e programma Di Maio-Salvini, ecco le operazioni possibili

L’analisi dell’editorialista Guido Salerno Aletta sulle proposte programmatiche di Movimento 5 Stelle e Lega sul debito pubblico fra numeri, tesi, reazioni ed emotività Non si può essere incauti e approssimativi su questioni economiche e finanziarie fondamentali: moneta e debiti pubblici sono il pane dei mercati. Purtroppo, invece, nella bozza di «Contratto per il Governo del…

Non si può essere incauti e approssimativi su questioni economiche e finanziarie fondamentali: moneta e debiti pubblici sono il pane dei mercati. Purtroppo, invece, nella bozza di «Contratto per il Governo del Cambiamento», diffusa da Huffington Post nel pomeriggio di martedì scorso, c’erano troppe ingenuità sull’uscita dall’euro e troppa vaghezza sul taglio del debito pubblico con misure straordinarie.

LA SMENTITA SU EURO E BCE

Così, già nella serata di martedì, è arrivata la prima smentita: la questione dell’uscita dall’euro era stata completamente espunta dalle successive bozze. Anche sulla ipotesi di congelamento/annullamento dei titoli per 250 miliardi di euro acquistati dalla Bce nell’ambito del Qe, ed abbozzata nel paragrafo 14 della bozza di Contratto, ieri pomeriggio c’è stata un’altra precisazione: si tratterebbe solo di non computarli ai fini del Fiscal Compact in relazione agli obiettivi da raggiungere nel rapporto debito/pil.

QUESTIONE DEBITO

Per il taglio del debito, si prevedevano due iniziative, tra loro concorrenti: il «congelamento/cancellazione» dei titoli acquistati con il Qe, che valgono per l’Italia all’incirca 250 miliardi di euro, una cifra pari al 10% del pil; la costituzione di Fondi immobiliari da vendere prioritariamente alle famiglie, «impacchettando» quote di patrimonio pubblico per un importo di circa 200 miliardi di euro. Il debito, arrivato a 2.300 miliardi di euro (131,5% del pil) si attesterebbe a 1.850 miliardi (105%), tornando al rapporto del 2008, quando fu del 102,4%.

OK A MISURE STRAORDINARIE

Le ragioni per intervenire con misure straordinarie sono condivisibili: il sentiero che porta alla riduzione del debito pubblico, passando unicamente dall’aumento del saldo primario di bilancio, è troppo stretto ed incerto. Basta poco, come dimostra il duplice shock finanziario del 2008 e del 2011-2012, per mandare in fumo un quindicennio di disciplina fiscale che è costato all’Italia diverse decine di punti di crescita del pil.

IL RUOLO DELL’AVANZO PRIMARIO

L’avanzo primario rappresenta infatti quota della tassazione che viene destinata al pagamento degli interessi: con l’obiettivo di arrivare al pareggio strutturale, e con gli interessi intorno al 3,5% del pil, l’impatto deflattivo è di oltre 50 miliardi di euro l’anno, che si aggiunge a quello derivante dall’attivo delle partite correnti.

LE ALTERNATIVE

Le alternative tradizionali sono note: o si istituisce una imposta patrimoniale sugli immobili, magari differendone il pagamento all’atto del loro primo trasferimento, oppure si ripristinano le vecchie aliquote sulle successioni. Entrambi queste misure, però, avrebbero un effetto depressivo sui corsi mobiliari ed immobiliari, che sono stati già pesantemente falcidiati: fumo negli occhi, per la coalizione giallo-verde.

DOSSIER TITOLI

Per quanto riguarda la questione dei titoli di Stato per 250 miliardi acquistati nell’ambito del Qe, bisogna innanzitutto ricordare che a partire dal 2015, anno di avvio del programma, il deficit pubblico italiano si è accresciuto di 124 miliardi di euro.

COSA SI PUO’ FARE

La prospettiva preferibile è di allontanare nel tempo la scadenza di questi titoli: la Bce ha sostituito il mercato, divenendo prestatore di unica istanza, e come qualsiasi investitore che ha responsabilità nella stabilità finanziaria deve porsi orizzonti di lungo termine che vanno ben oltre la gestione della liquidità. Non si possono fare, con i titoli comprati con il Qe, le tradizionali operazioni di mercato aperto.

CONSOLIDAMENTO O CONGELAMENTO?

La prospettiva di un consolidamento anche cinquantennale dei titoli pubblici acquistati con il Qe è dunque assai più plausibile rispetto ad un loro «congelamento», ovvero alla «cancellazione» contabile che configurerebbe una sorta di generoso write-off senza default. Anche la questione del Fondo patrimoniale, da realizzare conferendo immobili pubblici, va congegnata come una opportunità di investimento di lungo periodo, prevedendo esenzioni fiscali sulle plusvalenze, l’esonero da qualsiasi imposta futura anche successoria, e collegando questa operazione alla rigenerazione dei centri urbani. Gli immobili vivono sul territorio, non sulle fiche catastali.

TITOLI E FISCAL COMPACT

Affermare che basta non computare ai fini del Fiscal Compact i titoli comprati con il Qe è un segnale emotivo, una reazione difensiva alle tante obiezioni. Anche la questione degli equilibri all’interno dell’Eurozona doveva rimanere in piedi: gli attivi commerciali tedeschi, dell’ordine dell’8% del pil, sono insostenibili ed espongono l’Europa alle rampogne americane.

Quando si sta all’opposizione, per lo più si strilla. Il tempo, invece, quando si va al governo, è tiranno. Per rimediare, ce n’è sempre troppo poco.

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