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Covid-19, il suicidio (economico) dell’Europa. L’analisi di Liturri

La cronaca di 4 giorni di interlocuzione con l'Ue all'insegna del troppo poco e troppo tardi. L'articolo di Giuseppe Liturri

I drammatici avvenimenti di questi giorni sul fronte sanitario, marciano di pari passo con il bollettino di guerra sul fronte economico. Mentre cominciano a circolare le prime stime sulla contrazione del PIL (in questi giorni in contrazione tra il 10% ed i 15%, che potrebbero valere un -1,2% nel primo trimestre ed un -3% nel secondo) è partita una interlocuzione con l’Unione Europea da cui traspare una totale inadeguatezza degli strumenti disponibili rispetto alla grandezza dei problemi.

Al momento, la montagna ha partorito il topolino. Non viene in mente frase migliore per commentare la lettera indirizzata giovedì 6 dal ministro Roberto Gualtieri al vice presidente esecutivo della Commissione, Valdis Dombrovskis, ed al Commissario per gli Affari Economici, Paolo Gentiloni. Il tono remissivo e la prostrazione alle inviolabili regole UE, fanno apparire i precedenti ministri Piercarlo Padoan e Giovanni Tria due pugnaci patrioti.

La lettera annuncia alla Commissione UE che il Governo sta per inviare al Parlamento, per ottenerne l’approvazione a maggioranza assoluta, una relazione con cui aggiorna i nuovi obiettivi di finanza pubblica. In particolare, si tratta di ottenere dal Parlamento una specifica autorizzazione allo scostamento, rispetto a quanto approvato con la legge di bilancio 2020, giustificabile alla luce dell’evento straordinario costituito dall’epidemia da Covid-19.

Tutto ciò si rende necessario in forza della Legge 243/2012, diretta emanazione della modifica dell’art. 81 della Costituzione avvenuta ad aprile 2012, che ha introdotto il principio dell’equilibrio di bilancio. L’articolo 6 prevede la possibilità di discostarsi dall’obiettivo di bilancio di medio termine in caso di periodi di grave recessione economica ed eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato. Si prevede inoltre che, nella stessa relazione, sia definito il nuovo piano di rientro verso l’obiettivo programmatico di medio termine (MTO).

Come si vede, ci si muove all’interno di uno schema di regole che non lascia affatto libertà di manovra. La gabbia di ferro che attanaglia il nostro Paese prevede solo questa eventualità. E, non a caso, anche il Presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, aveva fatto un netto richiamo a queste regole già nel suo comunicato di mercoledì sera al termine della teleconferenza con i suoi colleghi. Le regole per gli eventi eccezionali sono ben definite: si può ben deviare dall’obiettivo di deficit strutturale, mantenendo la sostenibilità del debito, a patto che le spese sostenute siano direttamente collegate all’evento e che siano solo di natura temporanea.

La lettera parla di evento straordinario “improvviso”, aggettivo su cui ci sarebbe da discutere dopo alcune settimane passate al motto di “abbraccio un cinese”, salvo poi trovarsi di fronte ad un’impennata di contagi. Contiene inoltre due ammissioni, quasi a mezza bocca: il rallentamento dell’economia era già in atto prima dell’epidemia, e questo fa strame delle parole di Gualtieri, che ancora a gennaio si ostinava a ripetere che ci sarebbe stato un rimbalzo nel primo trimestre, dopo il segno negativo del quarto trimestre 2019. Inoltre si sottolinea il buono stato del bilancio pubblico, che ha chiuso il 2019 con un deficit al 1,6%, il più basso dal 2007, nonostante tutta la grancassa sul “conto del Papeete”, ed è ben avviato anche il 2020.

Si tratta di autorizzare un deficit aggiuntivo di €6,35 miliardi (7,5 miliardi lordi) destinati ad ammortizzatori sociali, sospensione dei pagamenti di tasse e contributi, misure di sostegno alle aziende dei territori e dei settori produttivi maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria, anche attraverso concessione di garanzie sui debiti delle imprese. Ci saranno inoltre maggiori risorse per il sistema sanitario, della protezione civile e per le forze dell’ordine. In conseguenza di tali interventi il deficit/PIL salirà dal 2,2% previsto al 2,5%. Gualtieri nella lettera ammette che su questa previsione gravano numerose incertezze, ma è fiducioso di riuscire a rispettare questa stima che sarà comunque oggetto di revisione nel DEF ad aprile. Peccato che le numerose previsioni sul PIL 2020 circolate in questi giorni prevedano una contrazione (tra 1% e 3%) che potrebbe far salire quel rapporto almeno al 3%, ma probabilmente ben oltre, anche senza ulteriori spese aggiuntive. Gualtieri infatti fa i conti senza preoccuparsi del denominatore del rapporto e sono bastate appena 24 ore per ricevere già nuove stime del deficit aggiuntivo da parte del Governo, che ha deciso di ampliare la portata della manovra.

Per non indispettire troppo la Commissione, nel malaugurato caso abbia osato chiedere troppo, Gualtieri non solo promette di tenere il deficit/PIL al 2,5%, ma si affretta subito a chiarire che il Governo intende rispettare l’obiettivo di deficit strutturale (in peggioramento del 0,1%) poiché queste spese aggiuntive sono una tantum e quindi escluse dal calcolo. Non contento di essersi genuflesso a sufficienza, Gualtieri ha l’ardire di affermare che avrebbe pure potuto coprire queste spese a colpi di nuove tasse, ma ha evitato di farlo perché questo avrebbe danneggiato l’economia nazionale ed irritato l’opinione pubblica. Nondimeno promette di riprendere “risolutamente” il percorso di riduzione del debito, non appena le condizioni torneranno alla normalità. Infatti, il piano di rientro che il Parlamento si appresta ad autorizzare prevede di conseguenza un deficit/PIL del 1,8% nel 2021 e del 1,4% ne 2022. Insomma, Gualtieri rassicura i suoi amici di Bruxelles che presto una nuova grandinata di tasse tornerà ad abbattersi sugli italiani. Non poteva mancare la solita litania dell’appello affinché la UE consenta l’uso della flessibilità prevista dal Patto di Stabilità e l’invito all’approntamento di un pacchetto di stimoli fiscali, che non si sa chi e come possa finanziare.

Tutto questo mentre si avvicina la primavera e la Commissione si appresta ad approvare le raccomandazioni specifiche per ciascun Paese e l’Italia è a rischio di violazione sia della regola del debito (come ormai accade da 3 anni) che delle regole dell’obiettivo di bilancio di medio termine.

Non ci voleva certamente una lettera che invoca “comprensione” per avere l’ennesima conferma che il nostro Paese, di fronte ad una sfida le cui dimensioni sfuggono ad ogni stima, si presenta a mani nude e senza alcuna leva efficace da azionare. E si ritrova a ragionare di spiccioli, avvolto in un viluppo di micro regole, peraltro applicate discrezionalmente come accaduto a fine 2018, inadeguate per affrontare un quadro macro economico che invece richiede uno shock economico ben superiore.

Pare che al Governo non interessino tanto i nostri problemi, quanto blandire la Commissione UE che proprio venerdì sera aveva risposto a Gualtieri con una imbarazzante ovvietà: i 6,3 miliardi di maggior deficit annunciati erano da intendersi misure una tantum e quindi escluse dal calcolo del deficit strutturale. E ci mancherebbe. Nella stessa lettera la Commissione ci ricordava della possibilità di avvalersi della clausola di più vasta portata per eventi eccezionali avversi, una clausola di ampia discrezionalità applicativa, prevista dal Patto di Stabilità e Crescita, che consente di evitare l’applicazione della procedura d’infrazione in caso di deviazione dall’obiettivo di bilancio di medio termine. Di fronte ad uno scenario di guerra, la UE è capace solo di proporre il vetusto e provatamente dannoso armamentario, come ieri non hanno perso occasione di ribadire sia Ursula Von Der Leyen che Valdis Dombrovskis.

Proseguendo su questa linea di incredibile appiattimento sulle posizioni di Bruxelles, lunedì mattina, a mercati già in subbuglio, il Ministero dell’Economia ha diramato un comunicato che conferma lo scarto esistente tra il drammatico susseguirsi degli eventi sul fronte sanitario ed economico e le risposte che arrivano dal Governo. Una corsa in cui il Governo è sempre una curva indietro.

Al MEF ritengono che ci sia una “logica coerente” negli interventi degli ultimi giorni: dal punto di vista sanitario, interventi “vigorosi” di contenimento consentiranno di ridurre la durata della fase più acuta dell’epidemia. Allo stesso modo, dal punto di vista economico, un rallentamento temporaneo, seppur severo, è preferibile ad una crisi che duri nel tempo e si allarghi a tutti i settori dell’economia.

Al Ministero sostengono che l’inevitabile impatto delle misure restrittive sulle attività economiche sarà adeguatamente mitigato dalle misure di “sostegno adeguato” preannunciate nella lettera del ministro Paolo Gualtieri alla Commissione UE di giovedì sera ed illustrate nella relazione al Parlamento predisposta dal Governo al fine di ottenere la necessaria autorizzazione alla modifica dei saldi di finanza pubblica.

Le perplessità non mancano. È infatti sotto gli occhi di tutti il ritardo con cui le soluzioni rincorrono i problemi, almeno da 4 settimane. Ma questo è il meno. Si stenta a credere al terzo paragrafo del comunicato. Anziché scrivere che l’entità delle misure è provvisoria e dichiararsi pronti a mettere in campo ulteriori e massicce misure, rassicurando così davvero tutti, da via XX Settembre si affrettano incredibilmente a ribadire, così come avevano fatto nella lettera ai Commissari citata in precedenza, che si tratta di interventi “vigorosi ma commisurati alle esigenze e limitati nel tempo” e che “il Governo si è impegnato a riprendere il sentiero di consolidamento del bilancio e di riduzione del rapporto debito/PIL non appena ciò sarà possibile”. Tradotto, significa che nel 2021 ci aspetta una manovra da 35 miliardi per conseguire un deficit/PIL del 1,8%. Si fa francamente fatica a trovare aggettivi per un’affermazione di questo tenore durante una crisi la cui entità è già drammatica, ancorché tuttora non definibile. In giorni in cui tutti i paradigmi stanno saltando sotto gli scossoni di un doppio shock di offerta e di domanda globale, il nostro Governo trova le parole per rassicurare il rispetto di regole assurde di cui fra poco tempo resterà solo uno sbiadito ricordo, tale sarà la necessità di superarle. Ma l’inadeguatezza di questa risposta risulta ancora più evidente al confronto con quanto la FED di New York ha subito fatto in apertura di giornata. Ha elevato da 100 a 150 miliardi di dollari il tetto giornaliero di finanziamenti a brevissimo termine garantito da titoli (repo) alle principali banche USA che non hanno fatto complimenti ed hanno assorbito la rilevante somma di $233 miliardi in due giorni. Con tale manovra la FED ha inteso garantire un’adeguata offerta di liquidità al sistema bancario ed attenuare il rischio di tensioni sul mercato monetario ed è già in vista un prolungamento degli acquisti mensili di titoli per $60 miliardi oltre la scadenza di aprile. Ma è stato sorprendente anche l’intervento della Merkel che ha annunciato la presentazione in settimana, da parte dei ministri Olaf Scholz e Peter Altmaier, di un piano per fornire liquidità alle imprese in crisi per l’epidemia da Covid-19.

Nella serata di martedì è arrivato il comunicato del Consiglio Europeo riunito in videoconferenza per discutere dell’epidemia da Covid-19. I capi di Governo non sono riusciti ad andare oltre l’espressione di una rituale solidarietà all’Italia, all’affermazione di ovvietà sulle misure in campo sanitario (in cui ognuno continua a marciare per conto proprio) e, in materia economica, non hanno saputo fare di meglio che promettere di applicare con flessibilità le regole del Patto di Stabilità e Crescita e quelle sugli aiuti di Stato. Si sono quindi aggiornati a fine marzo. Da non crederci.

Da ultimo, a conferma di quanto già detto a commento dei primi passi del Governo, questa mattina il Governo ha integrato la relazione al Parlamento elevando da 7,5 (6,3 di maggior deficit) a 25 (20 di maggior deficit) miliardi gli stanziamenti per l’emergenza e di conseguenza il deficit/PIL è previsto salire del 1,1%. Ha purtroppo lasciato inalterata la parte sul piano di rientro. L’impegno ad un deficit al 1,8% nel 2021 purtroppo resta. E resta inalterata anche la sensazione che porre un tetto alle risorse disponibili, in questa fase, sia un esercizio vano.

Insomma, l’onda dello tsunami sta per abbattersi sulla spiaggia, a Bruxelles pensano di svuotare il mare col secchiello bucato ed a Roma si preoccupano solo di reggerlo. Non durerà a lungo.

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