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Carige, Mps, Unicredit e Popolare di Bari. Tutti i dossier bancari bollenti nell’agenda del governo M5s-Pd

Dal salvataggio di Carige all'uscita del Tesoro dal capitale di Mps. Dalle mire straniere su Unicredit al futuro incerto per la Popolare di Bari, fino all'ipotesi di una Superpopolare del Mezzogiorno. Ecco i dossier clou creditizi che dovrà seguire il Conte bis in salsa giallo-rossa.

 

Il capo dello Stato ha convocato per stamattina al Quirinale Giuseppe Conte. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha in mano le chiavi del Paese e in questo momento è osservato speciale dal gotha finanziario italiano. E non solo. C’è un settore dell’economia italiana, quello bancario, che forse più di altri potrebbe subire gli effetti negativi di una prolungata crisi di governo o, peggio, di un eventuale scioglimento anticipato delle Camere.

Le partite delicate aperte, tra le banche del Paese, sono tante e i pericoli molteplici. Osservatori e tecnici seguono da vicino i giochi di palazzo tra Democratici e Cinque stelle. In ballo ci sono la stabilità dell’intera industria creditizia e il rischio di nuove invasioni da parte di colossi internazionali. I nomi su cui concentrarsi sono Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Carige, Popolare di Bari. Ma non solo.

Partiamo dalla questione Mps: entro dicembre il Tesoro deve decidere come uscire dalla banca di cui ha il 68.5%. Non si scappa. Roma stava negoziando un Bruxelles una proroga di sei mesi per cedere la quota pubblica a privati. Ma il tavolo può saltare e il rischio, se mancherà la necessaria protezione politica, è una svendita a fondi speculativi.

Altra faccenda delicata è quella delle banche popolari in bilico e coi bilanci in rosso, a cominciare dalla Popolare di Bari che ha un buco di mezzo miliardo di euro e piccoli soci in subbuglio perché non riescono a vendere le quote: c’è un progetto, caldeggiato dalla Banca d’Italia, volto a creare una holding del Sud per favorire una maxi aggregazione. Ma, anche qui, serve un intervento normativo – secondo alcuni addetti ai lavori – che verrebbe a mancare con il ricorso anticipato alle urne.

Dalla Puglia ci spostiamo a Genova per il dossier Carige: siamo all’ultimo miglio del salvataggio. La Bce ha appena dato il via libera di massima al piano di ricapitalizzazione che vede in campo le Casse trentine e il Fondo interbancario di tutela dei depositi. Per il rilancio completo, tuttavia, è fondamentale il sostegno del governo anche in chiave di dialogo con le istituzioni europee, oltre che per sedare dubbi e critiche sull’intervento non proprio nel solco della cooperazione da parte di Cassa centrale banca in Carige.

E poi occhio a Unicredit. Il 3 dicembre sarà presentato il nuovo piano industriale. Quale direzione prenderà il gruppo di Piazza Gae Aulenti non è affatto chiaro. La banca è stata alleggerita e più di un osservatore guarda a una aggregazione di stampo europeo. Il pericolo è che la seconda banca italiana faccia la preda e non il predatore. E senza un Paese forte alle spalle, un eventuale assalto sarebbe difficile da ostacolare.

Ma se questa legislatura va a gambe per aria possiamo dire addio anche anche Commissione d’inchiesta sulle banche. Che dovrebbe partire a settembre. Sulla carta, era in qualche modo l’occasione per fare chiarezza sugli scandali del passato, dalla Popolare dell’Etruria alle due banche venete. I responsabili dei crac e dissesti finanziari fanno il tifo per le urne. Almeno sappiamo con certezza chi brinderà, in caso di scioglimento anticipato delle camere.

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