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Airbus e non solo. Tutti gli affari della Francia con la Cina (dopo gli sbuffi di Macron contro l’Italia)

Ecco parole, contraddizioni e affari della Francia di Macron tanto lesta a borbottare contro l'Italia quanto rapida a firmare accordi con la Cina

Prima gli sbuffi della Francia, che con la Germania non ha di certo plaudito alla firma del Memorandum fra Italia e Cina siglato lo scorso fine settimana a Roma in occasione della visita del presidente cinese, Xi Jinping, a Roma.

Poi, dopo qualche ora, la stessa Francia per mano del presidente Emmanuel Macron appone la firma a sostanziosi accordi commerciali e tecnologici con la Repubblica popolare cinese dal valore ben superiori rispetto a quelli siglati dall’Italia.

Ecco parole e contraddizioni del presidente Macron.

GLI AFFARI FRANCIA-CINA

La Francia ieri ha incassato un maxi ordine di Airbus dalla Cina. Non solo: Macron ha pure ribadisce davanti a Xi Jinping la necessità di un “forte partenariato eurocinese”. Parole e toni in chiave anti americana.

LE CARINERIE DI MACRON VERSO XI

Il presidente francese ha accolto il presidente cinese con tutti gli onori, prima nella cena di domenica in Costa Azzurra e ieri con l’arrivo davanti all’Arco di Trionfo, seguito da una riunione di lavoro e dalla cena ufficiale all’Eliseo, ha raccontato il corrispondente da Parigi del quotidiano la Repubblica.

LA COSPICUA COMMESSA CINESE PER AIRBUS

L’incontro bilaterale si è concluso con un risultato importante per la Francia. Come detto, la Cina ha infatti sottoscritto un accordo con il governo di Parigi per l’acquisto di 290 Airbus A320 e 10 aerei di linea A350 da parte della società statale China Aviation Supplies Holding Company.

IL VALORE DELL’ACCORDO

Il valore totale dei contratti è stimato a 30 miliardi di euro, ed è superiore a un primo ordine pattuito un anno fa, durante la visita del presidente in Cina, ha notato Repubblica.

LE ALTRE COLLABORAZIONI

Il presidente francese ha anche annunciato che la Francia e la Cina collaboreranno a tre “progetti pilota” di investimento nell’ambito della Via della Seta. È la posizione di compromesso che Macron vuole promuovere, ovvero un’adesione puntuale e non globale al piano di infrastrutture di Pechino in Europa.

LE DIFFERENZE TRA ITALIA E FRANCIA

Dunque l’Italia ha aderito con un Memorandun alla Via della Seta, la Francia non ha firmato un MoU complessivo seppure ampio ma generico come quello italiano però ha siglato un accordo con la Repubblica popolare su tre progetti pilota.

PAROLE E FATTI

Mentre nel chiuso del Palazzo presidenziale esprimeva all’interlocutore cinese le sue “preoccupazioni per i diritti umani” a Pechino, Macron firmava – oltre a quello di Airbus – accordi per “molti miliardi di euro” che interessano i settori del nucleare, aeronautico, navale, dell’ambiente, dell’energia, della ricerca spaziale, artistico.  E poi un accordo per la costruzione di dieci navi portacontainer per 1,2 miliardi di euro.

LA CHIOSA DIU HUFFINGTON POST

“Se non è una Via della Seta, quella tra Parigi e Pechino, è di certo una via commerciale preferenziale che farà entrare nelle casse di aziende e banche francesi diverse decine di miliardi. Basti pensare che le intese firmate tra Italia e Cina hanno un valore potenziale di “soli” venti miliardi”, ha notato Huffington Post.

L’ANALISI DEL SOLE 24 ORE

“La Francia e la Germana hanno strutture diplomatiche solide e orientate al business e dispongono di grandi imprese che, in Cina, fanno affari fin dagli anni Settanta”, ha commentato Paolo Bricco del Sole 24 Ore: “L’Italia ha sempre scontato, nei confronti di essa, tre problemi. Il primo problema è la scarsa attitudine economica delle nostre feluche ad appoggiare le aziende impegnate all’estero. Il secondo è una tradizione di politica estera che all’atlantismo ha unito – fin dalla Democrazia Cristiana di Aldo Moro e di Giulio Andreotti – una maggiore attenzione all’Africa e al Medio Oriente. Il terzo problema è una precisa parabola della fisiologia del nostro sistema industriale: negli ultimi 25 anni l’Italia ha sperimentato il ridimensionamento della grande impresa pubblica e privata, la fine della cultura industriale e della internazionalizzazione di matrice Iri e il ritiro – su posizioni da rentier o da investitori finanziari – delle famiglie storiche del capitalismo italiano dello scorso secolo e l’incapacità delle medie aziende di diventare grandi aziende. Tutto ciò ha reso molto complicato per le imprese italiane muoversi – in una solitudine per nulla splendida – nella enigmatica realtà cinese”.

 

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