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L’attacco Usa in Siria? Le armi chimiche sono una scusa. E Gentiloni… L’analisi di Pelanda

“Quella delle armi chimiche è una scusa, utilizzata per giustificare l’uso della forza. Un modo dell’America per affermare di far parte dei buoni”. Parola di Carlo Pelanda, saggista, analista e coordinatore del dottorato di ricerca in Geopolitica economica dell’Università Marconi di Roma. E sulla posizione dell’Italia, Pelanda chiosa: “Si può anche capire la strategia di voler mantenere…

“Quella delle armi chimiche è una scusa, utilizzata per giustificare l’uso della forza. Un modo dell’America per affermare di far parte dei buoni”. Parola di Carlo Pelanda, saggista, analista e coordinatore del dottorato di ricerca in Geopolitica economica dell’Università Marconi di Roma. E sulla posizione dell’Italia, Pelanda chiosa: “Si può anche capire la strategia di voler mantenere una posizione ambigua perché l’Italia, come la Germania, ha molto da perdere in termini commerciali da un deterioramento dei rapporti con la Russia. Ma Gentiloni avrebbe dovuto semplicemente tacere. Se dalle basi italiane partono gli Orion per pattugliare la flotta russa nel Mediterraneo stai comunque partecipando all’attacco”.

Ecco l’intervista di Start Magazine.

Prof. Pelanda, quali sono le ragioni dell’attacco di stanotte in Siria?

La ragione immediata è che se un presidente americano dice che attacca, poi deve attaccare. La ragione profonda è più complessa: Trump deve dimostrare di saper ricostruire la sfera d’influenza dell’impero americano. Prima ha tentato l’arma dei dazi, poi ha capito che rischiava di creare problemi agli Stati Uniti. E quindi, verso la fine di gennaio, su suggerimento della burocrazia imperiale americana, ha deciso di utilizzare l’unico vantaggio residuo che gli restava: la superiorità militare.

Dunque quali sono i veri fini dei missili?

Segnare con più chiarezza i nemici in modo da poter chiedere la lealtà agli alleati. È la ricostruzione della sfera di influenza Usa. Questo gli inglesi l’hanno capito subito, ed è il motivo della reazione esagerata a un banale avvelenamento di spie nel Regno Unito (il caso Skripal, ndr).

La strategia di Trump sta funzionando?

Sì. Putin è nei guai e la Cina è preoccupatissima. Aggiungiamo che gli attori di mercato preferiscono di gran lunga l’uso delle armi a scopi dissuasivi, rispetto a un’escalation della guerra commerciale che potrebbe davvero distruggere il mercato globale.

Quindi l’attacco rimarrà circoscritto?

L’attacco è solo un atto simbolico: hanno colpito tre obiettivi ridicoli, senza ammazzare nemmeno un russo.

La politica estera di Trump in Siria è diversa da quella di Obama?

La politica estera americana deve necessariamente operare in continuità. Qualunque presidente è condizionato pesantemente dalla burocrazia imperiale americana, 2500 persone che sono i garanti della continuità in politica estera. La differenza fra i due è che Obama usava molto la carota, per esempio coi trattati commerciali, mentre Trump utilizza il bastone. Ma vedrete che le due linee convergeranno e i trattati verranno recuperati. Inizialmente sembrava che Trump fosse davvero in confusione sulla politica estera. Poi è arrivata a svolta, la scorsa estate, grazie a un documento del Congressional Research Institute. Sostanzialmente il Congresso scriveva che gli USA stavano perdendo tutte le posizioni di influenza strategica e commerciale al mondo, a favore di Russia e Cina. Da lì si è passati all’azione.

E l’attacco ad Assad sin inserisce in questa strategia?

Fa parte della strategia della nemicizzazione, una tecnica per compattare l’Occidente.

Assad ha utilizzato armi chimiche?

Quella delle armi chimiche è una scusa, utilizzata per giustificare l’uso della forza. Un modo dell’America per affermare di far parte dei buoni. In realtà all’Occidente della Siria importa poco.

Quindi non pensa sia vero che in Siria siano state usate armi chimiche?

È totalmente irrilevante. Le armi chimiche le usano ogni giorno, ma questo non c’entra nulla. Il punto è trovare una scusa per nemicizzare Assad, per poter invocare le regole dell’Onu. Tutto nell’ottica dell’interesse americano e dell’Occidente: tornare a un equilibrio del terrore, per limitare la Cina. È lei il vero bersaglio. Perché è il vero competitor, l’unica in grado di sostituire l’Occidente nel controllo globale. Per ora la strategia sta funzionando, la Russia è in difficoltà e cerca di negoziare sottobanco e la Cina è preoccupatissima.

Come si sta comportando l’Italia?

L’Italia non ha capito nulla, lo dimostrano le ultime dichiarazioni di Gentiloni (il premier ha sottolineato come dalle basi italiane non partissero attacchi diretti alla Siria, ndr). Si può anche capire la strategia di voler mantenere una posizione ambigua perché l’Italia, come la Germania, ha molto da perdere in termini commerciali da un deterioramento dei rapporti con la Russia. Ma Gentiloni avrebbe dovuto semplicemente tacere. Se dalle basi italiane partono gli Orion per pattugliare la flotta russa nel Mediterraneo stai comunque partecipando all’attacco…

C’è il problema che in questa particolare fase il governo non è pienamente legittimato, qualunque decisione assuma.

A maggior ragione Gentiloni dovrebbe tacere. È chiaro che non ha capito il momento storico, questo atteggiamento sta mettendo in scacco l’Italia. Del premier ho una certa stima, ma è chiaro che non è adeguato a gestire le questioni ordinarie. E che il Quirinale dovrebbe darsi una mossa, più di quanto non stia già facendo.

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