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Algeria

Vi racconto le ultime bizzarrie di Luigi Di Maio. I Graffi di Damato

Parole, opere e omissioni di Luigi Di Maio su nave Gregoretti e non solo

Da carissimi amici, finiti anche nei murales con i loro baci evocativi della impossibilità di fare uno a meno dell’altro, come nei versi di Ovidio, o di Marziale, o di Tibullo, che ancora se li contendono dall’aldilà come autori, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, in ordine rigorosamente alfabetico, sono dunque diventati finalmente, e davvero, i carissimi nemici d’altronde anch’essi anticipati in qualche murale durante la loro movimentata e comune avventura di governo.

La loro storia marcia adesso verso un processo, salvo le solite sorprese della politica, attraverso la quale dovrà passare il preliminare dell’autorizzazione del Senato, in cui Salvini è stato prenotato dall’accusa come sequestratore di cento e più migranti, trattenuti per tre notti su una nave per giunta della Guardia Costiera italiana, nell’esercizio abusivo delle funzioni allora di ministro dell’Interno. Di Maio invece si è offerto come testimone a carico nella sua triplice veste, nel non lontano mese di luglio di quest’anno, di vice presidente del Consiglio e di ministro del pur mancato Sviluppo Economico, stando almeno ai dati dell’Istat, e del pur carente Lavoro.

Gli anni di galera che rischia baldanzosamente Salvini, se la sua avvocata Giulia Bongiorno non riuscirà a ripetere il miracolo della difesa del compianto Giulio Andreotti per reati ancora più gravi, saranno una quindicina. Sono sei invece gli anni che rischia Di Maio per falsa testimonianza, avendo Salvini ripetuto col presunto sequestro di migranti sulla nave di luglio le stesse cose fatte l’anno prima su un’altra nave, anch’essa militare, a salvaguardia di un interesse nazionale superiore certificato dal medesimo governo, non da un altro.

Ma più di tutte queste notizie di cronaca giudiziaria, diciamo così, vale naturalmente lo sgomento procurato dalla consapevolezza tutta politica che questo Paese sia stato per diciotto mesi e forse anche più nelle mani di un governo di tal genere e sia ora nelle mani di un altro guidato dallo stesso presidente del Consiglio e composto per una buona metà da uomini e donne dello stesso partito, quello comunemente chiamato grillino, fra i quali il medesimo Di Maio compensato della mancata conferma a vice presidente del Consiglio con la nomina a ministro degli Esteri. Ripeto e preciso: ministro per gli affari esteri e la cooperazione internazionale.

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