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Conte

Vi racconto i balletti tra Conte, Zingaretti e Renzi. I Graffi di Damato

Lo stato di salute del governo Conte tra i subbugli di M5S, le democratiche aperture del Pd di Zingaretti e le staffilate di Italia Viva di Renzi: I Graffi di Francesco Damato

Persino Eugenio Scalfari, che è il quasi decano del giornalismo italiano dopo il più che centenario Sergio Lepri, trova da qualche tempo difficoltà a scegliere per gli appuntamenti domenicali con i lettori della “sua” Repubblica l’argomento o l’evento di politica interna e persino internazionale su cui attardarsi, tanto è confusa o sgradita la situazione. Pertanto egli ricorre alla filosofia, alla religione, alla cultura e via dicendo per sollevarsi lo spirito. Lo ha appena confessato quasi scusandosene col pubblico, prima di approdare stavolta alla musica.

Marco Travaglio, da giovane e svelto com’è, non ha invece esitato a promuovere ad evento della settimana la resurrezione al terzo giorno, come Gesù Cristo, del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, da lui notoriamente molto apprezzato. Che, sommerso dalla gaffe unanimemente considerata dello spericolato e mancato incontro a Palazzo Chigi fra i due rivali che si contendono la Libia a suon di armi e di alleanze o pertugi internazionali, è riuscito dopo la visita del solo generale Haftar a far venire a Roma anche al Sarraj, il premier di Tripoli riconosciuto dall’Onu. Non è stato l’incontro a tre che Conte avrebbe desiderato, e che invece sembra che stia per svolgersi al Cremlino con la più felice o fortunata regìa di Putin, ma non fa niente, almeno nella visione e per i gusti del Fatto Quotidiano.

Eppure ai fini della salute e della durata del governo italiano la notizia di giornata, o della settimana che si chiude, è un’intervista di Matteo Renzi. Che – non si è ancora capito se ancora dalla Cina, raggiunta nei giorni scorsi come conferenziere, o appena tornato in Patria – ha affidato al Corriere della Sera preoccupazioni, moniti e quant’altro per come procedono gli affari ministeriali e, più in generale, politici. E’ sempre più improcrastinabile, secondo lui, un “cambio di passo” del governo Conte, che pure egli ha così improvvisamente voluto nella scorsa estate interrompendo la dieta di pop-corn scelta per sé, e imposta poi al partito di cui ancora faceva parte, di fronte all’alleanza fra grillini e leghisti realizzatasi all’inizio della legislatura.

“Adesso – ha detto Renzi dopo essersi vantato della svolta estiva contro l’altro Matteo, cioè Salvini – va evitato l’immobilismo. Conte si è preso qualche giorno per la verifica: aspettiamo le elezioni in Emilia” del 26 gennaio, in contemporanea con quelle in Calabria, neppure citate dalll’ex presidente del Consiglio, “e poi tireremo le somme”. Che, senza voler fare l’uccello del malaugurio, non sembra proprio un modo di dire tranquillizzante. Sa tanto, piuttosto, di quello “stai sereno” dallo stesso Renzi indirizzato nel 2013 come segretario del Pd fresco di elezione all’allora presidente del Consiglio Enrico Letta. Che, apprestatosi ad una verifica, si ritrovò sfrattato da Palazzo Chigi.

Chiamato nell’’intervista a pronunciarsi anche sui cambiamenti propostisi nel e per il proprio partito da Nicola Zingaretti, incoraggiato da Repubblica con un titolone da rima come “Tanti sì al nuovo Pd”, Renzi si è praticamente fregato le mani per la soddisfazione, pensando ai vantaggi che potrebbero derivare, sulla strada della concorrenza verso il centro o il versante moderato, alla sua Italia Viva.

“Se pensano – ha detto il senatore di Scandicci parlando di Zingaretti e degli altri ex compagni o amici di partito – che la soluzione sia davvero aprire alle Sardine, alla società civile recuperando un rapporto con la Cgil o assorbendo Leu”, cioè la formazione creata contro di lui nel 2017 da Pier Luigi Bersani e Massino D’Alema, in ordine rigorosamente alfabetico, “noi di Italia Viva non saremo in difficoltà. Anzi, ci si apre un’autostrada, Spostandosi sulla piattaforma di Corbyn o di Sanders”, il laburista inglese sconfitto recentemente nelle elezioni britanniche dai conservatori e il senatore democratico americano in corsa contro Trump, “si perde. Noi siamo un’altra cosa: radicalmente riformisti. In bocca al lupo a ciò che verrà dopo il Pd. Italia Viva sarà una casa accogliente per tutti i riformisti”. Se questa di Renzi non è una sfida, destinata in quanto tale a moltiplicare anche i problemi della comune maggioranza giallorossa di governo, ditemi voi come chiamarla.

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