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Giorgetti

Vi racconto come giornaloni e giornalini stanno sbroccando

I giornali di carta sfogliati dal notista politico Francesco Damato

Per quanto forte, si fa per dire, delle debolezze e persino delle cretinerie di alcuni che gli fanno la guerra fuori e persino dentro la sua stessa maggioranza, dove si sono levate voci, per esempio, per la “parlamentarizzazione” e conseguenti modifiche votabili tra Camera e Senato di uno strumento come il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri – dpcm – sull’emergenza virale, pensato e praticato apposta per sottrarlo all’esame del Parlamento, è francamente difficile che Giuseppe Conte possa cedere alla tentazione dei pur amici del Fatto Quotidiano. Che con una vignetta di Riccardo Mannelli in prima pagina gli hanno suggerito una reazione tipicamente grillina alle proteste provocate dalle misure e raccomandazioni adottate o formulate per fronteggiare la seconda ondata della pandemia: gridare anche per iscritto, con un altro dpcm: “Andate pure liberamente affanculo”. E scusate, naturalmente, la parolaccia.

Temo, per Conte e i suoi sostenitori, che non basteranno a placare rabbia e quant’altro neppure i “ristori” deliberati da un apposito e omonimo decreto legge per compensare ristoranti e altre attività danneggiate dalle ultime o penultime misure restrittive, specie se i 5 o i 7 miliardi di euro stanziati per essere spesi entro metà novembre -neppure sui numeri le versioni sono univoche sui giornali- dovessero perdersi per strada per le solite bizzarrie burocratiche, o rivelarsi davvero “l’elemosina di 5000 euro” una tantum a ciascuna delle aziende interessate, come ha sparato su tutta la sua prima pagina il quotidiano La Verità. Che per fortuna nella sua stessa testata si chiede umilmente in latino “quid est veritas?”: cosa che ai sovietici della omonima Pravda sarebbe costata probabilmente la galera.

Nel “pandemonium” provocato dalla pandemia, e tradottosi in un felice titolo del giornale Il Quotidiano del Sud diretto da Roberto Napoletano, trovo anche sprecato il tempo che impiegano persino al Viminale, ma forse già anche nelle Procure della Repubblica, per scoprire, denunciare, processare e condannare con rito sommario “chi soffia sul fuoco” delle proteste per trarne profitto, tra criminalità comune, organizzata e persino politica, con la coda dell’occhio rivolta -diciamolo francamente- anche al solito “capitano” leghista Matteo Salvini. Che tuttavia non mi sembra somigliare all’omino immaginato da Emilio Giannelli nella vignetta di prima pagina del Corriere della Sera sulla “seconda ondata” pandemica che sta travolgendo la barca a remi di un Conte col naso ancora più lungo di quello che ha, con o senza il permesso di Pinocchio.

Tutti e nessuno contemporaneamente possono soffiare, volenti o nolenti, sul fuoco della protesta e – aggiungerei – del disorientamento e della paura: persino i vignettisti, o certi titolisti che si compiacciono della loro carica polemica o ironica. Penso, per esempio, a quel “bluff” di Conte che “gioca sporco” sparato da Libero, peraltro sull’”arrivo dei forconi a palazzo” annunciato da Vittorio Feltri. O alla sfasciavetrine cui Nico Pillinini sulla Gazzetta del Mezzogiorno fa dare una mano ai commercianti che vogliono “tenere aperti i negozi”. O a Stefano Rolli che sul Secolo XIX raccomanda di contenere anche “le sommosse non oltre le 18” consentite dal decreto Conte. E persino a quegli spiritosi del Foglio che liquidano come “la rivolta dei fighetti” le proteste contro la chiusura dei teatri e dei cinema, che se la passavano “male” già “prima del Covid”, per cui adesso potrebbero anche chiudere definitivamente senza tante storie.

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