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Di Maio

Tutte le capriole del documento di Berlino sulla Libia (e perché Haftar gongola). Il commento di Gagliano

Prime riflessioni sulla conferenza di Berlino sulla Libia. Il commento di Giuseppe Gagliano

Alcune provvisorie riflessioni sulla conferenza di Berlino sulla Libia.

In primo luogo sembrerebbe che le conclusioni alle quali sono giunti al vertice di Berlino legittimerebbero il ruolo del generale Haftar e complessivamente lo status quo, cioè quanto deciso dalla tregua conseguita dai russi e dai turchi a Mosca. In altri termini, la balcanizzazione del conflitto.

D’altronde il non avere neppure affrontato il problema del ritiro delle truppe del generale Haftar costituisce un evidente vittoria politica del generale. Non dimentichiamoci infatti che, piaccia o meno, il generale Haftar controlla il 50% dell’export petrolifero libico.

Ma ammesso che il ritiro fosse stato indicato nel documento, l’Europa sarebbe veramente in grado di imporlo? E’ lecito dubitarne.

In secondo luogo, le alternative indicate per la soluzione della crisi libica appaiono paradossali se si considera che non pochi attori coinvolti hanno determinato la crisi libica nel 2011 ma soprattutto se si considera il numero dei player coinvolti, i loro contrastanti interessi e soprattutto il fatto che l’equilibrio interno, reale e concreto, non è determinato dai vertici internazionali ma dalla dinamica conflittuale delle tribù libiche.

In terzo luogo, avere sottolineato la necessità dell’embargo appare paradossale se si considera il ruolo rilevante che hanno avuto – e hanno – numerosi paesi presenti al vertice di Berlino nella esportazione di armi. Dovrebbero forse questi stessi Stati far rispettare l’embargo sulle armi contro il loro stessi interessi?

In quarto luogo, non possiamo non domandarci come una semplice forza di interposizione possa salvaguardare la stabilità libica alla luce della ampia e capillare conflittualità libica e, soprattutto, alla luce degli interessi contrastanti tra le varie tribù libiche. Non a caso l’indeterminatezza della missione militare relativa al monitoraggio della missione costituisce uno dei tanti anelli deboli del vertice di Berlino.

In quinto luogo, se il vertice di Berlino – come quello di Palermo – fosse riuscito veramente a incidere a livello politico – non si comprende perché Haftar, a poche ore dalla conclusione del vertice, abbia chiuso i terminali petrolieri della Sirte.

Quanto al nostro Paese, è difficile negare che abbia oramai perso ogni possibilità di avere un ruolo decisivo sulla questione libica.

L’assenza di una strategia improntata al realismo politico non solo ci danneggerà sempre di più nel corso del tempo – si pensi soltanto alla questione della immigrazione – ma nello specifico danneggerà i nostri interessi economici. E non ci si riferisce solo alla Eni ma anche agli accordi sulla Zee tra la Turchia e Sarraj.

In sesto luogo se questo vertice ha apparentemente legittimato l’Onu, in realtà le numerose risoluzioni del consiglio di sicurezza sono state costantemente violate durante il conflitto libico vanificando ancora una volta l’autorevolezza e la credibilità di quest’istituzione sovranazionale. Lo stesso discorso vale anche per l’Ue che non solo è arrivata a cose fatte ma che è divisa al suo interno.

Ultima considerazione. È difficile negare che i dibattiti svoltesi a Berlino siano sostanzialmente autoreferenziali, siano cioè lontani dalla realtà libica in cui le posizioni di forza si basano soprattutto sulle armi e non sulle chiacchiere.

Proprio a dimostrazione di quanto affermato, le forze armate di Tripoli hanno denunciato le costanti violazioni del cessate il fuoco; per quanto riguarda poi la produzione petrolifera non solo i più importanti giacimenti petroliferi presenti nel sud ovest della Libia sono stati chiusi ma la Noc ha confermato il blocco del gasdotto che connette i giacimenti di El-Sharara e El-Feel.

Quest’ultimo, come ampiamente noto, è certamente il più importante giacimento petrolifero del Paese mentre quello di El- Feel è il secondo in ordine di grandezza.

Anche se può sembrare insieme provocatoria e assolutamente semplicistica o schematica come conclusione, si potrebbe dire che chi controlla il petrolio controlla la Libia.

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