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Sì Tav a Torino, tutti i messaggi a Conte, Di Maio e Appendino

Dicono 30.000 ma forse erano anche di più alla manifestazione SI Tav di piazza Castello di Torino. Ovviamente composta, perché per la sua natura piemontese e per composizione sociale si è trattato di una sonora risposta non solo a una sindaca, Chiara Appendino, ormai lasciata andarE alla deriva, ma anche al quadro politico nazionale. A…

Dicono 30.000 ma forse erano anche di più alla manifestazione SI Tav di piazza Castello di Torino. Ovviamente composta, perché per la sua natura piemontese e per composizione sociale si è trattato di una sonora risposta non solo a una sindaca, Chiara Appendino, ormai lasciata andarE alla deriva, ma anche al quadro politico nazionale.

A passar tra la folla si coglievano commenti poco lusinghieri – nel moderato sarcasmo piemontese che lascia comunque poco scampo – sia sulle competenze di Luigi Di Maio sia sulle scelte economiche del governo.

Anche dal palco, le sette “madamin” che si sono messe alla guida della manifestazione hanno marcato la distanza incolmabile di approccio culturale rispetto alle tendenze attuali, inadatte per modi (grossolani e impreparati) e contenuti (contro lo sviluppo) nel guidare non solo Torino, ma il Paese, hanno messo in evidenza.

La stessa impronta piemontese, rivendicata come identità, era letta come contributo in un contesto aperto: abbiamo fatto la televisione, l’auto, l’unità d’Italia, cioè tutte cose con effetti molto più ampi del territorio d’origine.

Quando sono partite le note dell’inno di Mameli e la piazza si è messa a cantare senza indugio alcuno, vi era uno spirito risorgimentale più nazionale: come se si trattasse di un cantiere ancora aperto.

Così, alla prima manifestazione colma di bandiere europee dopo anni di antieuropeismo, con i gesti di affetto verso la Francia nei piccoli tricolori indossati e nelle parole dal palco, con i vari richiami al Cavour dei mercati liberi e delle infrastrutture, con un dichiarato orientamento allo sviluppo economico aperto, si è registrato un cambiamento di tendenza.

È stato un errore per la Appendino scaricare la dimensione civica, e per i gialloverdi spingere verso una chiusura autarchico-nazionale dell’economia italiana.

La piazza di Torino delle imprese, delle madamin e delle famiglie – che davvero richiama lo stesso tessuto sociale della marcia dei 40 mila – ha reagito in senso opposto, sull’apertura all’Europa, sullo sviluppo, e sul completamento della Torino-Lione.

Erano anni che non accadeva.

 

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