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Russia

Come Putin sta gestendo economia ed equilibri di potere interni alla Russia

  L’analisi di Fabio Vanorio, blogger di Start Magazine, e Giacomo Petroni sulle ultime mosse di Putin su fisco e nomine  Nella giornata di ieri, 17 luglio, il Comitato Bilancio della Duma ha proseguito l’esame di una proposta di legge per la creazione di regioni amministrative speciali già da settembre-ottobre prossimi nelle aree di: Russky Island…

Nella giornata di ieri, 17 luglio, il Comitato Bilancio della Duma ha proseguito l’esame di una proposta di legge per la creazione di regioni amministrative speciali già da settembre-ottobre prossimi nelle aree di:

  • Russky Island (regione di Pimorsky Krai, al confine con la Nord Corea)
  • Oktyabrsky Island (regione di Kaliningrad)

con una stima, effettuata da uno dei promotori del progetto, Viktor Pinsky (Russia Unita), di nuovi flussi di investimento pari ad un miliardo di dollari.

 

 

Obiettivo della nuova normativa è l’avvio della c.d. “de-offshorization” del business russo attualmente all’estero. Le zone amministrative speciali dovrebbero godere di uno status simile a quello di “zona franca”, subentrando così (nella pianificazione fiscale delle holding russe) alle tradizionali piazze offshore occidentali. L’assenza di tassazione è prevista applicarsi ai dividendi distribuiti agli azionisti di maggioranza (in possesso di almeno il 15% del capitale della società). Analogamente, i redditi percepiti da azionisti stranieri in holding pubbliche sono previsti essere tassati al 5%.

Obiettivo della creazione di tali regioni a fiscalità agevolata è il rientro sul territorio di asset russi dall’estero, la protezione dalle sanzioni internazionali attraverso il trasferimento di attività russe detenute all’estero in zone protette, ed in generale l’introduzione di schemi di incentivi ad effettuare investimenti esteri in Russia.

La proposta di legge rientra nell’ambiziosa agenda di riforme economiche che il Presidente Putin intende realizzare con l’obiettivo di migliorare lo standard di vita della popolazione e portare la Russia tra le cinque economie più sviluppate al mondo entro il 2024. In tal senso, sono previste anche decisioni impopolari ma necessarie, come l’elevazione dell’età pensionabile da 55 a 63 anni per le donne e da 60 a 65 per gli uomini.

Il Putin IV, quarto mandato del Presidente russo, è iniziato il 7 maggio scorso all’insegna di un silenzioso procedere nei piani di realizzazione della suddetta agenda. Al fine di non destare attenzione alle decisioni di politica interna, lasciando la scena mediatica ai recenti, noti eventi coreografici di politica internazionale, Putin non ha immediatamente operato modifiche essenziali nelle posizioni chiave delle strutture di potere lasciando quasi intatto l’organigramma del Consiglio di Sicurezza e dell’Amministrazione Presidenziale che, come molti esperti evidenziano, rappresenta il vero centro di comando e controllo, dove le linee strategiche di politica interna ed estera vengono formulate per poi essere passate al governo e agli altri organi istituzionali per l’esecuzione.

La scelta di non effettuare immediatamente significativi cambiamenti nei vertici dirigenziali sembra seguire tre direttrici principali:

  • Putin non ritiene di dover cambiare una squadra che ha dimostrato di saper gestire piuttosto positivamente una fase molto delicata per la tenuta economica e sociale del paese, resa complicata dal crollo del prezzo del petrolio, dalla crisi Ucraina, da quella siriana e da due tornate di sanzioni internazionali.
  • Putin è da sempre estremamente cauto nelle nomine poiché esse sono frutto di un animato scontro tra i vari gruppi di potere dell’élite. Il Presidente mantiene un ruolo di arbitro che, talvolta, non riesce ad evitare scontri piuttosto duri tra i diversi gruppi. Alimentare ulteriormente frizioni o scontri di potere in un periodo di scelte delicate sul piano economico, dunque, non è auspicabile per la stabilita’ interna.
  • Putin si trova nell’ultimo mandato da Presidente consentito dall’attuale costituzione russa. Per questo, ogni sua nomina sara’ ponderata in maniera tale da creare le giuste aspettative nel sistema relativamente al suo futuro ed al futuro della Russia.

Anche le scelte effettuate nelle riconferme aiutano nel formulare ipotesi su quanto stia attualmente avvenendo in Russia. Oltre ai tre Ministeri base dell’Esecutivo (il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov, della Difesa Shoigu e dell’Interno Kolokoltsev), la riconferma di Dmitri Medvedev quale Primo Ministro è un segnale della priorità attribuita da Putin al rapporto interpersonale come garanzia di esecuzione immediata dei suoi ordini. Diversi i punti di forza di Medvedev nell’impostazione di Putin:

  • Fedeltà: Medvedev negli anni non ha mai contrastato il corso delle scelte di Putin, in primis restituendo volontariamente il potere dopo il suo mandato da Presidente del 2008/2012;
  • Ridotto Consenso: Medvedev è stato recentemente indebolito a causa di una video-inchiesta pubblicata dall’attivista Alexei Navalny nel 2017, nella quale gli si rivolse l’accusa di occultare, tramite una serie di fondazioni caritatevoli, un ingente patrimonio immobiliare. Dovendo gestire l’introduzione delle sopra accennate riforme, radicali ed impopolari, agli occhi di Putin e’ sicuramente la persona adatta. Medvedev, e’ verosimile che, a riforme introdotte, sarà sostituito nel suo ruolo istituzionale, senza essere pero’ relegato in ruoli secondari.
  • Collegamento tra gruppi di interesse: Medvedev è allo stesso tempo leader del partito Russia Unita (trait d’union, dunque, tra Duma, Governo e Cremlino) ed esponente di rilievo del gruppo di potere dei liberali. In questa seconda veste, Medvedev funge da garante delle istanze di quella parte dell’élite formata da economisti, imprenditori e giuristi (Civiliki) che si contrappone alla visione politico/economica degli appartenenti ed ex appartenenti ai servizi di sicurezza e delle strutture militari (Siloviki). I Civiliki spingono per una normalizzazione delle relazioni internazionali che favorisca una maggiore apertura dell’economia russa alle economie occidentali. Dalla parte opposta, i Siloviki, hanno un approccio più muscolare nelle relazioni internazionali e, negli anni, hanno acquistato sempre più potere, andando a ricoprire ruoli chiave nelle istituzioni e nelle grandi aziende nazionali. Il Presidente Putin cerca di mantenere un delicato equilibrio tra le due fazioni, nonostante egli stesso provenga dai servizi di sicurezza e sia stato l’artefice principale dell’ingresso nelle stanze del potere di numerosi esponenti militari e dell’intelligence.

Le nuove nomine rappresentano un bilanciamento tra uomini strettamente vicini al Presidente Putin, e personalita’ maggiormente in confidenza con Medvedev.

Tra le personalità più vicine a Putin ed al suo circolo ristretto di amici e confidenti, Yuri Borisov – vicino a Sergei Chemezov, il potente capo di ROSTEC – che prende il posto di Dmitri Rogozin e Dmitri Patrushev – figlio del Segretario del Consiglio di Sicurezza ed ex direttore del FSB Nikolai Patrushev – che diviene Ministro dell’Agricoltura.

Riconducibile al volere di Putin è anche il nuovo Ministro per le Situazioni di Emergenza, Evgeni Zinichev. Questa nomina oltre a ridurre il potere del Ministro della Difesa Sergei Shoigu, che spingeva per un accorpamento dei due ministeri, evidenzia anche un trend iniziato nello scorso mandato Presidenziale, ossia l’ascesa a ruoli di potere di appartenenti al Servizio di Sicurezza Presidenziale (SBP), coloro che tutelano l’incolumità fisica del Presidente.

Nel giro di poco tempo Zinichev, già guardia del corpo di Putin, è passato dalla sicurezza presidenziale a Governatore della regione di Kaliningrad per poi essere nominato vicedirettore dell’FSB ed ora Ministro.

Per quanto riguarda il gruppo riconducibile a Medvedev, l’allontanamento di Arkadi Dvorkovich, tra le figure più vicine a Medvedev sia per visione politica che al livello personale che raggruppava sotto il suo controllo un numero impressionante di deleghe, viene compensato con l’ingresso di Konstantin Chiuichenko, compagno di studi di Medvedev, con una breve esperienza nel KGB, e per anni a capo del dipartimento legale di Gazprom. Chuichenko sarà vice primo ministro a capo del personale di Medvedev. La sua nomina consolida il potere di Medvedev anche se lo priva di un importante canale di comunicazione con l’Amministrazione Presidenziale dove Chuichenko era precedentemente.

Un secondo punto a favore del Primo Ministro è la nomina dell’ex ministro delle Finanze Aleksei Kudrin alla Corte dei Conti russa. In molti si aspettavano una nomina al livello governativo per Kudrin essendo uno degli economisti più ascoltati da Putin, ma gli scarsi rapporti con Medvedev hanno avuto un peso maggiore (la loro contrapposizione ebbe il suo apice nel 2011 quando l’allora Presidente Medvedev lo costrinse alle dimissioni, umiliandolo in diretta tv).

La riconferma del precedente entourage di Putin è lungi dal rappresentare un rifiuto di apportare modifiche allo staff presidenziale, ed ancor più non deriva da una paura del cambiamento. Il regime russo è oggi più che mai pronto ai mutamenti di cui ha bisogno. Decisioni relative ai quadri di potere stanno emergendo in molti settori, soprattutto nelle forze di sicurezza e nella politica estera.

La dinamica del processo decisionale seguito da Vladimir Putin nello scegliere i suoi luogotenenti è piuttosto saggiamente rispettosa di delicati fattori, quali i contesti geopolitici in cui la Russia è presente, ed i diversi equilibri interni (non intaccati dall’istituzionale ciclicità delle elezioni russe), che raccomandano gradualità e prudenza.

 

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Fabio Vanorio è un dirigente del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in aspettativa dal 2014. Attualmente, e’ Global Macro Strategist indipendente, operativo a New York dove ha in corso progetti di ricerca accademica in materia di mercati finanziari, economia internazionale ed economia della sicurezza nazionale. E’ anche contributor dell’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”.

DISCLAIMER: Tutte le opinioni espresse sono da ricondurre all’autore e non riflettono alcuna posizione ufficiale riconducibile né al Governo italiano, né al Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale.

Giacomo Petroni è ricercatore in materia di Global Affairs con specializzazione in analisi dell’élite e degli apparati di sicurezza russi e dei Paesi centro asiatici. Esperto conoscitore della lingua russa, ha conseguito il Master of Science presso la New York University con specializzazione in Transnational Security ed il Diploma di Laurea presso la Link Campus University di Roma specializzandosi in temi legati all’intelligence e la sicurezza nazionale. Risiede attualmente a New York. Ha diverse esperienze all’attivo nel settore della corporate security, di cui l’ultima presso la Selex Se.Ma. (Leonardo S.p.A).

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