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Perché non solo Trump in Usa punta il dito contro la Cina per il virus made in Wuhan

L’approfondimento di Federico Punzi, direttore editoriale di Atlantico quotidiano, sull’ipotesi sempre più insistente negli Usa del virus uscito da un laboratorio di Wuhan Funzionari dell’intelligence e della sicurezza nazionale Usa hanno riferito a Cnn News che il governo degli Stati Uniti sta indagando sulla possibilità che il nuovo coronavirus abbia avuto origine in un laboratorio di Wuhan, anziché…

Funzionari dell’intelligence e della sicurezza nazionale Usa hanno riferito a Cnn News che il governo degli Stati Uniti sta indagando sulla possibilità che il nuovo coronavirus abbia avuto origine in un laboratorio di Wuhan, anziché in un mercato, anche se, aggiungono, è prematuro trarre qualunque conclusione.

Occorre subito precisare che con “origine” non si intende che il virus sia stato “creato” in laboratorio, geneticamente modificato, ma che potrebbe essere uscito, a causa di un incidente, un errore, da un laboratorio dove veniva studiato o custodito, e da lì essersi diffuso.

L’intelligence Usa sta cercando di capire “se qualcuno si sia infettato nel laboratorio di Wuhan, a causa di un incidente o di cattiva gestione di materiali, e poi possa aver contagiato altre persone”. Ma non crede che il virus sia “associato a ricerche su armi biologiche” e sta vagliando “una serie di altre ipotesi riguardo la sua origine”. Anche se l’origine potrebbe non essere mai accertata, avvertono le fonti di Cnn News.

Come già scritto su Atlantico Quotidiano, martedì il Washington Post ha riportato che nel 2018, circa due anni fa, funzionari dell’ambasciata Usa in Cina, dopo aver visitato più volte il laboratorio del Wuhan Institute of Virology, furono a tal punto preoccupati per quello che avevano visto e sentito, da inviare subito a Washington due dispacci molto allarmati sulla carente sicurezza di quel laboratorio, facendo esplicito riferimento alle ricerche sui coronavirus dei pipistrelli e al rischio di una nuova pandemia di un virus simile alla SARS. Molti alti funzionari dell’amministrazione Trump, scrive il quotidiano, ritengono l’uscita del virus da un laboratorio di Wuhan una ipotesi molto più probabile della storia del mercato del pesce.

“L’idea che sia stato un evento del tutto naturale è circostanziale. Le prove che sia uscito dal laboratorio sono anch’esse circostanziali”, ma in questo momento, ha riferito un alto funzionario Usa al WaPo, sul lato di quest’ultima ipotesi c’è un elenco di punti, sull’altro lato quasi nulla.

Riteniamo comunque indicativo che due colossi mediatici del mondo liberal americano, come Cnn Washington Post, nemici giurati del presidente Trump, siano anch’essi partiti con i loro servizi sulle origini “da laboratorio” del Wuhan Virus e, quindi, sulle responsabilità e il cover-up del regime di Pechino.

Ciò può significare due cose: primo, che anche il mondo politico Dem, clintoniano e obamiano, non abbia più intenzione di fare sconti alla Cina. E questo sarebbe ancor più rilevante considerando che il candidato democratico alla Casa Bianca che a novembre sfiderà Trump, l’ex vicepresidente Biden, ha un solido e ultra-decennale record di entusiasta engagement con Pechino; secondo, che anche fonti dell’amministrazione Usa più vicine ai media liberal stanno valutando come credibili le evidenze raccolte dall’intelligence a sostegno dell’ipotesi che il virus sia originato da un laboratorio di Wuhan.

Pur essendo l’unico ad essere riportato dai media italiani, quello di Cnn News non è però l’unico articolo uscito ieri sul tema. Le fonti interpellate da Fox News – “che sono state informate dei dettagli delle prime azioni del governo cinese e hanno visionato materiali rilevanti” – hanno parlato di “increasing confidence”, crescente sicurezza nell’ipotesi che l’epidemia di Covid-19 abbia avuto origine da un laboratorio di Wuhan, sebbene non come arma biologica ma “a causa del tentativo della Cina di dimostrare che le sue capacità di identificare e combattere i virus sono pari o maggiori di quelle degli Stati Uniti”.

Secondo queste fonti, l’ipotesi è che la trasmissione iniziale del virus – una variante naturale che veniva studiata in uno dei laboratori di Wuhan – sia avvenuta da un pipistrello, che il “paziente zero” lavorasse nel laboratorio, e che poi il virus si sia diffuso nella popolazione di Wuhan.

La “crescente sicurezza” di cui parlano le fonti di Fox deriva da “documenti e prove sia classificate sia pubbliche”, anche se, avvertono, “non c’è ancora nulla di definitivo e quindi non dovrebbe essere riportato come tale”.

Ciò su cui invece non c’è alcun dubbio, e su questo le fonti concordano, è l’esteso cover-up di dati e informazioni riguardo il Covid-19 orchestrato dal regime cinese. “Il più costoso insabbiamento governativo di tutti i tempi”, l’ha definito una delle fonti di Fox News. Sicuro “al 100 per cento” che la Cina ha cancellato e cambiato dati. Campioni distrutti, aree contaminate ripulite, i primi rapporti eliminati e studi accademici censurati. La Cina, osservano le fonti, si è mossa rapidamente per fermare i viaggi interni, da Wuhan al resto della Cina, ma non ha fermato i voli internazionali da Wuhan.

Un’ulteriore conferma è arrivata mercoledì dalla Associated Press: il 14 gennaio, lo stesso giorno in cui sia il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie cinese, sia l’Oms dichiaravano pubblicamente “non ci sono prove chiare della trasmissibilità da uomo a uomo del nuovo coronavirus“, a Pechino in realtà si svolgeva una teleconferenza tra i vertici del governo centrale – il presidente Xi Jinping, il premier Li Keqiang e il vicepremier – il direttore della Commissione sanitaria nazionale, Ma Xiaowei, e i funzionari sanitari della provincia dell’Hubei, durante la quale la trasmissibilità veniva riconosciuta e il presidente Xi dava le prime istruzioni su come trattare l’epidemia.

Nel memo sulla riunione ottenuto dall’AP si legge, infatti, sotto la voce “sobria comprensione della situazione”, che “i casi raggruppati suggeriscono che la trasmissione da uomo a uomo è possibile”. Viene valutato che il caso in Thailandia “cambia in modo significativo” la situazione, a causa della possibile diffusione del virus all’estero. “Con l’arrivo del Festival di Primavera, molte persone viaggeranno e il rischio di trasmissione e diffusione è elevato”, continua il memo. “Tutte le località devono prepararsi e rispondere a una pandemia”.

Sempre secondo il memo, il direttore Ma ha chiesto ai funzionari di unirsi attorno a Xi, chiarendo che le considerazioni politiche e la stabilità sociale sono priorità chiave durante il lungo periodo che precede le due maggiori riunioni politiche dell’anno in Cina, nel mese di marzo.

Il giorno dopo, 15 gennaio, la Commissione sanitaria nazionale distribuisce segretamente “63 pagine di istruzioni ai funzionari sanitari provinciali”, in cui si ordina ai funzionari di identificare i casi sospetti, agli ospedali di aprire cliniche dedicate, e a medici e infermieri di indossare indumenti protettivi”. Istruzioni classificate come “interne”, da “non diffondere in rete o divulgare pubblicamente”. E infatti, solo il 20 gennaio il presidente Xi parla per la prima volta pubblicamente del virus e viene ammessa la trasmissibilità da uomo a uomo.

Dunque, a Pechino il 14 gennaio (ma secondo altri elementi già emersi almeno dalla fine di dicembre) sono consapevoli: della gravità dell’epidemia, della trasmissibilità umana e del rischio di diffusione all’estero. Ma tacciono per altri sei giorni. E l’Oms, pure.

Ad oggi, come abbiamo più volte sottolineato su Atlantico, di certo ci sono i ritardi, le omissioni, la distruzione di campioni, il ritiro e la censura di studi sull’origine del virus, la negazione della sua trasmissibilità tra esseri umani, la scomparsa di giornalisti e medici cinesi che per primi avevano lanciato l’allarme sulla diffusione e la natura del nuovo coronavirus.

“Il Partito comunista cinese non ha dato agli americani l’accesso quando ne avevamo bisogno, nel momento più opportuno, all’inizio”, ha detto il segretario di Stato Usa Mike Pompeo in un’intervista a Fox News. “Quello che sappiamo è che il virus si è originato a Wuhan, in Cina. E sappiamo che l’Istituto di Virologia di Wuhan è a poche miglia di distanza da dove era il mercato”. “Abbiamo ancora molto da sapere, il governo degli Stati Uniti sta lavorando diligentemente per scoprirlo”, ha aggiunto Pompeo insistendo sulla necessità che Pechino “si apra” e condivida tutte le informazioni su come è iniziata la pandemia.

“Il solo fatto che mi si venga fatte questa domanda, il solo fatto che non sappiamo la risposta, che la Cina non ha condiviso con le noi le risposte, credo che questo sia molto esplicito… Dicono che vogliono collaborare: uno dei migliori modi per collaborare è dare accesso al mondo, permettere che gli scienziati di tutto il mondo sappiano come sia successo questo, esattamente come questo virus ha iniziato a diffondersi”.

Inoltre, le stesse fonti hanno detto a Fox News che l’Oms è stata “complice dall’inizio nell’aiutare la Cina a coprire le sue tracce”.

Mercoledì il presidente Trump ha confermato che è in corso un “esame molto approfondito di questa orribile situazione”. Sulla gestione del virus in Cina “sono successe cose che non sappiamo”, ha commentato ieri il presidente francese, Emmanuel Macron. Pechino dovrà rispondere a “domande difficili” su come l’epidemia è iniziata e se poteva essere fermata, ha avvertito il ministro degli esteri britannico Raab e per Downing Street l’Oms dovrà imparare dai suoi errori.

Ma la decisione del presidente Trump di congelare i finanziamenti Usa all’Oms in attesa di una indagine sul suo ruolo e i suoi errori, per capire in particolare se le sue decisioni siano state condizionate dall’influenza politica di Pechino, ha incontrato le critiche non solo di Cina e Russia. L’Ue, con il suo Alto rappresentante Josep Borrell, si è allineata a Mosca e Pechino e durante la videoconferenza dei capi di Stato del G7 voluta dallo stesso Trump, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha espresso “pieno sostegno all’Oms”, perché “il coronavirus può essere sconfitto soltanto da una risposta internazionale, forte e coordinata”.

No, l’Europa non sembra ancora pronta a schierarsi nella sfida a due per la leadership globale che caratterizzerà questo secolo, e di cui la pandemia di China Virus promette di essere uno snodo fondamentale.

 

Articolo pubblicato su atlanticoquotidiano.it

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