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Perché la Francia di Macron è un amico pericoloso per l’Italia

Il commento di Carlo Pelanda, analista e saggista

È un buon momento per la Francia. Ha guidato l’eliminazione di un governo italiano divergente. Ha preso il Commissario per l’industria e difesa, aumentando la probabilità di «francesizzare» il progetto di Difesa europea. È vicina alla riconferma di Barnier come delegato Ue alla Brexit con la missione di complicarla: prima l’uscita e solo poi il negoziato per un accordo di libero scambio mentre se questo fosse condotto in parallelo la Brexit stessa sarebbe impercettibile. Motivo? Affermarsi come unico potere nucleare europeo per giustificare un’eurosovranità a guida francese.

Ha messo Lagarde alla Bce con la missione di ridurre il costo del debito al quale la Francia dovrà ricorrere sempre di più. Ha preso la leadership globale dell’ambientalismo per usarlo come arma condizionante, per esempio la demonizzazione di Bolsonaro con lo scopo di rinviare il trattato Ue-Mercosur, spinto da Berlino, ma sgradito a Parigi. Ha ricostruito una riconvergenza, pur difficile, con l’America, avendo annusato l’interesse di Trump a limitare l’aggressività in periodo elettorale nonché una nuova relazione con Putin.

In sintesi, Macron sta realizzando la strategia di De Gaulle: Europa come strumento di moltiplicazione della forza nazionale. Chapeau. Ma tra Napoleone e Metternich chi scrive preferisce l’idea del secondo di Europa bilanciata dove tutte le nazioni accettano di stare entro i propri confini.

Tale principio è il fondamento per alleanze stabili, il «concerto». Macron sta portando la Francia troppo oltre i suoi confini e ciò produrrà controreazioni, già visibili, che rendono necessario a Parigi allineare l’Italia per gestirle.

Ciò può portare a Roma sia vantaggi sia svantaggi. L’Italia deve formulare una strategia selettiva che però non sembra ancora elaborata. Raccomandazioni. Rifiutare la proposta francese di un trattato bilaterale per mantenere l’equidistanza con Francia e Germania nonché evitare la formalizzazione di una sudditanza dell’industria tecnologica e del sistema bancario perseguite da Parigi. Potrà, invece, strutturare un partenariato per il presidio comune del Mediterraneo e dell’Africa perché utile ad ambedue. In conclusione, la strategia giusta è finire la guerra con la Francia, collaborare su fronti caldi e su qualche programma, ma tenendosi mani libere per quelli tecnologici.

Soprattutto, Roma deve evitare di agire come proxy francese chiedendo una revisione dei trattati europei che spaccherebbe l’Ue. Chieda, invece, all’Ue stessa un contratto speciale che le permetta di rimettersi in ordine come recitano i trattati.

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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