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Xi

Perché inveccchiamento e bassa fertilità possono travolgere l’economia cinese

Fatti, numeri e analisi sul peso demografico in Cina

Nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, una battaglia cruciale – per entrambe le superpotenze, ma soprattutto per Pechino – si combatte su un campo ben differente dal braccio di ferro sui dazi. Terreno non più “misterioso come lo yin” ma di certo “rapido come il tuono”. È l’inverno demografico; vera insidia che minaccia le mira imperialiste cinesi. Il tasso di fertilità è in media del 1,18. Uno dei più bassi al mondo. Riducendosi la popolazione, ovviamente si riducono forza lavoro e consumi; e intanto aumentano anziani e spesa sociale.

CULLE VUOTE: MENO 12%

Secondo Yi Fuxian, della University of Wisconsin-Madison, nel 2018 nel Paese si sono calcolate 2,5 milioni di nascite in meno. Stando ai numeri del National Bureau of Statistics, si tratta di una diminuzione di quasi il 12% a livello nazionale. Alcune città e province hanno riportato un calo dei tassi di natalità del 35%.

È LA POPOLAZIONE CHE GUIDA LA GEOPOLITICA

In un saggio firmato per l’ultimo numero di Foreign Affairs, Nicholas Eberstadt (American Enterprise Institute) nota che se le misure economiche e militari ricevano più attenzione, pochi fattori influenzano la competizione a lungo termine tra grandi potenze come i cambiamenti nelle caratteristiche delle popolazioni nazionali.

IL CASO USA

Un esempio: nel 1850, gli Stati Uniti ospitavano circa 23 milioni di persone, 13 milioni in meno della Francia. Oggi la popolazione statunitense è vicina ai 330 milioni, più grande delle popolazioni britannica, olandese, francese, tedesca e italiana messe insieme. Scrive Eberstadt: “Per più di un secolo, gli Stati Uniti hanno avuto la forza lavoro più grande del mondo. Questi fondamentali demografici favorevoli, più che la geografia o le risorse naturali, spiegano perché emersero come la potenza economica e militare più importante dopo la seconda guerra mondiale e perché ancora oggi occupano quella posizione. Tuttavia – avverte l’economista – le performance passate non sono garanzia di risultati futuri”. Ad oggi negli States si registra un tasso di fertilità di appena 1,7.

GIOVANI LAVORATORI CERCANSI

Ma la situazione – analizza Axios – non è così grave come in Cina: gli Stati Uniti, storicamente, sono stati più aperti all’immigrazione, e la popolazione americana in età lavorativa dovrebbe crescere del 10% entro il 2040. Al contrario, la popolazione cinese perderà nello stesso periodo almeno 100 milioni di persone. La forza lavoro (età compresa tra i 16 e i 59 anni) nel 2017 si è ridotta di oltre 5 milioni. Un bel problema per l’Impero di mezzo, che da manifattura del mondo aspira a diventare la prima potenza hi-tech. Riassumeva in una intervista al Sole 24 Ore Giulio Tremonti: “La Cina ormai punta ai beni del futuro, all’intelligenza artificiale. Per arrivare alla supremazia globale”. Ma una popolazione più anziana comporta più costi, e la scarsità di giovani mal si accorda con l’innovazione.

ANZIANI NEL MIRINO

Secondo Eberstadt, la popolazione anziana sta esplodendo in termini di dimensioni: entro il 2050, più di un terzo della popolazione cinese avrà più di 60 anni. Già ora segna l’11,4% della popolazione totale, in aumento rispetto al 10,8% dell’anno precedente. (Percentuale che sale al 17,3 se si comprendono anche i sessantenni). Ciò significa che la Cina ha 158,31 milioni di persone di età superiore a 65 anni. Chi garantirà sostegno pubblico agli anziani? Analizza Wang Zhicheng per Asia News: “Nel Paese non vi sono reti di sicurezza sociale o familiari e la crisi evolverà ‘in una catastrofe umanitaria’”. E non si vede come non possa avere ripercussioni politiche.

RIPERCUSSIONI POLITICHE IN VISTA

Spiega ad Axios Wang Feng, docente alla University of California: i dati demografici in ultima analisi minacciano i governi nel prossimo futuro, perché non saranno più in grado di permettersi spese sociali. Si prevedono, abbinate, crisi economiche e politiche: “Secondo le nostre stime, nei prossimi decenni la spesa pubblica per le misure base di assistenza sociale, istruzione, assistenza sanitaria e pensioni, mangerà l’intero gettito fiscale statale”.

CRISI GLOBALE, O QUASI

Certo: è tutta la popolazione globale che sta generalmente invecchiando e conosce inverni demografici più o meno duri, Italia compresa, con un meno 4% di nascite nel 2018 rispetto al 2017. In controtendenza l’Africa, che entro il 2050 si calcola raddoppierà i suoi abitanti. O, forse, più esatto dire in tempi di migrazioni, la sua popolazione. Mentre l’Europa si sta restringendo, come fotografano i dati delle Nazioni Unite.

LE RAGIONI DEL DECLINO

Per anni il Partito comunista cinese ha attuato una serie di misure per rallentare la crescita della popolazione; dal figlio unico per coppia imposto nel ’79 fino alla “concessione” del doppio figlio nel 2016. Concessione che non ha avuto successo. Il baby boom non c’è stato. Dopo un breve aumento, il tasso di natalità è sceso nuovamente. Ragioni economiche in un paese dove la via al comunismo ha premiato un capitalismo oligarchico senza troppi diritti per i lavoratori; come pure, e di più, il frutto di anni di politica e cultura anti natalità che ha portato a preferire nell’unico figlio il figlio maschio, come sottolinea Yi Fuxian. L’esito è che le donne nate negli anni del “figlio unico” stanno ora raggiungendo o hanno già superato il loro picco di età fertile; donne “comprate e vendute nelle campagne come merce rara”, scriveva Bernardo Cervellera del Pime già nel 2008. Insomma: non ci sono abbastanza donne per sostenere il livello di popolazione del paese.

NO BABIES, NO MONEY

Messe insieme, le tendenze – invecchiamento e bassa fertilità – travolgeranno l’economia cinese. Sostiene Eberstadt: “L’era della crescita economica eroica è finita”. Per le culle vuote. Ben più che per il teatro di guerra dei dazi Pechino-Washington.

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