L’intesa di Meseberg tra Germania e Francia presenta molte insidie per l’Italia. Una delle più rilevanti riguarda le banche.
GLI OBIETTIVI DI MERKEL E MACRON SULLE BANCHE
La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron vogliono introdurre un «obiettivo» di riduzione dei crediti deteriorati lordi al 5% e di quelli netti al 2,5% dei prestiti totali (gli istituti italiani sono rispettivamente all’11 e al 6%).
L’ASSENZA DEI TITOLI ILLIQUIDI
Nessun riferimento invece ai titoli illiquidi: non è certo un caso, considerando che in Europa il 75% degli attivi di livello 2 e 3 (in tutto 3.600 miliardi) sono nelle banche di Germania e Francia.
IL PIANO VERO DI FRANCIA E GERMANIA
Il piano Merkel-Macron ha mostrato il vero volto: l’obiettivo è sì rafforzare l’Eurozona, ma solo a patto di non danneggiare gli interessi nazionali. Per l’Italia il rischio è quello di essere messa all’angolo, come nel 2014 con il bail-in.
LA VERA POSTA IN GIOCO
La posta in gioco è altrettanto alta: potrebbe nascere un’Unione bancaria nella quale saranno condivisi solo i rischi dei gruppi tedeschi e francesi.
I TIMORI DELL’ITALIA
Perciò il governo Conte e i partiti di maggioranza dovrebbero guardare con estrema attenzione le proposte sulle banche e intervenire su quelle più squilibrate cercando l’appoggio di altri Stati. In tal senso le prossime riunioni di Ecofin e Consiglio Europeo saranno appuntamenti importanti.
LE QUESTIONI TECNICHE
Alla riduzione di npl, da misurare nel 2020 assieme ai cuscinetti Mrel, sarebbero vincolati i progressi sull’Unione bancaria e l’avvio prima del 2024 del backstop comune per il fondo di risoluzione.
L’OSSESSIONE NORD-EUROPEA PER GLI NPL
Le soglie franco-tedesche sui deteriorati rispecchiano l’ossessione nordeuropea secondo cui l’unico indice di rischiosità per una banca sono i crediti deteriorati. Ma questa posizione non ha fondamento economico.
LE VERE QUESTIONI
Di certo non potrebbe essere considerata pericolosa una banca con npl ratio netto al 3% ma con capitale abbondante. Inoltre il rapporto npl/crediti totali ha molti difetti: in particolare quello di poter essere aggirato aumentando il denominatore, cioè i prestiti, anche in modo sconsiderato.
QUESTIONE DI SOGLIA
Una banca vicina alla soglia del 2,5% potrebbe iniziare a finanziare chiunque pur di non finire sotto il faro dei mercati. L’alternativa sarebbe agire sul numeratore vendendo npl in minusvalenza e indebolendo la banca. Gli incentivi sarebbero sbagliati perché avrebbero l’effetto di rendere più vulnerabile il settore finanziario: il contrario di quanto si vuole ottenere.
IL CONFLITTO DI INTERESSE DI FRANCIA E GERMANIA
Il punto più clamoroso è che Merkel e Macron, in forte conflitto di interesse per i bilanci delle banche nazionali, non hanno detto nulla invece sugli attivi illiquidi, che valgono 6.800 miliardi di euro tra attività e passività, 12 volte i crediti deteriorati netti.
LA QUESTIONI DEI TITOLI DI LIVELLO 2 E 3
Non tutti i titoli di livello 2 e 3 (L2/L3) sono rischiosi: a volte si tratta di derivati semplici che le grandi aziende sottoscrivono per proteggersi su cambi o tassi. Ma in molti casi si tratta di attivi opachi, i cui rischi sono sconosciuti.
LE ANALISI DI BANCA D’ITALIA E BCE
La Banca d’Italia ha pubblicato un’analisi approfondita a dicembre su questi titoli. A febbraio anche il presidente Bce Mario Draghi ha ricordato che, quando si parla di pericoli bancari, «ci sono gli npl ma ci sono anche gli asset di livello 2 e 3. I primi sono un’eredità della recessione, i secondi della crisi finanziaria: entrambi devono essere affrontati».
CHE COSA DICE IL VERTICE DELLA BCE
Invece il vertice della Vigilanza Bce (la francese Danièle Nouy e la tedesca Sabine Lautenschaleger) ha spesso buttato acqua sul fuoco sui rischi di L2 e L3, orientando l’attenzione della vigilanza e dei mercati su npl e titoli di Stato. A quattro anni dalla nascita, con colpevole ritardo, anche la Vigilanza Bce ha dovuto avviare un’indagine sui titoli illiquidi della tedesca Deutsche Bank e delle francesi Bnp Paribas e SocGen : segno che i titoli illiquidi vanno guardati in dettaglio.
LE QUESTIONI CONTROVERSE
Anche perché oggi, in assenza di un prezzo di mercato, gli istituti decidono il valore degli asset di livello 2 e 3 con modelli interni. Inoltre tendono a classificare i titoli in modo soft, come L2 e non come L3. Basta un piccolo stress di mercato, su una ristretta fetta di questi attivi, per provocare danni sistemici come quelli osservati con i subprime.
LE DIMENTICANZE DEL TESTO DI MESEBERG
Nel testo di Meseberg però non se ne fa cenno. Il pericolo dei titoli illiquidi, che oggi è quasi tutto sulle spalle di Germania e Francia, potrebbe essere condiviso tra Paesi nell’Unione bancaria. Il governo italiano è disposto ad accettarlo? Il rischio è doverlo fare a causa della debolezza sui conti oppure per ottenere in cambio concessioni sul deficit con cui realizzare promesse elettorali in una logica di breve termine