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La mappa di fazioni militari, tribù e cartelli paramafiosi che insanguinano la Libia

L'analisi di Lorenzo Marinone per il CeSI (Centro Studi Internazionali) sulle diverse fazioni che insanguinano la Libia 

Gli scontri in corso a Tripoli da una settimana sono la conseguenza diretta di due fattori ben precisi: l’incapacità delle istituzioni centrali di dare nuova unità a una Libia frammentata sul piano politico, sociale e militare; e l’avventatezza delle soluzioni politiche proposte da parte della Comunità Internazionale.

Finché questi due pilastri del processo di riconciliazione libico continueranno a non dialogare tra loro, il Paese resterà diviso e fortemente instabile. Il punto debole di gran parte delle iniziative messe in campo per la Libia, ad oggi, è un approccio basato sull’esclusione di determinati attori. Un carattere sempre più evidente anche nel Governo di Unità Nazionale (GUN).

Da un lato, è innegabile che il Premier Serraj, dal 2016 a oggi, abbia cercato di cooptare sempre più realtà locali per consolidare la sua base di legittimità. Dall’altro lato, però, questo processo è stato progressivamente indebolito dall’emergere di un gruppo compatto di milizie tripoline che, di fatto, detengono il potere (sia politico che economico).

Ne fanno parte le Brigate Rivoluzionarie di Tripoli di Haitham al-Tajouri, la Brigata Nawasi guidata dall’ex Ministro dell’Interno Abd al-Latif Qaddur, l’Unità di Abu Salim al comando di Abdul Ghani al-Kikli, e la Forza Speciale di Deterrenza (meglio nota come Forza Rada) il cui leader è il salafita Abdelraouf Kara.

Grazie al controllo delle sedi istituzionali, delle banche e delle infrastrutture strategiche hanno creato un vero e proprio “cartello” para-mafioso, con cui influenzano profondamente il GUN, lo piegano ai propri interessi personali, e si coordinano per evitare che altri attori riescano ad avere influenza a Tripoli.

Non deve quindi stupire che, ciclicamente, gli attori esclusi dalla capitale tentino di farvi ritorno con la violenza. Infatti, le milizie di Misurata (il Fronte Sumud di Salah Badi) e Tarhouna (le milizie Kani, note anche come 7° Brigata) che in questi giorni attaccano Tripoli sono state cacciate dalla città non più tardi di maggio 2017.

Va poi aggiunto che un nuovo, determinante impulso a questo attacco è scaturito dalla rigidità dell’iniziativa diplomatica francese (maggio 2018). Il summit di Parigi ha coinvolto solo alcuni degli attori libici (escludendo proprio Misurata) e ha fissato una data per le elezioni in tempi brevissimi (10 dicembre). Ovviamente, ciò non può che spingere tutti i gruppi esclusi a tentare un colpo di mano per avere voce in capitolo nel futuro assetto del Paese.

(estratto di un report del Cesi)

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